​Reddito di cittadinanza, al Nord solo il 25% ha trovato lavoro

Reddito di cittadinanza, al Nord solo il 25% ha trovato lavoro
di Francesco Bisozzi
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Mercoledì 2 Settembre 2020, 00:33 - Ultimo aggiornamento: 11:13

I beneficiari del reddito di cittadinanza che hanno stretto un rapporto di lavoro sono di più nel Mezzogiorno, 118 mila, contro i 30 mila delle regioni del centro Italia e i circa 48 mila che risiedono al Nord. È quanto emerge dai numeri di Anpal e ministero del Lavoro. In tutto sono 196 mila i percettori del sussidio che finora hanno firmato un contratto di lavoro, su poco più di un milione di persone ritenute in condizione di partecipare ai percorsi d’inserimento professionale promossi dai centri per l’impiego, ossia circa il 20 per cento dei potenziali occupabili. 

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I beneficiari del reddito di cittadinanza che invece hanno sottoscritto i patti per il lavoro, tappa fondamentale per iniziare a cercare un impiego, sono nel complesso 388.357.  In pratica il 60 per cento dei percettori che hanno trovato un’occupazione si trova nel Mezzogiorno, mentre al Nord la percentuale scende al 25 per cento e al 14 per cento nelle regioni centrali. 

Va anche detto però che al Sud e nelle isole, dove il sussidio è più diffuso, risiede un maggior numero di occupabili. Attualmente nel solo Mezzogiorno si contano circa 600 mila beneficiari del reddito di cittadinanza considerati attivabili, di cui più di 270 mila, praticamente la metà, risultano essere stati presi in carico dai navigator, mentre la platea dei lavoratori potenziali si restringe mano a mano che si sale lungo lo Stivale: al centro sono 110 mila, al nord arrivano a quota 170 mila. 

Tolti i minori, 705 mila, gli esonerati e le persone non in grado di lavorare, soggette perciò ai patti per l’inclusione sociale, oggi sono invece in tutto 875 mila gli assistiti tenuti a recarsi nei centri per l’impiego per sottoscrivere i patti per il lavoro, calcola l’Anpal. Intanto la misura bandiera dei Cinquestelle, nata per contrastare la povertà oltre che per combattere la disoccupazione, compie un anno e mezzo. Ma la cosiddetta fase due, caratterizzata appunto dalla presa in carico dei beneficiari da parte dei centri per l’impiego, oltre a essere partita con abbondante ritardo, ha dovuto fare i conti con il lockdown, la susseguente crisi del mercato del lavoro, che solo ora dà segnali di ripresa, la chiusura dei centri per l’impiego e il congelamento delle attività dei navigator. 

In compenso la spesa per il sussidio è continuata ad aumentare e quest’estate ha sforato la soglia dei 600 milioni di euro mensili. Si stima che il sostegno eroderà 7 miliardi di euro nel 2020.  Risultato? Un autunno di straordinari attende gli operatori dei centri per l’impiego, se si considera che 214 mila percettori del sussidio devono completare la procedura di presa in carico mentre sono ben 273 mila i beneficiari che ancora devono essere convocati nei centri per l’impiego. Anche in questo caso è al Nord che la macchina sta procedendo con più difficoltà. Appena il 30 per cento dei soggetti ai patti per il lavoro è stato preso in carico nelle regioni del Nord-ovest, il 44 per cento in quelle del Nord-est, il 39 per cento al centro, il 43 per cento al Sud e il 51 per cento nelle isole. 

La legge prevede che la card su cui viene erogato il beneficio venga definitivamente disattivata solo dopo tre convocazioni disertate senza una giustificazione valida: dopo la prima mancata presentazione il beneficio viene sospeso per un mese, al secondo no show la sanzione consiste nella perdita di due mensilità. La buona notizia però è che a luglio, quando sono stati siglati 19.300 patti per il lavoro, qualcosa si è mosso. Sempre nel mese di luglio sono stati convocati e intervistati nei centri per l’impiego 46 mila percettori del beneficio. Si tratta di segnali senz’altro positivi, ma la strada da fare per arrivare al traguardo è ancora molto lunga e il tempo stringe. Anche perché nel frattempo il coronavirus e la crisi economica che ne è conseguita hanno esteso la platea dei beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza: rispetto a gennaio le famiglie raggiunte sono 500 mila in più, in crescita del 19 per cento. 

I nuclei che hanno accesso al reddito di cittadinanza sono 1,1 milioni, per un totale di 2,9 milioni di persone. Di questo passo aumenterà inevitabilmente anche il numero degli occupabili da convocare e a cui bisognerà trovare un impiego attraverso piani e iniziative personalizzati ed è anche per questo che gli operatori dei centri per l’impiego devono sbrigarsi a smaltire il lavoro arretrato.
 

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