Turismo, mancano 300mila addetti: le cause, dal reddito di cittadinanza al lavoro sottopagato crollo delle scuole alberghiere

In cinque anni dimezzati gli iscritti nelle scuole alberghiere

Turismo, mancano almeno 300mila lavoratori nel settore che vuole tornare ai numeri pre pandemia
di Paolo Ricci Bitti
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Venerdì 13 Maggio 2022, 13:47 - Ultimo aggiornamento: 17:32

Detto che mancano almeno 300mila lavoratori nel settore del Turismo che punta a tornare alle cifre pre pandemìa, aggiungiamo che in fatto di stipendi mensili si possono indicare due situazioni: i 1.500 euro (lordi) per un cameriere di sala qualificato (appena uscito dalla scuola alberghiera, insomma) ai 1.200 di un cameriere ai piani (ruolo in gran parte coperto da donne), questo secondo le tabelle del Ccnl Turismo (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro). Sono cifre intermedie: chi parte senza qualificazione scolastica inizia anche da 800/900 euro e chi invece ha maturato esperienze e competenze arriva a 2.250 euro.  Il rispetto del contratto, si intende, non è sempre garantito.

Altre variabili importanti: vitto e alloggio possono essere compresi se si tratta dei tre o quattro mesi della stagione estiva che può comportare inoltre premi (premi, non le aleatorie mance) soprattutto se in cambio della rinuncia, non dichiarata e non sempre offerta dal lavoratore, ai giorni di riposo settimanali e in cambio anche della disponibilità ad andare ben oltre le 8 ore di lavoro quotidiane. Questo anche senza sconfinare nel lavoro nero vero e proprio come quello che ha denunciato l'anno scorso la Uiltucs di Latina riportando il caso delle addette alle pulizie e al riordino delle camere di albergo pagate 3,50 euro l'ora

Mancano i lavoratori stranieri

Cameriere di sala e cameriere ai piani sono solo due delle figure più ricercate in questi giorni che registrano di nuovo - in ordine sparso - l'appello degli operatori alla ricerca affannosa di dipendenti, le considerazioni sull'effetto del reddito di cittadinanza che annacquerebbe la voglia di lavorare nei giovani (under 40, ormai) e la controrepliche degli stessi giovani e dei sindacati che sottolineano l'entità dei salari che possono comportare a volte lo sfruttamento vero e proprio. Uno scenario ben conosciuto soprattutto dagli immigrati che però al momento, sempre per colpa della pandemìa, scarseggiano perché rientrati nei paesi d'origine e transitati in altre occupazioni dopo che l'epidemia di Covid aveva azzerato molte posizioni lavorative. Alla vigilia di questa stagione tiene poi banco una novità non meno importante causata dai due anni abbondanti di pandemìa che hanno inevitabilmente cambiato la percezione del percorso lavorativo di molte persone. 

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Secondo Marina Lalli, presidente Federturismo Confindustria, sentita dal Sole 24 Ore: «Mancano quasi 4 figure su 10 ed è bloccata la formazione dei giovani che preferiscono gli ammortizzatori sociali che rallentano il ritorno al lavoro».  Ma quanto vale il reddito di cittadinanza? Può davvero rappresentare un deterrente? Il calcolo prevede millanta variabili e allora si può ricordare che secondo l'Osservatorio Inps nel febbraio di quest'anno sono state 1,1 milioni le famiglie che hanno beneficiato del Reddito o della Pensione di cittadinanza, con un importo medio erogato di 583 euro (609 euro per il RdC e 311 euro per la PdC). Una somma che può spingere un giovane a non lavorare anche se gli viene offerto un contratto regolare? 

Il caso di Padova

Non è data sapere la località dell'hotel in questione, ma fatto sta che la richiesta di una struttura di lusso rilanciata da un canale non tradizionale ha incassato un'enormità di risposte: ovvero, come riporta Il Gazzettino, cercano 4 persone da assumere in un hotel di lusso e arrivano 1.800 richieste da tutta Italia.

Il giorno di Pasqua, attorno alle 13, l’amministratore del gruppo Facebook di Padova, Federico Corti, ha pubblicato sul profilo di “Sei dell’Arcella se…” un annuncio. «Offriamo 4 posti di lavoro presso una struttura ricettiva di alto livello – si legge nell’annuncio - per alcune di queste posizioni non è richiesta esperienza, basta la buona volontà, che sarà l’elemento fondamentale per cogliere questa occasione. I contratti possono essere di diverso livello e potrete concordarli in base alle vostre esigenze (stagionale, part-time, assunzione)». 

