​Rinnovabili, la beffa: la norma sull’archeologia blocca i nuovi impianti, fermi 800 progetti

La Valutazione Preventiva di Interesse Archeologico ora va presentata prima di avviare l’iter

Bloccati i grandi impianti fotovoltaici ed eolici
di Roberta Amoruso
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Lunedì 6 Febbraio 2023, 16:53 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 08:15

La festa è già finita ancora prima di cominciare per la spinta a pannelli solari e pale eoliche. La nuova Valutazione Preventiva di Interesse Archeologico da presentare prima ancora di avviare l’iter autorizzativo della Valutazione di impatto ambientale (VIA) nel caso dei grandi impianti sta bloccando di nuovo tutto. Dopo oltre 100 norme taglia-burocrazia arrivate nell’ultimo anno e 11 Gigawatt di potenza rinnovabile sbloccata in Consiglio dei ministri, nel passaggio di consegne tra il governo Draghi e quello Meloni è spuntata una brutta sorpresa. “Una svista” prodotta in piena estate con un emendamento al Decreto Aiuti che aggiunge un nuovo ostacolo nella giungla delle autorizzazioni, piazzato ancora prima di poter cominciare con un iter ancora troppo lungo nonostante le semplificazioni. Una grana in più a una situazione già difficile. Un macino sullo sviluppo delle rinnovabili.

L’EFFETTO IMBUTO

Secondo l’ultima fotografia dell’Osservatorio Mase ci sono poi ben 800 progetti che aspettano di essere esaminati dalla super Commissione Pnrr-Pniec costituita un anno fa dall’ex ministro Roberto Cingolani.

La maggior parte sono ancora al primo passaggio della verifica amministrativa. Due gli impianti autorizzati dall’inizio del 2022. Una ventina i pareri emessi in attesa di quello del Mic. Secondo le stime fatte dagli addetti ai lavori si tratta di almeno 40 Gigawatt di progetti per impianti solari in attesa di autorizzazione che potrebbero essere realizzati nei prossimi 18 mesi. Si tratta di quasi due volte la potenza installata oggi in tutta Italia, qualcosa come 10 miliardi di metri cubi di gas risparmiati. Senza contare l’apporto dell’eolico che porta il bilancio complessivo vicino ai 60 Gigawatt stimati da Elettricità Futura nel conto delle autorizzazioni da far decollare per riscrivere il mix energetico del Paese anche in tre-quattro anni. E non è un caso se il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, abbia deciso di potenziare le forze della super Commissione, da 30 a 70 componenti. Senza uno sforzo extra si rischia davvero l’effetto imbuto. Altro che la svolta richiesta da una crisi energetica e dalla transizione in un Paese che consuma 70 miliardi di metri cubi all’anno di gas. Ma vediamo cosa è successo.

LA NORMA

Il 2023 doveva essere l’anno in cui raccogliere frutti importanti verso l’obiettivo dei 70 Gigawatt di potenza installata entro il 2030. E invece è spuntata in sordina l’estate scorso una nuova norma complica-tutto tra quelle di cui tener conto prima di avventurarsi nella giungla delle autorizzazioni per un grande impianto fotovoltaico o eolico, quelli che “pesano” nella scorsa verso il target del 72% dell’elettricità prodotta da fonte rinnovabile. Per gli impianti più piccoli, su tetti e capannoni, vale invece la corsia accelerata, Il Decreto Aiuti di maggio scorso convertito in legge il 15 luglio ha dunque portato alla modifica del Testo Unico Ambientale, includendo tra i documenti da trasmettere per presentare l’istanza di VIA anche la Verifica Preventiva di Interesse Archeologico. Una modifica passate totalmente in sordina anche nel settore visto che non c’è stato un decreto ministeriale ad hoc facilmente visibile per gli operatori. Il brutto risveglio è arrivato il 30 agosto quando il vecchio Mite ha comunicato l’aggiornamento della modulistica per la presentazione dell’istanza di VIA, aggiungendo appunto la richiesta della VPIA. Da allora le società del settore sono in fermento. Molte hanno ricevuto sospensioni dei procedimenti avviati dopo maggio o richieste di perfezionamento degli atti. E pensare che prima di tutto questo gli operatori potevano gestire le pratiche con le autorità dei beni culturali contemporaneamente al procedimento autorizzativo. Si avvalevano di preziose consulenze e alla fine si arrivava a una relazione che accontentava tutti e tutelava il territorio. Ora il settore sperava in un correttivo già nel Milleproroghe. Ma non è arrivato. Il ministro Pichetto Fratin non ha però intenzione di permettere nuove e inutili lungaggini, pur nel rispetto della legittima supervisione delle Sovrintendenze. Già alla fine dell’anno scorso aveva annunciato di voler anticipare da dieci a sei anni l’obiettivo dei 70 Gigawatt di nuova potenza installata nel Paese. La sfida è di quelle difficili visto che si tratta di installare 12 Gigawatt all’anno. Il che vuol dire potenza autorizzata e operativa, cosa diversa dai Gigawatt con un parere positivo (7,1 Gigawatt i pareri positivi arrivati l’anno scorso secondo il Mase). Certi numeri non si raggiungono a suon di Decreti del governo e poteri sostitutivi. Gli 11 Gigawatt sbloccati l’anno scorso dal governo saranno operativi quest’anno. Mentre ad oggi sul tavolo della Presidenza del Consiglio dei ministri risultano una trentina di progetti. Ma non basta se la potenza fotovoltaica connessa nel 2022 ammonta a 2,48 Gigawatt, secondo i dati denunciati da Italia Solare sui numeri Gaudì di Terna.

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