L'ITALIA
In Italia questo processo è iniziato ancora prima. La crisi innescata dal virus ed i cambiamenti di queste settimane, spinge il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, ad affermare che bisogna ripensare la «politica industriale e la filiera produttiva, arginando il fenomeno delle esternalizzazioni».
A Miranda, comune in provincia di Isernia, è Modaimpresa, da anni impegnata nella realizzazione di capi di abbigliamento per la moda, a riconvertire la produzione dedicandosi ora alle mascherine protettive con filtro. L’azienda molisana garantirà al sistema 10.000 mascherine al giorno, con numeri in continua crescita, distribuite in lotti di 500 pezzi ciascuno. L’intera produzione sarà realizzata da 75 sarte, tra interni ed indotto locale, e utilizzerà cotone lavabile con un filtro interno estraibile e riutilizzabile a seguito di disinfezione con alcool o altro disinfettante. Con l’emergenza per la diffusione del coronavirus «abbiamo deciso di affiancare alle collezioni per i vari brand, la produzione di mascherine protettive, cercando di contrastare casi di speculazione su materiali che devono essere disponibili», afferma Romolo D’Orazio, ceo di Modaimpresa. L’azienda di Miranda non è la sola. A Melpignano (Lecce), i dipendenti della tessitura del Salento Industriale, dove di solito si realizzano stoffe per abbigliamento e accessori, hanno chiesto al gruppo Canepa di riconvertire la produzione per rispondere all’appello del Governo per le mascherine. Con un parco macchine di 96 telai, la tessitura del Salento è una delle più grandi di Italia. Qui in un paio di giorni sono stati realizzati dei campioni che saranno consegnati all’Unità di crisi della Regione Puglia per la certificazione. Fuori dai confini nazionali, il gruppo francese Una rotta già tracciata dalla Cina dove, grazie agli incentivi del governo, numerosi stabilimenti hanno trasformato la loro produzione. Migliaia di aziende, tra cui grandi case automobilistiche come Byd e Gac, hanno creato nuove linee per la produzione di mascherine, tessuti filtranti e altro materiale. Purchè sia garantita la sicuerezza. Proprio in queste ore la Prefettura di Prato ha fatto sapere che le aziende del distretto tessile tra i più grandi d’Europa che hanno deciso di riconvertire la propria produzione in fabbricazione di mascherine e camici dovranno far validare i propri prodotti dall’Istituto Superiore di Sanità e all’Inail. «In seguito a segnalazioni pervenute a questa Prefettura - si legge nella nota - si comunica che nell’attuale momento di emergenza nazionale da Covid19, le aziende che operano in questo territorio provinciale e che hanno convertito la produzione tessile in quella di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari dovranno attenersi alle disposizioni di cui all’art.15 del decreto legge 17 marzo 2020». RIPRODUZIONE RISERVATA
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