Rider, quali sono e come cambieranno i contratti con la direttiva Ue. Per i sindacati è solo l'inizio, ma qualcuno protesta: «guadagneremo di meno»

Rider, quali sono e come cambieranno i contratti con la direttiva Ue. Per i sindacati è solo l'inizio, ma qualcuno protesta: «guadagneremo di meno»
di R. Ec.
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Venerdì 10 Dicembre 2021, 17:39 - Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 14:25

La Commissione europea ha proposto una nuova direttiva a tutela di rider e lavoratori delle piattaforme come Uber, Deliveroo, Just Eat e Glovo, ma anche Uber. Se la proposta verrà approvata i fattorin che lavorano per gli algoritmi delle società della "gig economy" saranno quasi tutti inquadrati come dipendenti. I sindacati di categoria più rappresentativi esultano, parlando di un risultato importante dopo anni di battaglie. Con loro la maggior parte dei rider, dopo vari casi di sfruttamento, minacce e mancanza di diritti minimi emersi anche in Italia negli ultimi anni, coinvolgendo aziende associate ad alcune piattaforme. Ma c'è anche chi si oppone, lamentando il fatto che potrebbe guadagnare di meno, non potrà più farlo come secondo lavoro o arrotondare senza vincoli su orari e mezzi di trasporto.

Non tutti saranno coinvolti dalla direttiva, perché ci sono dei criteri da soddisfare e se non se ne seguono almeno due l'azienda è libera di considerare i rider degli autonomi. Non solo: la singola piattaforma e il singolo lavoratore possono respingere l'esito della riclassificazione, ma avranno l'onere della prova nello spiegare che si tratta di attività da libero professionista. Ad oggi sono 28 milioni gli europei che lavorano con e attraverso le piattaforme, un numero che è destinato a raggiungere i 43 milioni nel 2025. I contratti esistenti sono diversi, tra forme subordinate e accordi per lavoro autonomo: molti potrebbero cambiare.

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Rider, i contratti da autonomi in Italia

Al momento, le persone che lavorano, soprattutto come rider, attraverso le piattaforme spesso non hanno informazioni su come funzionano gli algoritmi e su come vengono prese le decisioni. In Italia la maggior parte delle grandi aziende (come Glovo, Deliveroo, Uber e Socialfood.it) propongono accordi di collaborazione da autonomo, con pochissime condizioni: essere maggiorenne, avere un mezzo tra bicicletta, scooter o auto (con patente e assicurazione, con l'automobile indispensabile per Uber), essere in possesso del permesso di lavorare in Italia come autonomo e avere dei telefoni cellulari non troppo arretrati per sostenere le app dedicate con le richieste di consegne nella tua città (Deliveroo ad esempio chiede di avere uno smartphone con sistema operativo iOS 12, Android 6.0 o successivo).

Cominciare a lavorare è semplice. Glovo ad esempio fa iscrivere gli aspiranti fattorini su questa pagina, guardare una breve sessione informativa online e inviare i documenti richiesti. Dopodiché si riceve uno zaino isotermico e si fa un piccolo training per utilizzare l'app Glovo Couriers anche sul campo. Quindi si parte rapidamente con le consegne a pieno regime. Quello che si guadagna per ogni ordine, oltre un minimo fisso calibrato sul minimo orario, dipende dalla esperienza maturata e dai voti ricevuti dai clienti (che dipendono dalla distanza percorsa e dal numero di consegne eseguite). Si può collaborare quando si vuole, decidendo dove connettersi e quali ordini accettare. Ma l'algoritmo alla base delle consegne delle varie app delle piattaforme premia con più soldi e possibilità chi consegna di più in meno tempo e chi ottiene voti migliori, mentre chi è più lento e ha problemi può essere penalizzato (anche se non accade sempre).

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Secondo il Decreto Dignità del 2019 i contratti devono essere scritti e i lavoratori devono ricevere ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza. Se non c'e la stipula del contratto, il rider ha diritto a un'indennità risarcitoria di entità non oltre i compensi percepiti nell'ultimo anno.

