Reddito di cittadinanza, picco da 10 miliardi. E saltano controlli sui furbetti

Reddito di cittadinanza, picco da 10 miliardi. E salta la stretta sui furbetti
di Francesco Bisozzi
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Giovedì 1 Ottobre 2020, 00:54 - Ultimo aggiornamento: 18:11

Cinquestelle per cambiare il prima possibile il reddito di cittadinanza. Al ministero dell’Economia girano le prime preoccupanti proiezioni sulla spesa per il sussidio nel 2021, da cui emerge che il reddito di cittadinanza potrebbe venire a costare circa 9,5 miliardi l’anno prossimo, sarebbe a dire 2 miliardi e mezzo in più del 2020, mentre il limite di spesa autorizzato per il 2021 è di 7,3 miliardi. La platea dei beneficiari continua infatti a crescere per effetto della crisi mentre i percettori che hanno trovato lavoro sono una piccola minoranza. 
 

Spesa boom per il reddito di cittadinanza


I TIMORI
In allarme il ministro Roberto Gualtieri, ma per ora i pentastellati non aprono ai correttivi proposti dagli alleati di governo. Il Pd chiede più controlli contro i furbetti, sanzioni severe per chi non accetta il lavoro, il progressivo depotenziamento dei navigator per mettere il turbo alle assunzioni dei percettori del sostegno. Linea condivisa anche da Palazzo Chigi. Obiettivo: migliorare la misura e abbatterne i costi. Ma i Cinquestelle non si fidano e temono che una volta tolti i primi mattoni al reddito di cittadinanza il lavoro di smantellamento proseguirà finché il sussidio non sparirà del tutto per lasciare spazio a un aiuto nuovo, con un nome differente e un’altra etichetta politica incollata sopra. 

La misura bandiera del M5S, che oggi accoglie 1,3 milioni di famiglie e tre milioni di beneficiari totali, tenuto conto anche dei percettori della pensione di cittadinanza, in un anno e mezzo di vita è già costata 9 miliardi di euro. Nel corso del 2020 il numero dei sussidiati non ha fatto che aumentare, spinto dai venti della pandemia, mentre quelli che hanno sottoscritto un contratto di lavoro nei primi diciotto mesi di vita del beneficio sono solo un quinto dei ritenuti occupabili, duecentomila su un milione di beneficiari attivabili. Di conseguenza anche la spesa per il reddito di cittadinanza si è ingrossata come un fiume in piena: a gennaio l’aiuto erodeva 532 milioni al mese, a giugno 624, ad agosto 651.

Per le ricariche di settembre, considerato che gli attuali 1,3 milione di nuclei beneficiari in media hanno diritto a 524 euro, la spesa sarà di circa 680 milioni di euro, contro i 440 milioni di un anno fa esatto. Ma se gli aventi diritto continueranno ad aumentare per effetto della crisi e il numero degli occupabili che trovano lavoro non decollerà allora secondo le stime dei tecnici del ministero dell’Economia entro gennaio le famiglie raggiunte dal sostegno saliranno a quota un milione e mezzo e la spesa mensile per alimentare la misura rasenterà gli 800 milioni di euro. Risultato? Il Mef teme che nel 2021 il reddito di cittadinanza eroda dai 9,4 miliardi di euro in sù, dunque almeno 2 miliardi in più del previsto. Chi ha ottenuto il sussidio a marzo 2019, una volta rinnovata la domanda a ottobre, potrà godere di altre diciotto mensilità di reddito di cittadinanza anche se nel primo anno e mezzo da sussidiato non ha cercato lavoro. A queste condizioni il numero dei percettori non può che proseguire a crescere.

La richiesta di una svolta in tempi rapidi è arrivata pure dal premier Giuseppe Conte che condivide le perplessità dei democrat sull’efficacia della misura. Non è solo una questione di costi sempre più elevati: il fenomeno dei furbetti del reddito di cittadinanza che lavorano in nero e gli scarsi risultati raggiunti da navigator e centri per l’impiego stanno rapidamente trasformando il sussidio da misura acchiappavoti a flop ammazza consenso. Per metterci una toppa si ragiona ora sulla possibilità d’introdurre controlli mirati nei confronti dei percettori del sussidio che non accettano il lavoro o non spendono per intero la somma depositata sulla card.


Per scovare i furbetti potrebbero essere dati più poteri ai Comuni che oggi eseguono verifiche relative alle informazioni contenute nell’Isee sul 5 per cento dei percettori residenti, mentre in futuro l’asticella potrebbe salire fino al 30 per cento. I Cinquestelle però fanno muro sui controlli e preferiscono spostare il discorso sugli sgravi per le imprese che assumono i beneficiari: sgravi che potrebbero essere estesi già dall’anno prossimo a tipologie di contratto diverse da quello a tempo pieno e indeterminato. Ma se continueranno a scarseggiare i beneficiari in condizione di essere assunti (500 mila percettori occupabili devono ancora firmare i patti per il lavoro) allora ampliare gli incentivi non servirà a molto. 
 

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