Reddito di cittadinanza cambierà cosi. «Via a chi ignora le offerte di lavoro per sms»

Reddito di cittadinanza cambierà cosi. «Via a chi ignora le offerte di lavoro per sms»
di Giusy Franzese
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Venerdì 13 Agosto 2021, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 16:09

Non rispondere a un sms o anche un messaggio attraverso WhatsApp del centro per l’impiego che comunica la disponibilità a un posto di lavoro per un beneficiario del reddito di cittadinanza, potrebbe essere considerato al pari di un rifiuto ad accettare l’offerta di lavoro. E come è noto, dopo tre no, il sussidio decade. Se poi si è già nel periodo di rinnovo del sussidio, addirittura basta un solo rifiuto non giustificato per perdere l’assegno. Dare valore legale anche alle comunicazioni di messaggistica informale: è questa una delle novità alle quali si sta lavorando per rendere effettiva la principale “condizionalità” prevista dalle legge sul reddito di cittadinanza, quella appunto di essere disponibili a lavorare nel caso arrivi un’offerta congrua.

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Cosa cambia

La parte più delicata della misura, finora di fatto inapplicata. Non solo perché con la crisi economica i posti di lavoro scarseggiano. Non solo perché i navigator con le limitazioni imposte per fronteggiare il Covid sono stati costretti a lavorare da casa, praticamente senza attrezzature dialoganti tra di loro. Non solo perché la “magica” piattaforma telematica promessa dall’ex capo dell’Anpal, Mimmo Parisi, non è mai stata realizzata. Non solo perché la stragrande maggioranza dei beneficiari del Reddito ha una formazione scarsa (il 72% si è fermato alla terza media) e quindi di difficile inserimento. C’è stato tutto questo finora a impedire l’efficacia della misura nella parte che prevede l’inserimento nel mondo del lavoro

Ma c’è anche altro: la difficoltà da parte degli operatori dei centri per l’impiego a comunicare la disponibilità di un posto di lavoro (o meglio di un colloquio da parte dell’imprenditore).

E soprattutto l’impossibilità a verificare se la mancata risposta da parte del beneficiario del Reddito è dovuta a disinteresse, oppure a problemi nella ricezione della comunicazione. Così da non poter applicare la parte della norma che prevede la revoca del sussidio nel caso di tre risposte negative.

 

La proposta delle Regioni

Da qui l’idea, avanzata dagli assessori regionali alle politiche del lavoro al ministro Orlando durante la riunione della settimana scorsa, di rendere legali le comunicazioni di messaggistica informale (sms, wa, mail) anche ai fini della mancata risposta. I tecnici del ministero e dell’Anpal ne stanno studiando la fattibilità a prova di futuri contenziosi da parte dei beneficiari. Per molti “furbetti”, che non aspirano per niente a svegliarsi la mattina per andare a lavorare, sarebbe la fine della cuccagna. Per chi invece vive il Reddito solo come un passaggio per ottenere un’occupazione, sarebbe un’opportunità in più.

D’altronde una soluzione simile è stata già adottata nell’accordo sottoscritto in Conferenza unificata il primo agosto 2019. Vale per l’accettazione da parte dei centri per l’impiego della richiesta di esonero proprio ai fini della sottoscrizione del patto per il lavoro e della disponibilità a lavorare e anche per le convocazioni. “Ai sensi dell’art. 4, co. 15-quinquies del d.l. n. 4/2019, la convocazione per la stipula del Patto per il lavoro dei beneficiari indicati ai co. 5 e 5-bis da parte dei centri per l’impiego, può essere effettuata anche con mezzi informali, quali messaggistica telefonica o posta elettronica, utilizzando i recapiti forniti dal richiedente ai centri per l’impiego in sede di rilascio della DID e nei successivi incontri” si stabilisce, ad esempio, in quell’accordo. 

Basterebbe quindi solo un piccolo passo in più: rendere legale quel tipo di comunicazione anche come “ricevuta” per le eventuali offerte di lavoro disponibili. Per cui, come detto, chi non risponde non può poi trovare la scusa che non ha avuto la comunicazione. E alla terza mancata risposta perderà il sussidio. La novità, vista la ripresa in corso, potrebbe davvero dare una svolta alla misura. Stanando i furbetti, ma anche semplificando e accelerando le procedure (pensiamo a quanto tempo si risparmierebbe rispetto a una raccomandata con ricevuta di ritorno) per chi davvero spera di ritornare a lavorare. 

Secondo gli ultimi dati forniti dall’Anpal (relativi al 30 giugno 2021) su un totale di 1.850.000 beneficiari del reddito di cittadinanza, circa un milione e 150.000 sono occupabili. Solo un terzo di questi però (392.000) ha sottoscritto il patto per il lavoro o dispone di un patto di servizio in corso di validità. Quanti sono quelli che hanno iniziato a lavorare invece il report non lo dice, si limita a indicare il numero dei tirocinanti: 3.727.

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