Rincari, il latte vola verso tre euro a litro. Allarme dei produttori: più cari formaggi e derivati

A spingere sulle quotazioni la carenza delle materia prima e i costi dei mangimi

Rincari, il latte vola verso tre euro. Allarme dei produttori: più cari formaggi e derivati
di Carlo Ottaviano
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Sabato 3 Dicembre 2022, 22:20 - Ultimo aggiornamento: 4 Dicembre, 15:53

Boom del prezzo del latte. Nei supermercati ieri c’è chi lo ha trovato intorno a 1,50 euro a litro. E di questo passo il rischio, quanto mai concreto, è che a fine anno voli a quota 3 euro, un livello record mai toccato in passato. L’allarme lo hanno lanciato i produttori che ricordano come quello fresco e pastorizzato di alta qualità ha già toccato i 2 euro ed è ancora più caro nei negozi di prossimità non collegati alle catene della grande distribuzione. 

La prospettiva è di un rialzo generale, di uno dei prodotti, il latte appunto, più diffusi e popolari, che ovviamente coinvolge a catena tutta la filiera: dai formaggi ai derivati fino al cappuccino del bar.

Voci quindi che incidono sulla spesa quotidiana di quasi tutte le famiglie.

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GLI ANALISTI

C’è da dire che l’Istat già nel mese di ottobre aveva calcolato un’impennata dei prezzi su base annua per formaggi e latticini del +14,8 per cento. Poi, a metà novembre, Unioncamere anticipava gli aumenti attesi: tra i formaggi freschi, +19,8% per la mozzarella di latte vaccino, + 21,2 per cento per lo stracchino; tra i formaggi molli, +16,3 per cento per il Gorgonzola, +17,4 per cento per il Provolone. 

Dati quasi ottimistici, perché da Cremona – dove è in corso la Fiera internazionale della zootecnia – arrivano previsioni ancora più nere: entro fine anno il prezzo di un litro alla stalla raggiungerà i 60-70 centesimi (45 per cento in più in sei mesi, + 63 per cento in due anni) che a cascata si moltiplicherà in ogni passaggio di lavorazione, trasformazione e distribuzione prima di arrivare nelle mani del consumatore a quota 3 euro.

LA CONGIUNTURA

«La situazione del comparto lattiero caseario – secondo Confagricoltura – sta attraversando una fase di forte volatilità. Siamo di fronte ad una congiuntura internazionale con ben pochi precedenti: il latte manca ed il suo prezzo continua a salire. Sono aumentati enormemente i costi di produzione e gli allevatori reagiscono cercando di contenere i costi, ad esempio riducendo il mangime acquistato ed eliminando le vacche meno produttive e a fine carriera. L’effetto è una minore disponibilità di latte vaccino che subisce costanti aumenti di prezzo». 

COSTI INSOSTENIBILI

I prezzi in aumento dei prodotti lattiero caseari stanno disincentivando i consumi in quantità: secondo Confagricoltura è del 3% il calo di formaggi e latticini nei primi nove mesi del 2022. Il caro prezzi pesa sul carrello della spesa di tutti, ma i costi produttivi all’origine sono insostenibili anche per gli allevatori e le industrie di trasformazione. 

Ma quali sono le cause profonde di questo terremoto sui prezzi? Guerra in Ucraina, crisi energetica e la lunga siccità che ha abbattuto la produzione dei foraggi per gli animali, hanno sconvolto il mercato. I prezzi dei prodotti destinati all’alimentazione del bestiame hanno raggiunto livelli altissimi: il mais costa 130 euro in più a tonnellata (da 250 euro a 370); la farina di soia il 30% in più rispetto a un anno fa; il fieno il 60% in più. Difficoltà a tenere i conti in ordine anche per l’industria di trasformazione. «La Cina – afferma Alberto Dall’Asta, direttore di Italatte, azienda del colosso Lactalis – sapeva della guerra all’Ucraina sei mesi prima che iniziasse e ha accantonato grandi scorte. Questo ha disequilibrato il mercato; poi c’è stata la tempesta perfetta. A giorni pagherò il latte 60 centesimi, lo pagavo 22». Ugualmente pesanti gli aumenti dei costi dell’energia elettrica e del gas (fondamentale, in particolare, per la sterilizzare del latte) e dei materiali necessari per il packaging, tutti rincarati. Un rischio reale è adesso l’abbassamento della qualità dei prodotti nel tentativo di mantenete i prezzi bassi.

IL MODELLO

«Mi arrivano – conferma Antonio Auricchio, vicepresidente di Assolatte – telefonate di colleghi che mi dicono: «Attenzione, con questi prezzi della materia prima o chiudiamo l’azienda o facciamo prodotti di qualità inferiore». Ecco, percorrere quest’ultima strada è un errore grave. Mai scendere dal nostro livello qualitativo, che è elevato e che ci consente di esportare grandi produzioni. La concorrenza ci ammazzerebbe». 
Produttori (onesti) e consumatori, quindi, tutti sulla stessa precaria barca. «Oggi – afferma Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – dobbiamo far capire ai consumatori che cos’è il tema zootecnico e, rispetto a un mondo che sta cambiando il proprio modo di alimentarsi, occorre capire quale modello agricolo realizzare».

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