Smart working, pubblica amministrazione: fino a quando durerà? Da maggio ridotta la soglia del 50%

Smart working, nella Pa ridotta la soglia del 50%: da maggio via l'obbligo un dipendente su due da remoto
di Andrea Bassi e Francesco Bisozzi
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Mercoledì 28 Aprile 2021, 23:07 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 10:17

Cambio di rotta sullo smart working nella Pubblica amministrazione. Le modalità semplificate il lavoro agile legate all’emergenza rimarranno in vigore più a lungo, fino alla firma del nuovo contratto (ma non oltre il 31 dicembre di quest’anno). Ma lo smart working non sarà più “garantito” ad un dipendente pubblico su due che svolge attività che possono essere esguite da remoto, come accade oggi. La novità è contenuta nell’ultima bozza del decreto Proroghe che sarà discussa oggi in Consiglio dei ministri. L’intenzione è quella di rimettere subito in moto gli uffici pubblici. Solo quelli che potranno garantire efficienza nell’erogazione dei servizi anche con i dipendenti in smart potranno continuare ad utilizzarlo. Per molti dipendenti pubblici, dal prossimo due maggio, potrebbero riaprirsi le porte degli uffici. 

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Ma il provvedimento messo a punto dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, va anche oltre.

Cambia la disciplina del lavoro agile anche “futuro”, quello a regime dopo che l’emergenza dovuta alla pandemia sarà terminata. La bozza prevede una soglia minima di sicurezza di smart working da garantire nelle amministrazioni pubbliche dopo il 31 dicembre in caso di mancata adozione dei cosiddetti Pola, i Piani organizzativi per il lavoro agile. Si tratta di quei documenti nei quali ogni amministrazione deve indicare quali compiti e quali funzioni sono eseguibili da remoto e quali invece no. 

Se insomma, non produce questa attestazione scatta l’obbligo di concedere il lavoro agile ad almeno un certo numero di dipendenti. Quella indicata nel decreto è una quota nettamente inferiore al 30 per cento che era stato previsto dall’ex ministra della Funzione pubblica Fabiana Dadone: l’asticella scenderà infatti fino a fermarsi al 15 per cento. 

IL MECCANISMO

E per chi invece si dota dei famosi Pola? La legge attuale prevede che ogni amministrazione deve garantire lo smart working ad almeno il 60 per cento dei dipendenti che non svolgono mansioni che vanno rese obbligatoriamente in presenza.
Il decreto Proroghe, a meno di ripensamenti dell’ultimo minuto, farà saltare questo paletto. Le amministrazioni potranno liberamente decidere in base alle esigenze di erogazione dei servizi, quali e quanti dipendenti far lavorare da remoto. Il traguardo del resto sarebbe risultato irraggiungibile in certe amministrazioni, si pensi al ministero di Giustizia o a quello dei Trasporti, che per come sono strutturati mal si sposano con il ricorso diffuso al lavoro agile. L’intenzione sarebbe insomma quella di ridurre i disservizi derivanti dallo smart working e a contrastare le pratiche-lumaca, sia nella fase emergenziale che in seguito.

IL TAVOLO

Il che non significa che il lavoro agile tornerà a interpretare per forza il ruolo da comparsa del pre-Covid: semplicemente sarà collegato al livello di produttività delle singole amministrazioni (che verrà misurato coinvolgendo utenti interni ed esterni) e in caso di calo delle performance verrà ridotto. Risultato, ci saranno enti con un numero di smart worker impiegati da remoto anche molto elevato e altri che si accontenteranno (o dovranno accontentarsi in seguito ai test sulla produttività) di una quota di lavoratori in smart molto più bassa ma comunque non inferiore alla soglia del 15 per cento. 

Non si parlerà invece di percentuali al tavolo della trattativa per il rinnovo del contratto, che domani prenderà ufficialmente il via, ma più in generale di come disciplinare il lavoro agile nella Pubblica amministrazione e garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, a incominciare dal diritto alla disconnessione e alla privacy. Sul tema ci sono diversi argomenti delicati, a cominciare dalle dotazioni informatiche da fornire ai dipendenti in smart working, fino alla questione molto dibattuta del pagamento dei buoni pasto. Un tema, questo, sul quale le amministrazioni sono andate fino ad oggi in ordine sparso. 
 

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