Superbonus 110%, scontro governo-M5S sul decreto di agosto. «Così gli aiuti rischiano: 17 miliardi in bilico»

Bagarre in Senato, slitta il voto sul decreto di agosto. Il Tesoro dice no allo sblocco della cessione dei crediti. M5S non ci sta e sale sulle barricate

Superbonus 110%, scontro governo-M5S sul decreto di agosto. «Così gli aiuti rischiano: 17 miliardi in bilico»
di Andrea Bassi
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Mercoledì 7 Settembre 2022, 22:01 - Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 08:08

Mentre fuori impazza la campagna elettorale, nelle felpate aule del Senato è andato in scena l’ultimo scontro tra il governo Draghi e il Movimento Cinque Stelle. Uno scontro frontale, con accuse reciproche. Pesanti. Gli uomini del governo hanno puntato l’indice contro i grillini rei di mettere a rischio gli oltre 17 miliardi di aiuti alle famiglie e imprese contenuti nel decreto approvato ad agosto. I grillini hanno risposto accusando a loro volta Palazzo Chigi e il Tesoro di voler far fallire 50 mila imprese. È la sintesi di una caotica giornata in cui un governo in «ordinaria amministrazione», senza la possibilità quindi di bloccare gli emendamenti con il voto di fiducia, ha provato ad evitare modifiche al provvedimento approvato il mese scorso e nel quale sono contenute misure come la riduzione degli oneri di sistema sulle bollette. Un tentativo che, però, si è infranto sul muro eretto dai Cinquestelle a difesa degli emendamenti sul Superbonus. Per i grillini non solo è una misura “bandiera”. Dalla loro hanno il forte sostegno delle imprese del settore, delle banche, dei proprietari di casa, rimasti con il cerino in mano dopo il blocco delle cessioni dei crediti deciso dal governo. 

Draghi, dall’altro lato, quello che pensa del Superbonus lo ha detto nel discorso in Parlamento delle dimissioni: «Una misura che non ci piace».

Per tutta la mattina di ieri si è provato a cercare un compromesso attraverso il gioco delle «riformulazioni». Il Tesoro aveva proposto un testo che nella forma sbloccava i crediti, ma che nella sostanza li avrebbe lasciati bloccati. L’attuazione della misura sarebbe stata lasciata a un decreto interministeriale da approvare con il consenso di ben quattro ministeri. A babbo morto insomma. 

LO SCAMBIO

Il Movimento Cinque Stelle ha ribattuto con un salvagente sulla quarta cessione lanciato a tutti i bonus edilizi, non solo al 110%. A quel punto il governo ha proposto ai gruppi di ritirare tutti gli emendamenti votando il testo del decreto così com’era. Ma i grillini hanno detto no. Così la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, ha convocato la conferenza dei capigruppo ed è stato deciso di rinviare la discussione del decreto a martedì. Si andrà in aula anche se la Commissione non avrà finito i lavori, e si discuteranno tutti e 450 gli emendamenti. Una mossa che, in realtà, favorisce il governo e mette alle corde i Cinquestelle. 

IL PASSAGGIO

Più passa il tempo e più è difficile portare a casa il decreto senza il ritiro delle proposte di modifica. La reazione dei grillini non si è fatta attendere. «Per noi», ha detto la capogruppo dei Cinquestelle Mariolina Castellone, «non è accettabile ritirare emendamenti prioritari per evitare il fallimento di 50mila imprese e per aiutare i cittadini che hanno creduto allo Stato utilizzando lo strumento del Superbonus e adesso non riescono ad averne beneficio, è una questione che va risolta adesso». 
Ma ormai è bagarre. Italia Viva ha accusato i grillini di voler mettere a rischio i 17 miliardi di aiuti. Per il dem Daniele Manca il Movimento fa campagna elettorale sulla «pelle degli italiani». Insomma, la stessa linea di allarme adottata dal governo. Che in realtà, oltre che al Superbonus, è interessato anche a far passare indenne all’esame del Senato un’altra norma: gli aumenti legati al merito per i professori. Nel provvedimento è prevista l’istituzione della figura del professore esperto, ossia un docente che dopo tre cicli triennali di formazione, potrà avere diritto a un aumento annuo di 5.650 euro. Si tratta di una riforma chiesta dall’Europa all’interno del Pnrr e che diversi emendamenti volevano cancellare. Ma senza questa riforma verrebbe meno anche la rata di dicembre dei fondi europei. La posta in gioco è pure questa. 

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