Superbonus, la Commissione banche: «Creare un mercato secondario dei crediti fiscali»

Superbonus, la Commissione banche: «Creare un mercato secondario dei crediti fiscali»
di Rosario Dimito
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Martedì 20 Settembre 2022, 11:24 - Ultimo aggiornamento: 13:04

A fine mese la Commissione di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, in chiusura perchè il 25 settembre gli italiano eleggeranno il nuovo Parlamento, approverà la relazione conclusiva sugli esiti dell’indagine partita a giugno sulla cessione del credito superbonus 110% e sugli altri bonus. I risultati evidenziano con numeri e fatti gli impatti negativi che hanno avuto i continui cambiamenti normativi che hanno interessato le cessioni dei crediti. La relazione elenca ben 7 interventi di normativa primaria (con decreti legge e relative conversioni in legge con modifiche) dopo l’emanazione del decreto “Rilancio” del 2020 a cui si associano 5 pervasivi interventi dell’Agenzia delle Entrate con chiarimenti applicativi.  La relazione ratifica che «E’ evidente che il quadro normativo e la relativa prassi applicativa si sono evolute nel tempo e che l’operatività delle banche ne ha dovuto necessariamente tener conto».

Superbonus, la relazione della Commissione banche

La relazione, che Il Messaggero.it è in grado di anticipare, fa qualche esempio a riguardo: «I numerosi interventi sia a livello normativo sia a livello di prassi applicativa da parte dell’Agenzia delle Entrate nonché il contrasto giurisprudenziale hanno impattato/rallentato l’operatività degli intermediari». I tempi medi per la cessione del credito sono passati dai 56 giorni del 2020 a 97 giorni nel 2022, per quelli con recupero in 5 anni; da 77 a 95 giorni per quelli con recupero in 10 anni; da 85 a 134 per i crediti superbonus 110%. I controlli e verifiche sono via via aumentati nel tempo per accrescere il contrasto ai fenomeni fraudolenti emersi. 
Sotto questo profilo la relazione conclusiva si concentra sul tema della responsabilità, in queste ore all’attenzione del Parlamento nella conversione del decreto legge “Aiuti bis”, evidenziando come la circolare dell’Agenzia delle Entrate abbia chiarito «la sussistenza della responsabilità in solido tra “Cedente” e “Cessionario” in caso di frodi o errori procedurali». La relazione mette chiaramente in evidenza come «nel corso del 2021, gli operatori bancari e finanziari hanno assunto un ruolo significativo nel mercato dell’acquisto dei crediti fiscali.

In tale contesto si è assistito al ruolo preponderante e crescente acquisito dalle banche c.d. commerciali».

I numeri

Nel biennio giugno 2020-giugno 2022 le 11 banche analizzate, che rappresentano quasi l’80% del totale dell’intero controvalore delle cessioni dei crediti fiscali, hanno ricevuto 1.829.820 richieste di cessioni di crediti fiscali e ne hanno gestito 1.350.135, cioè al netto di quelle annullate o declinate. Numeri enormi anche in termini di valori erogati. Le banche oggetto dell’indagine nel biennio hanno accettato cessioni di crediti fiscali per 29,8 miliardi di euro: 16,3 miliardi per i crediti con recupero in 10 anni, 13,1 per i crediti superbonus 110% e 0,4 miliardi per i crediti fino a 5 anni.  A fronte di questo imponente impegno delle banche, l’indagine certifica con numeri e analisi dettagliate di fatto l’esaurimento della capienza fiscale da parte delle banche.  «Dal confronto della capienza fiscale complessiva “stimata” (nello specifico, a 5 anni e pari complessivamente a 81.157.913.737 €) con la stima degli impegni assunti dalle banche (pratiche in lavorazione, deliberate e erogate e pari complessivamente a 76.989.096.317€) emerge che la capienza fiscale è sostanzialmente interamente impegnata, nell’ipotesi che le pratiche in lavorazioni e deliberate giungano a buon fine e trascurando eventuali operazioni future di cessione a terzi». Cessioni a terzi oggi ancora residuali, viste anche le tante incertezze normative.

Le conclusioni

La relazione si chiude con due importanti conclusioni. La prima: «il questionario ha confermato che migliaia di cittadini e imprese hanno fatto pieno affidamento sulla misura» e quindi «necessità di riattivare il circuito della cessione del credito al sistema bancario e a terzi per scongiurare la chiusura di migliaia di imprese con importanti ricadute occupazionali, di gettito fiscale complessivo prodotto dalla filiera edile e di emersione del lavoro sommerso nonché di significativi rischi di contenzioso presso i Tribunali». La certezza delle norme e legittimo affidamento sono fondamentali in uno Stato di diritto, per non allontanare i cittadini dalle Istituzioni. La seconda: le proposte di interventi per riattivare il circuito della cessione dei crediti fiscali. 
In particolare, a) estendere a 10 anni il periodo di utilizzo dei crediti superbonus 110%, pur se questo determinerebbe necessariamente un incremento dei tassi di interesse applicati, aumentando la durata dell’operazione; b) escludere, in caso di cessioni successive alla prima, la responsabilità solidale dei terzi acquirenti per tutelare e incentivare gli acquisti dei crediti fiscali liberando, conseguentemente, la capacità fiscale finora impiegata dalle banche;
c) responsabilizzare maggiormente il titolare del credito fiscale attraverso la riduzione della percentuale del credito fiscale maturato.
Va ricordato che il decreto “Rilancio” ha fortemente ampliato la facoltà di fruire dei benefici fiscali derivanti da vari interventi edilizi che danno diritto ad altrettanti bonus, attraverso gli strumenti dello sconto in fattura (riconosciuto direttamente dal fornitore) o della cessione del credito d’imposta corrispondente alla relativa detrazione.
Tramite la cessione, ovvero lo sconto in fattura, si rende possibile per cittadini e imprese una rapida monetizzazione del beneficio, in alternativa a una fruizione dello stesso che, altrimenti, sarebbe necessariamente diluita in un arco pluriennale, sotto forma di detrazione da utilizzare nelle dichiarazioni dei redditi.

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