Il contratto firmato con l'Ugl e bocciato in Tribunale

A settembre 2020 Assodelivery, l'associazione che rappresenta le piattaforme, con dentro Just Eat, Glovo, Deliveroo, Socialfood.it e Uber Eats, ha firmato con il sindacato Ugl il primo contratto collettivo di lavoro per i ciclofattorini. Questo prevede un compenso minimo di 10€ lordi l’ora per ogni ora di percorrenza necessaria per le consegne (11 euro con Deliveroo). Il compenso di ciascuna consegna si basa sul tempo stimato e se il lavoro è inferiore all'ora la retribuzione minima viene ricalibrato in proporzione. Insomma: un meccanismo che supera solo in parte la logica del cottimo. Ci sono poi indennità aggiuntive per il lavoro di notte, con brutte condizioni meteo e nelle feste  ed è previsto un bonus annuo, per un massimo di 1500 euro per 6mila consegne.

Si prevede poi la copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali fornita dall'Inail e un’assicurazione ulteriore per eventuali danni a cose o a terzi, che si dovessero verificare durante le consegne, indipendentemente dal mezzo utilizzato. Restano invece a carico del rider gli obblighi assicurativi previsti dalla legge per il mezzo utilizzato. Essendo considerato lavoro autonomo non sono previsti: trattamento per le malattie, ferie, tredicesima e quattordicesima. Tutti i rider, poi, ricevono gratuitamente almeno un indumento ad alta visibilità e, per coloro che svolgono consegne in bicicletta, un casco che può essere sostituito per usura dopo 4mila consegne completate.

Infine per la sicurezza stradale e in materia di conservazione degli alimenti sono previsti percorsi di formazione tramite una sola piattaforma e-learning.

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Tuttavia a luglio di quest'anno, dopo l'insorgere di numerose polemiche e lamentele tra i rider, il Tribunale di Bologna, riprendendo sentenze per alcuni aspetti affine del Tribunale di Palermo e di quello di Firenze tra febbraio e aprile, ha stabilito che il contratto firmato con l'Ugl è "illeggittimo". Secondo i giudici del capoluogo emiliano il contratto non poteva essere firmato da un solo sindacato (l'Ugl), che, tral'altro, sempre secondo il Tribunale, non sarebbe tra i più rappresentativi a livello nazionale, violando il Decreto Dignità e altre norme sul diritto sindacale. Tutto questo in linea con la pronuncia della Cassazione del 24 gennaio 2020, n. 1663, che per la prima volta si era espressa in tema di gig economy, qualificando i rider di Foodora come collaboratori “etero-organizzati", chiarendo che, in tal caso, la disciplina del lavoro subordinato andasse applicata interamente. 

I lavoratori già subordinati

Just Eat e My Menu sono ad oggi le uniche big del food delivery che in Italia hanno accettato di assumere i rider con contratti di lavoro subordinato. La prima ha deciso di ricorrere al nuovo contratto dopo le polemiche sorte per quello firmato con l'Ugl, assumendo i fattorini part time con contratti da 10, 20 o 30 ore settimanali. Il contratto di riferimento, siglato da Cgil, Cisl e Uil, inserisce i rider nel settore della logistica, con i turni pianificati ogni settimana dall’azienda.

La paga prevede un minimo orario, come da riferimento delle tabelle del Contratto nazionale di settore, pari a 9 euro. A un importo orario di partenza di 8,50 euro, infatti, si aggiunge il premio di risultato di 0,25 euro a consegna e l’accantonamento del Tfr, oltre alle possibili maggiorazioni per il lavoro supplementare, straordinario, festivo e notturno. Ogni giorno il turno non può essere inferiore alle due ore e sono previsti 22 giorni di ferie, riposi settimanali, tredicesima, malattie e contributi pagati. Infine durante l'attesa nella preparazione del cibo, i rider possono andare in bagno o mangiare venendo pagati sempre (a differenza di prima), mentre in turni oltre le 6 ore, la mezz'ora di pausa non è retribuita. Il mezzo prediletto è la bicicletta (con un rimborso spese da 6 cent per km per i lavoratori che non ricevono il mezzo da Just Eat), ma si può usare anche il motorino o lo scooter (con il rimborso che sale a 15 cent). Mentre le auto sono utilizzabili solo in alcune aree (non le zone centrali delle grandi città, viste le Ztl).

