«L’interesse di questi investitori a fare investimenti in importanti aziende italiane è una notizia positiva per il Paese. Se questo dovesse concretizzarsi, sarà in primo luogo il mercato a valutare la solidità del progetto». Almeno per il momento il governo non si metterà di traverso. Anzi. Si capisce subito dal comunicato diffuso dal Tesoro al termine del cda straordinario di Tim che ha valutato l’offerta di Kkr per la società che ci sono almeno due motivi per accogliere «positivamente» l’operazione in attesa di entrare nel merito: il cambio del controllo di Tim passerebbe dal mercato - non accadeva dai tempi dei capitani coraggiosi - e potrebbe permettere anche gli investimenti necessari per lo sviluppo della rete tlc in linea con i piani del governo e il Pnrr. Certo, in questa fase l’esecutivo mantiene la sua «neutralità», ma sarà un supercomitato di ministri e tecnici a valutare due condizioni indispensabili per il via libera: gli investimenti per lo sviluppo delle infrastrutture e la tutela, ma anche la crescita, del lavoro. E dunque, se necessario, il governo «eserciterà le proprie prerogative, quindi i poteri speciali del golden power, in merito «ai progetti che interessano l’infrastruttura».
LE TAPPE
La mossa del fondo americano Kkr non è stata un fulmine a ciel sereno per Mario Draghi.
Mentre Palazzo Chigi fa sapere di seguire «con attenzione» la vicenda e il ministro dello Sviluppo Giorgetti si chiude nel più assoluto riserbo, l’obiettivo è dunque quello di affidare le prossime mosse al super comitato composto da ministri ed esperti del settore con Daniele Franco, Vittorio Colao (Innovazione Digitale), Giorgetti, i sottosegretari alla presidenza Roberto Garofoli e Francesco Gabrielli, Francesco Giavazzi e Giuseppe Chinè. Toccherà a loro affrontare i nodi collegati ai dossier Tim, con l’impatto che questo potrebbe avere sull’attivazione del golden power. E soprattutto indicare la via di uscita che potrebbe essere la blindatura di Sparkle e della rete Tim, in modo da mettere in sicurezza la rete nazionale e i dati che vi viaggiano e lasciare alla società telefonica i servizi commerciali e quelli alla clientela. Altra ipotesi è quella di aumentare la presenza pubblica in Tim, facendo lievitare la quota di Cassa depositi e prestiti (attualmente è al 9,81%) nel gruppo tlc.
Fin qui il faro del governo. Ma il giudizio sull’operazione passerà anche dal mercato già a partire da oggi. L’Opa a 0,505 euro per azione fa valutare la società 11 miliardi di euro, ovvero il 45% in più rispetto alla capitalizzazione alla chiusura di Borsa venerdì scorso, quando le azioni ordinarie erano quotate 0,3465 euro. Se si guarda poi al minimo toccato a inizio novembre il premio è del 60% e del 55% se calcolato sugli ultimi 30 giorni. È inevitabile che Piazza Affari punti ad avvicinare il prezzo delle azioni sul mercato a quello dell’offerta. Ma non è detto che il prezzo sia considerato congruo dai francesi di Vivendi che hanno in portafoglio il 24% di Tim. Il prezzo dell’Opa di Kkr è ben lontano dal prezzo di acquisto della quota di Vivendi pari a 1,07 per azione (per circa 3,2 miliardi di euro) indicato nella semestrale 2021, nonostante la svalutazione a 0,86 euro del 2018. Ecco perché i francesi anche ieri insistevano: «Siamo investitori industriali di lungo periodo». Non sarà facile fargli mollare la presa.
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