Severino: «Più formazione digitale nei tribunali e l’economia può guadagnare terreno»

«Sappiamo che una giustizia più efficiente e rapida può far aumentare il Pil anche di due punti percentuali»

Severino: «Più formazione digitale nei tribunali e l’economia può guadagnare terreno»
di Maria Latella
5 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Settembre 2022, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 07:21

«Non se ne parla spesso, eppure formare magistrati e avvocati adeguati ai tempi aiuterebbe non poco l’economia». Paola Severino, avvocato di grandi multinazionali, presidente della Scuola Nazionale di Amministrazione e vicepresidente dell’Università Luiss, è a Cernobbio, nell’evento promosso ogni anno da The International House Ambrosetti. In questi giorni parlare di economia significa evocare inquietudine: per i prezzi dell’energia, per l’incertezza che grava su famiglie e aziende. Il problema è che, come rinfaccia pubblicamente al pubblico di Cernobbio l’olandese Gert Wilders, l’Italia ha un peso in più rispetto ad altri Paesi europei, il peso del debito pubblico. E il debito cresce, anche perché le cose da cambiare non cambiano. Ecco perché la conversazione con Paola Severino parte da un’angolazione speciale. Quella di chi conosce bene il mondo della giustizia e anche quelli della pubblica amministrazione e dell’Università.

Perché aggiornare la formazione di magistrati e avvocati aiuterebbe l’economia italiana?
«Perché già nel 2011 sapevamo che una riduzione dei tempi dei processi e una maggiore efficienza della giustizia avrebbero portato a un aumento del Pil: almeno il due per cento in più.

Ricordo che ne parlammo per la prima volta proprio qui a Cernobbio con il Presidente Monti. Che cosa cerca un’impresa quando deve decidere dove insediarsi? Si informa sul funzionamento del sistema giudiziario. Quanto tempo servirà per risolvere un’eventuale controversia? Quanto per veder riconosciuto un mio diritto? Le sentenze possono disattendere gli orientamenti giurisprudenziali consolidati? Il Pil di un Paese cresce quando riesce ad accogliere imprese internazionali e trattenere quelle nazionali, e da quel lontano 2011 altri studi hanno confermato questa realtà. Eppure la situazione è ancora complessa, nonostante l’impegno di tutti i governi che si sono succeduti».

Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, Paola Severino nel nuovo Comitato Tecnico-Scientifico

Perché?
«Guardi cosa ha detto di recente il presidente del tribunale di Roma: nei prossimi sei mesi sarà costretto a sospendere molti processi per mancanza di magistrati. Non è un problema che riguardi soltanto la capitale».

Aumentare il numero dei magistrati, fare più concorsi?
«Certo e infatti i concorsi si sono moltiplicati, ma abbiamo purtroppo dovuto constatare che i posti sono più numerosi dei candidati. Nell’ultimo caso c’erano trecento posti, ma solo ottantuno laureati hanno superato la prova. E qui torniamo alla questione di cui parlavamo all’inizio: esiste un problema di formazione dei laureati che scelgono di perseguire la carriera di magistrato o di avvocato. Ed è evidente che non avere figure professionali adeguatamente formate, a cominciare dal digitale, rallenta l’efficienza della giustizia. Il che, in un circuito diabolicamente vizioso, rallenta la nostra economia. Oggi ci sono normative societarie nuove, la struttura dei reati economici è molto cambiata, e solo avvocati e magistrati che siano stati adeguatamente preparati possono sciogliere nodi interpretativi complessi dando stabilità e certezza alla interpretazione giurisprudenziale».

Bisognerebbe intervenire sui programmi di chi sta studiando giurisprudenza oggi. O di chi pensa di iscriversi nell’immediato futuro, non crede?
«L’università finora ha privilegiato una formazione teorica. Si preparano dei giuristi più che dei magistrati o degli avvocati. Gli studenti si laureano senza aver mai scritto un parere o senza aver mai visto una sentenza. Con Francesco Profumo avevamo pensato a una riforma della laurea in giurisprudenza: far sì che gli ultimi due anni vengano dedicati alla formazione professionale, un orientamento dedicato a chi sceglie l’avvocatura e per chi intende diventare magistrato».

Perché non se n’è fatto niente?
«Perché in anni di tensioni economiche più che risolvere i problemi alla radice si tende ad affrontare l’emergenza. Così ho cercato di concretizzare quell’idea, pur in assenza di una riforma radicale, prima come preside di giurisprudenza, poi come rettore e ora vicepresidente alla Luiss. I nostri studenti lavorano in gruppi in un’aula che riproduce esattamente quella di un tribunale. E’ emozionante vederli indossare la toga, da avvocato e da magistrato, divisi in gruppi, chi prepara la requisitoria, chi la difesa e chi invece si prepara ad emettere la sentenza. Arrivano al mondo del lavoro sapendo che cosa li attende. I laureati che hanno alle spalle questo tipo di esercitazioni superano il concorso per avvocato o magistrato con minori difficoltà».

Basterebbe riprendere il discorso interrotto, una collaborazione tra ministero della Giustizia e ministero dell’Istruzione.
«Una stretta collaborazione tra le due istituzioni è essenziale per una vera e propria riforma. Oggi giurisprudenza dura cinque anni e sono tanti anche perché non è prevista la laurea triennale. Si potrebbe usare il biennio finale, dopo aver costruito una base teorica ampia, per una specializzazione».

L’effetto sull’economia italiana sarebbe avvertito nel medio e nel lungo periodo. Ma bisognerebbe cominciare subito. 
«Ripeto: una migliore formazione di magistrati e avvocati produce una giustizia più certa e più celere e questo facilita l’insediamento di grandi imprese internazionali. Da qui una crescita del Pil. Un circuito virtuoso che dovreste raccontare anche voi giornalisti, perché arrivi alle famiglie. Vedo che oggi molti cominciano a scegliere per i loro figli le migliori università italiane e non più solo quelle straniere. Le nostre scuole offrono una base culturale più larga di quanto non accade in altri Paesi».

Video

© RIPRODUZIONE RISERVATA