TV, italiani possiedono 120 milioni di schermi: nel post pandemia sempre più connessi

TV, italiani possiedono 120 milioni di schermi: nel post pandemia sempre più connessi
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Venerdì 19 Novembre 2021, 14:45
(Teleborsa) - Sono 120 milioni gli schermi posseduti dagli italiani, una media di 5 per famiglia. Vengono utilizzati tra le mura domestiche (43 milioni di apparecchi televisivi) e in mobilità (48 milioni di smartphone; poi ci sono tablet e personal computer) per vedere contenuti tv con modalità di fruizione del tutto nuove. Aumenta, infatti, il numero di coloro che si connettono ad internet per guardare i programmi trasmessi in contemporanea sul tradizionale televisore (7 milioni e 300mila italiani con più di 4 anni, il 12,5% del totale; nel 2019 non raggiungevano i 6 milioni: l'incremento, quindi, è del 24,6%). Aumenta, inoltre, la domanda di film scaricabili gratuitamente da internet. E cresce, infine, tutto il segmento dei contenuti televisivi in streaming, free e a pagamento, che si possono vedere da Smart Tv o da altri schermi connessi. Questo lo scenario che emerge dal quarto Rapporto Auditel-Censis intitolato "L'Italia multiscreen: dalla Smart Tv allo schermo in tasca, così il Paese corre verso il digitale", presentato questa mattina presso la sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.

Il Rapporto si fonda Ricerca di base Auditel (7 wave l'anno, 20 mila abitazioni visitate, 41 mila interviste face-to-face) i cui obiettivi sono: accertare la reale struttura e fisionomia delle famiglie, temperando e neutralizzando tutti gli effetti anagrafici e fiscali con cui esse sono spesso rappresentate; fotografare la società italiana in tutte le sue dimensioni, socio-demografiche, psico-grafiche, socioculturali, comportamentali; individuare le potenziali famiglie-campione del Superpanel Auditel, che deve essere costantemente rinnovato.

"Dal Rapporto Auditel-Censis emergono, in particolare, – ha spiegato il presidente di Auditel, Andrea Imperiali – la centralità della TV nel processo di trasformazione del Paese in chiave digitale; una crescente adesione alla banda larga, che si configura sempre più come bene di prima necessità e non più accessorio; un ulteriore aumento delle dotazioni (in particolare degli smartphone e della smart TV) che innalza il numero degli schermi connessi al picco di circa 120 milioni; infine, si confermano nuovi e sempre più radicati comportamenti di visione e nuovi mix nella scelta dei contenuti TV, generati dall'ampliamento dell'offerta free e pay".

Nel dettaglio le famiglie connesse sono il 90,2% del totale (+3,6% dal 2019). E quelle che possiedono una connessione sia fissa che mobile sono il 59,4% (+6,2%). Nel 2021 gli apparecchi televisivi superano i 43 milioni (+1,0% dal 2019) soprattutto per effetto dell'ormai prepotente presenza di Smart Tv o dispositivi esterni collegati (15 milioni e 300mila, +46,6% negli ultimi due anni). Crescono anche gli smartphone: sono oltre 48 milioni (+8,9% dal 2019). Così come crescono i pc collegati (quasi 20 milioni) e i tablet (7 milioni e 700mila). Quasi 4 milioni di individui utilizzano la Smart Tv per navigare in internet e oltre 22 milioni per attivare le applicazioni on demand.

Cambiano le modalità di fruizione dei contenuti audio e video, sempre più individualizzate e on demand. Oltre 4 milioni di italiani seguono la programmazione televisiva lineare sullo smartphone (+ 6,3%), mentre 2 milioni e 700mila la seguono dal pc, con una crescita del 41,1% nell'ultimo anno; e un milione e 200mila italiani vedono i contenuti tv sul tablet. Ben 3,5 milioni di italiani, poi, scaricano film da internet (+33,3% nell'ultimo anno) e oltre 13 milioni guardano sulle piattaforme televisive on demand contenuti non lineari (+38,2%). Infine, 24 milioni di italiani guardano contenuti tv utilizzando le diverse piattaforme disponibili su internet, per lo più a pagamento (+48,4%), con una forte crescita di coloro che li guardano di frequente: sono 16 milioni e 600mila e sono aumentati dell'86,0% in un anno.

Sono 2 milioni e 300 mila, il 9,8% del totale, le famiglie italiane non connesse. Altre 7 milioni e 200 mila famiglie, il 29,9% del totale, hanno unicamente la linea mobile. Fra loro, circa 5 milioni si collegano solo da smartphone. Si tratta soprattutto di famiglie composte da soli anziani e famiglie che si trovano in una condizione di forte precarietà socioeconomica.