Forse un exploit non paradigmatico: che fare allora se la mancanza di personale getta un'ombra sulla ripresa del turismo. Se il sistema delle imprese ricettive e della ristorazione non riuscirà a rimpiazzare almeno parte delle 300mila figure lavorative attualmente non disponibili, non sarà in grado di soddisfare la domanda prevista per la stagione estiva, mettendo a rischio circa 6,5 miliardi di euro di consumi, a danno non solo di hotel, ristoranti e bar ma anche dei negozi. È quanto afferma Assoturismo Confesercenti sottolineando che un simile scenario avrebbe conseguenze per tutta l'economia: si perderebbero infatti anche 3,2 miliardi di investimenti delle imprese del comparto e 7,1 miliardi di euro di Pil.

«La mancanza di lavoratori nel turismo è un problema serio per le imprese del settore e per il Paese. Servono risposte efficaci», commenta Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo Confesercenti. «Dopo due anni di pandemia, sarebbe una beffa clamorosa mancare una stagione estiva che si prevede in forte ripresa per assenza di lavoratori».

Il report FragilItalia

In realtà gli italiani - riporta l'appena uscito Report “FragilItalia”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos «imputano le difficoltà di incontro tra domanda ed offerta di lavoro principalmente alle imprese, che offrono stipendi troppo bassi e fanno un massiccio utilizzo di contratti a tempo determinato, e pensano che per sostenere la crescita economica e l’occupazione lo Stato dovrebbe definire un salario minimo e incentivare il reshoring delle imprese che hanno delocalizzato le produzioni».

Si tratta di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione per testare l’evoluzione della percezione del lavoro, delle problematiche connesse e degli interventi auspicabili.

In particolare - indica sempre il report -  due terzi degli italiani, il 65% (il 73% tra gli over 50, il 61% tra gli under 30), indicano come motivo del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro gli stipendi bassi; quasi la metà, il 49% (il 56% tra gli over 50, il 44% tra gli under 30), il ricorso massiccio a contratti a tempo determinato. C’è però un 35% (41% tra gli over 50, 29% tra gli under 30) che, anziché mettere le imprese sul “banco degli imputati”, ritiene che le persone non sappiano adattarsi e cerchino il lavoro ideale.

Riguardo agli interventi che lo Stato dovrebbe attivare per migliorare la situazione, il 45% indica la necessità di definire un salario minimo (rispetto alla rilevazione di sei mesi fa, si registra un incremento di 5 punti percentuali), il 39% (-7 punti percentuali) di incentivare il reshoring delle imprese italiane che avevano delocalizzato le produzioni, il 33% (+ 2 punti percentuali) di disincentivare i contratti a tempo determinato, il 26% (+3 punti percentuali) di facilitare il passaggio da lavoro a lavoro. La richiesta di salario minimo è più alta del dato medio tra gli under 30 (49%) e nel ceto popolare (47%). Gli over 50 registrano le percentuali più elevate nella richiesta di incentivare il reshoring delle imprese italiane (47%) e di disincentivare i contratti a termine (38%).

 

Il Ministro

«Gli stop and go delle attività turistiche nel 2020 e nel 2021, così come i ritardi nell'erogazione delle casse integrazioni, hanno allontanato dal comparto molti dipendenti che hanno cercato in altri settori posizioni lavorative meno precarie. Non è una questione che si possa risolvere in pochi giorni, ma è necessario trovare dei meccanismi per fare fronte all'emergenza attuale. Il sistema Confesercenti si è attivato per facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro nel turismo, ma è urgente un intervento - a basso tasso di burocrazia - da parte del Governo. Le soluzioni prospettate dal ministro del Turismo, Massimo Garavaglia sono un punto di partenza che condividiamo: la reintroduzione dei voucher sarebbe positiva, bisogna semplificare il lavoro a chiamata, rendendolo accessibile a tutti». Durante l'incontro con la stampa estera, il Ministro ha ribadito:  

 «È assurdo infatti che il 75% degli allievi che escono dalle scuole alberghiere non lavorino nel turismo, o che per la grande hotellerie ci siano in Italia solo poche piccole realtà», ha proseguito. «È un paradosso che con la disoccupazione al 10% manchino 300 mila persone. Serve aprire un tavolo per migliorare l'incrocio tra domanda e offerta», ha aggiunto, tornando anche sul tema dei voucher, «uno strumento efficace di contrasto al lavoro nero, che consente anche un'integrazione salariale. In alcuni settori come agricoltura e turismo va reintrodotto. Il voucher non è un contratto stabile, ma sempre meglio che lavorare in nero. Anche l'Anpal ha parecchi margini di miglioramento: la formazione professionale va legata di più al mondo del lavoro».

Le scuole alberghiere

Secondo il Miur l'anno scolastico boom risale al 2014/2015, con 64.296 alunni iscritti prima classe (qualcuno l'ha anche chiamato effetto Masterchef). Ebbene un ciclo scolastico dopo (cinque anni), il tracollo. Negli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022 si è arrivati a 34mila unità. Fare il cuoco o il cameriere non attirà più proprio nel momento in cui la richiesta è più forte.

Paolo Ricci Bitti

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