Gas, ecologismi e turismo: nuovo stop alle trivelle. Ma Draghi non molla

Un asse tra Pd, 5Stelle e Lega boccia l’emendamento sul gas al decreto Aiuti. Il no per motivi ideologici o territoriali. Il governo proverà a recuperare a luglio

Gas, ecologismi e turismo: nuovo stop alle trivelle. Ma Draghi non molla
di Andrea Bassi e Gianni Bessi
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Domenica 3 Luglio 2022, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 16:20

I Cinquestelle sono contrari da sempre. Di trivelle nell’Adriatico non vogliono sentirne parlare. Per anni hanno cavalcato l’ecologismo dei «No Triv» facendone uno dei loro tratti distintivi. Nell’ultimo Consiglio dei ministri ci sarebbe stata una discussione molto accesa sul tema. Ma questa volta a schierarsi contro la ripresa delle estrazioni di gas nazionale, non sarebbero stati solo i Cinquestelle. Anche Pd e Lega avrebbero frenato. Il Carroccio per questioni territoriali. Il Veneto ha da sempre voluto difendere le proprie prerogative sulle coste e Venezia. Venti anni fa, nel 2002, il governo Berlusconi concesse un diritto di veto alla Regione sulle trivellazioni per non danneggiare costa e turismo. Ora quelle ragioni sono riemerse. E anche il Pd si è messo di traverso. Più per ragioni “tattiche”. Per difendere il campo largo e l’alleanza con Giuseppe Conte. E poi per contenere la competizione a sinistra dei movimenti ecologisti. 

Così il dossier trivelle è finito nelle sabbie mobili.

Ma il governo, in qualche modo, vuole andare avanti. Lo stesso Mario Draghi ha spiegato che nei prossimi giorni incontrerà i ministri interessati per discutere dello sblocco delle estrazioni. Una misura considerata ormai indispensabile per aumentare le forniture di gas all’Italia in vista di un blocco totale, ormai ritenuto probabile, del gas russo anche dopo il fermo per manutenzione del gasdotto Nord Stream a causa del quale, ha spiegato Cingolani, «i prezzi aumenteranno». Ma anche per dare un «segnale» ai mercati, provando a calmierare il costo del gas sulla Borsa olandese. Una svolta simile, del resto, c’è già stata in America. Il presidente Joe Biden, che in campagna elettorale aveva promesso un divieto assoluto per le trivelle, ha dato il via libera ad un programma che consente una parziale espansione delle esplorazioni nel Golfo del Messico e al largo dell’Alaska, con la vendita di 11 licenze in 5 anni. Insomma, il capo della Casa Bianca inizia a ragionare e ad agire per affrontare la crescita dell’inflazione collegata alla guerra in Ucraina non limitandosi passivamente a subire l’intervento della Fed sui tassi di interesse, con il rischio di dover affrontare una recessione, ma mettendo in campo azioni specifiche per combattere uno dei canali principali di trasmissione dell’aumento dei prezzi: il costo dell’energia. Del resto il ragionamento dell’amministrazione americana è abbastanza semplice. Se si aumenta la produzione di petrolio e di gas i prezzi scenderanno e per la Russia significherebbe incassare meno risorse per sostenere la guerra. In attesa, insomma, di un tetto al prezzo del gas e del petrolio, meglio agire dal lato dell’offerta per contrastare la strategia di Putin di tenere alti i prezzi per tutta l’estate. 

IL CONTRIBUTO

Su questo anche l’Italia può dare un contributo. In che modo? Accrescendo la produzione nazionale in Adriatico che qualche anno fa arrivava a 20 miliardi di metri cubi. Oltre agli Usa anche Norvegia e Gran Bretagna hanno già deciso di andare verso l’incremento della produzione. Ma per aggregarsi a questa coalizione anti-rincari fatta di paesi “volenterosi”, Draghi e Cingolani dovranno superare le resistenze dei partiti. Che in caso di diniego, però, rischierebbero di disarmare il governo di una potente arma per contenere non solo i costi dell’energia per le famiglie e le imprese, ma anche l’inflazione. Una responsabilità enorme, che lascia perplessi per la leggerezza con la quale Pd e Lega si aggregano alle anacronistiche posizioni dei grillini. Ma in che modo sarebbe attuato questo sblocco emergenziale delle estrazioni? Sul tavolo c’è un ordine del giorno sul quale il governo ha già dato parere favorevole. La norma consente la coltivazione - per la durata di vita utile del giacimento - delle concessioni poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalla costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas superiore a 150 milioni mc. Inoltre consente il rilascio di nuove concessioni di coltivazione in zone di mare poste fra le 9 e le 12 miglia. In pratica si rimetterebbero in gioco riserve per 30 miliardi di metri cubi nel medio termine, dando un segnale inequivocabile ai mercati. 

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