Un piccolo pasticcio legislativo che rischia di penalizzare migliaia di dipendenti pubblici che hanno lasciato il servizio da poco o lo lasceranno prossimamente. Il problema riguarda la loro liquidazione. Se la percepiscono in forma di trattamento di fine rapporto, quella usata anche nel mondo del lavoro privato, non hanno diritto alla parziale detassazione riconosciuta a fronte del ritardo con cui la somma viene effettivamente erogata.
8 marzo, la promessa del premier Mario Draghi: «Le donne al centro della ripresa post Covid»
Il problema
La vicenda, già segnalata dal Messaggero, nasce con il decreto legge di inizio 2019 che ha istituito sia Quota 100, in materia di pensioni, sia il reddito di cittadinanza.
Le prestazioni
In ogni caso la norma prevedeva anche una forma di detassazione, destinata a compensare i dipendenti degli interessi sul prestito bancario che, per quanto contenuti, restano a loro carico. Concretamente si tratta di un abbattimento, crescente e proporzionato al ritardo dell'erogazione, dell'aliquota Irpef applicata sulla somma percepita. Va ricordato però che i dipendenti pubblici ricevono la liquidazione in forme diverse: la vecchia buonuscita e indennità simili rientrano nel cosiddetto Trattamento di fine servizio (Tfs) mentre coloro che sono stati assunti dal 2001 in poi oppure che hanno scelto di aderire alla previdenza complementare percepiscono il Trattamento di fine rapporto (Tfr) sul modello di quello riconosciuto ai privati. Le due prestazioni funzionano in modo diverso; tuttavia il provvedimento di due anni fa parlava di indennità di fine servizio comunque denominata sia nell'articolo in cui posticipava nel tempo l'erogazione, sia in quello immediatamente successivo in cui prevedeva il meccanismo fiscale compensativo.
Il sindacato Unsa-Confsal si è però accorto che l'Inps applica la detassazione solo all'indennità di buonuscita per i dipendenti del comparto Stato, all'indennità premio di servizio per i dipendenti degli enti locali e sanità e all'indennità di anzianità per i dipendenti degli enti pubblici non economici: tutte forme di Tfs. Per il Tfr invece non c'è nessun vantaggio. All'origine di questa disparità un richiamo contenuto nella stessa legge, che ha condizionato l'interpretazione dell'istituto previdenziale (concordata come di consueto con i ministeri del Lavoro e dell'Economia): l'articolo sulla tassazione infatti, pur parlando di indennità di fine servizio comunque denominata rinvia ad una norma del Testo unico sulle imposte dirette che invece è riferita solo alle indennità equipollenti al Tfr e non al Tfr stesso. Che quindi resta escluso. Per un'interpretazione allargata servirebbe con tutta probabilità una correzione legislativa.