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Solo tre mesi dopo l'accordo, è arrivata a ottobre una prima condanna per capolarato ad alcuni intermediari di Uber in Italia. Secondo la tesi dell'accusa i lavoratori venivano “pagati a cottimo 3 euro”, “derubati” delle mance e “puniti” con una riduzione dei compensi se avevano comportamenti "non idonei". Molti dei lavoratori erano extracomunitari reclutati in situazioni di “emarginazione sociale”, costretti a lavorare in qualsiasi modo.

Rider, cosa c'è scritto nella direttiva Ue

Secondo una prima valutazione da parte di Bruxelles sull'impatto delle nuove norme, 4,1 milioni di rider e lavoratori delle piattaforme potrebbero veder cambiare il loro status tra i 5,5 milioni considerati autonomi «in modo erroneo». Una condizione determina il mancato versamento di contributi per un importo compreso tra 1,6 e 4 miliardi di euro ogni anno. La direttiva fisserà cinque criteri: 1) determinare il livello di remunerazione o fissare delle soglie massime per i compensi; 2) supervisionare lo svolgimento del lavoro con mezzi elettronici; 3) restringere la libertà di scelta dell'orario di lavoro o i periodi di assenza, di accettare o rifiutare incarichi o di utilizzare sostituti o subfornitori;  4) fissare regole vincolanti specifiche che riguardino l'apparenza, la condotta nei confronti dell'utilizzatore del servizio o la prestazione lavorativa; 5) restringere la possibilità di costruirsi una base di clienti o di lavorare per altri. 


Tutela rider, Commissione UE presenta nuove norme

Se la piattaforma soddisfa almeno due dei criteri si presume che sia legalmente un datore di lavoro e debba regolarizzare i suoi lavoratori come dipendenti. Questo garantirebbe agli stessi quei diritti occupazionali e sociali che ne derivano: il diritto a un salario minimo (ove previsto), alla contrattazione collettiva, all'orario di lavoro e alla tutela della salute, il diritto a ferie retribuite o un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione e le indennità di malattia, così come il diritto ai contributi pensionistici. L'onere della prova per contestare o confutare la nuova ri-classificazione cadrà interamente sulle multinazionali, che dovranno eventualmente provare in tribunale che non sussiste alcun rapporto di lavoro subordinato. I lavoratori autonomi, comunque, dovrebbero poter accedere alla contrattazione collettiva senza essere ostacolati dalle regole Ue sulla concorrenza.

Il controllo degli algoritmi

La proposta Ue include anche una sezione sull'uso dell'intelligenza artificiale e degli algoritmi per valutare e programmare il lavoro, dando ai lavoratori (sia dipendenti che autonomi) la possibilità di impugnare le decisioni determinate in modo automatizzato e garantendo il controllo umano sul rispetto delle condizioni di lavoro. Bruxelles punta anche a imporre obblighi di trasparenza alle piattaforme nei confronti delle autorità nazionali: le aziende saranno tenute a mettere a disposizione le informazioni chiave sulle loro attività e sul personale impiegato.

La direttiva mira quindi a consentire ai rider, ai sindacalisti e alle autorità del lavoro di essere informati sui sistemi di monitoraggio e decisione automatizzati e su come questi influenzano le attività.