I televisori nelle case degli italiani sono 43 milioni e 100 mila. Il 96,9% delle famiglie ha in casa almeno un televisore; 9 milioni e 200 mila famiglie (il 38,6% del totale) possiedono solo un televisore; 9 milioni e 400mila famiglie (il 39,2%) hanno due televisori; 3 milioni e 500mila (il 14,6%) ne hanno tre; 1 milione e 100mila, il 4,6% del totale, ha 4 o più televisori; infine, 575mila famiglie, pari al 2,4% del totale, in cui vivono 1 milione e 260mila individui, non possiedono né guardano la tv. Quasi sei milioni di apparecchi (il 13,2% del totale) si possono quasi considerare oggetti di antiquariato perché acquistati più di 10 anni fa; ci sono, poi, 12 milioni di televisori per cui non è risultato possibile risalire alla data d'acquisto.

"Il quarto Rapporto Auditel Censis – ha sottolineato Imperiali – si rivela, una volta di più, strumento prezioso per chi ha il compito di guidare il Paese e per il mercato, specie in questa fase di grande sviluppo e cambiamento con tutte le opportunità di crescita derivanti dal PNRR e dalla straordinaria ripartenza dell'Italia dopo i mesi difficili della pandemia".

"Se qualcuno pensava che con i nuovi stili di vita e con le nuove modalità di ascolto la televisione avrebbe perso la sua capacità di fare audience si sbagliava – ha detto Giuseppe De Rita, presidente del Censis –. La pandemia ha fatto decollare dotazioni e connessioni e ha ridato forza ai contenuti televisivi, tradizionali e su Internet, gratuiti e a pagamento, che ciascuno vuole essere libero di seguire a casa sulla smart tv e fuori casa, in ogni momento della giornata, sullo smartphone".

"Gli ultimi due anni hanno rappresentato una bolla speculativa per la tv tradizionale che, come dimostrano i dati Auditel, ha registrato una crescita importante nel 2019 – ha commentato il presidente della Commissione Vigilanza Rai, Alberto Barachini –. Il servizio pubblico ha recuperato parte della sua centralità durante la pandemia, ma stiamo assistendo a un crollo degli ascolti. Il Rapporto Auditel testimonia la ricerca di informazione di qualità, soprattutto verso il servizio pubblico e offre uno stimolo anche dal punto di vista educativo, visto che l'infodemia scatenata dalla pandemia ha rafforzato la richiesta di un giornalismo più qualificato".

"Rispetto alla rilevazione degli indici di ascolto oggi ci sono sfide nuove. La moltiplicazione dei fornitori di contenuti audiovisivi e dei veicoli di diffusione degli stessi, con il conseguente ampliamento dell'audience, pone il tema della verifica della trasparenza rispetto alle metodologie utilizzate dalla produzione alla certificazione dei dati, che devono essere chiare, affidabili e confrontabili – ha affermato il presidente dell'Agcom Giacomo Lasorella –. È necessario avviare un percorso che conduca al superamento della frammentazione nel sistema di misurazione e a una convergenza delle metriche in una logica 'cross piattaform', 'cross device' e crossmediale. Il nuovo Tusmar affronterà ulteriormente aspetti come il funzionamento dei servizi media audiovisivi, il gioco concorrenziale tra i diversi fornitori di servizi; la garanzia del pluralismo informativo e della correttezza delle informazioni; la vigilanza sui contenuti anche ai fini della protezione di categorie di soggetti deboli, come i minori, e la tutela della libertà d'espressione degli individui. Il nuovo testo del Tusmar estende per molti aspetti la regolazione anche ai fornitori di servizi video o demand e alle piattaforme di condivisione di video. Inoltre la rinnovata centralità della televisione nella quotidianità degli italiani, attestata dal rapporto Auditel-Censis, pone anche una sfida nel ripensare il ruolo del Servizio pubblico. L'Autorità coglierà l'occasione della stesura delle nuove linee guida del contratto di Servizio pubblico Rai-Mise, per fornire indirizzi nella direzione di adeguare ulteriormente l'offerta dei contenuti Rai al mutato contesto economico e sociale e della modalità di consumo. La logica dovrebbe essere coniugare la capacità della Rai di competere sul mercato con i tradizionali compiti di servizio pubblico universali che devono mirare anche a colmare e recuperare quei soggetti che sono ancora fuori da questa trasformazione".
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