La soddisfazione dei lavoratori: «Tutti dovrebbero avere la malattia pagata»

Per Danilo Morini, sindacalista della Filt Cgil, la direttiva europea «è un'innovazione importante, che va nel verso giusto, in una linea di progresso cominciata con il contratto negoziato con Just Eat». «I rider che lavorano per loro, che siano più giovani o già padri o madri di famiglia - aggiunge- hanno visto un sostanziale cambiamento nelle loro vite, perché la maggior parte con quel lavoro ci campa o integra per camparci. Ma è solo l'inizio: dobbiamo dare a tutti i dipendenti delle piattaforme, perché questo sono, le tutele che gli spettano. Con noi ci sono almeno il 90% di loro». 


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Beppe, 38, di Catania, lavora per Just Eat da alcuni anni. «Finalmente -  racconta a Il Messaggero- posso permettermi di ammalarmi senza smettere di essere pagato. Prima ero costretto per necessità a lavorare in qualsiasi condizione fisica, senza alcuna tutela. Tutti dovrebbero avere lo stesso trattamento, quindi ben venga la decisione europea». Riccardo di anni ne ha 35 e fa il rider a Bologna. «Ci sarebbero ancora miglioramenti da fare con questa società - ci dice- come aumentare i rimborsi e i guadagni minimi, ma anche le ore previste, altrimenti molti dopo le 10 o 20 ore devono continuare a fare i rider, magari con altre piattaforme, in totale precarietà. Speriamo che l'Europa ci aiuti per questo». Convinto che la strada del lavoro subordinato sia quella da perseguire e migliorare è anche Davide, 42 anni, rider da diversi mesi a Milano. «Dipendiamo da algoritmi- racconta- quindi non abbiamo nulla di autonomo: avere diritti, tra cui una programmazione oraria e settimanale è fondamentale».

Per Morini «se c'è poi una minoranza che vuole rimanere autonoma è giusto tutelarla, ma è anche corretto che l'onere della prova sia in capo all'azienda, come propone la Commissione europea. Altrimenti si rischia di costringere i rider a dire che va tutto bene così per paura di perdere il posto di lavoro».

I fattorini contrari: «Meglio restare autonomi»

Sono sicuramente per l'autonomia i circa 3mila rider (sui 60mila che si stima siano presenti in Italia) che fanno riferimento alla no-profit Anar (Associazione Nazionale Autonoma dei Riders) e avevano sostenuto il Contratto firmato da Assodelivery e Ugl. 

Simona ha 53 anni, è divorziata e fa la rider a Roma per Gloovo. «Per me essere autonoma - racconta a Il Messaggero- significa restare libera, prendendo i miei figli a scuola e facendogli il pranzo quando tornano. Prenotandomi per un ora posso mettere in stand by la ricezione degli ordini e posso seguire i bambini. Inoltre posso lavorare in macchina». C'è anche Dario (nome di fantasia), un ex carcerato napoletano over 40, che facendo il rider si è rimesso in riga per mantenere la famiglia. «Per prendere i due soldi che ti danno ora con il contratto "fisso"- ci spiega- a questo punto facevo le rapine, non mi fido: meglio rimanere così».


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Per il loro rappresentante Nicolò Montesi «la direttiva europea va nel verso sbagliato perché sia per chi lo fa in maniera saltuaria, che in maniera costante, l'autonomia è centrale». «Quello firmato con Assodelivery e Ugl - argomenta- è un contratto nuovo per un lavoro nuovo e non essendoci paragoni e schemi prefissati è normale che un giudice lo abbia dichiarato nullo. Al livello europeo servirebbe una normativa che lo normalizzi, permettendo in maniera equa sia contratti subordinati che autonomi. Noi, però, siamo convinti che i sindacati più noti sbaglino: da autonomi si è più flessibili, si possono fare due lavori e si può essere sia rider che studenti, prendendosi due mesi per preparare gli esami, senza ripercussioni. Poi si guadagna di più rispetto al contratto da subordinato di Just Eat, arrivando a circa 11 euro netti l'ora. Anche io faccio il rider: nessuna app mi ha mai obbligato a portare a termine un tot di ordini l'ora o a farne quanti più possibili per avere proposte di consegna. Secondo noi la maggior parte dei rider alla fine la pensa così».

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