Reddito di cittadinanza, cosa succede ora? Visentin: «Gli occupati cresceranno ma serve più formazione»

Il presidente di Federmeccanica: il 70% delle nostre aziende non trova manodopera. «Per incrociare domanda e offerta di lavoro ora più collaborazione tra pubblico e privato»

Reddito di cittadinanza, cosa succede ora? Visentin: «Gli occupati cresceranno ma serve più formazione»
di Michele Di Branco
4 Minuti di Lettura
Domenica 12 Febbraio 2023, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 08:33

«Se i risultati sono questi, potrebbe significare che qualcosa si sta muovendo in senso positivo. Ora bisogna far partire una grande operazione di formazione dei lavoratori». Dal suo quartier generale di Bassano del Grappa, il presidente di Federmeccanica, Federico Visentin, invita istituzioni e politica ad unirsi alle imprese in un grande sforzo di sistema per sostenere la crescita dell’occupazione. 

Presidente Visentin, le statistiche indicano un netto calo delle domande per il Reddito di Cittadinanza: qual è la sua valutazione al riguardo? 
«È prematuro collegare la stretta al sussidio con il calo delle domande, è un elemento che verificheremo in estate ma è presumibile che al calo delle richieste corrisponda un aumento dell’occupazione, e questo è un bene per il Paese.

Tuttavia adesso arriva la parte più difficile». 

Cosa intende dire?
« Il 70 per cento delle aziende metalmeccaniche italiane cerca lavoratori senza riuscire a trovare figure adeguate. E non parlo solo di competenze avanzate quanto quelle tecniche di base, operai specializzati, in particolare». 

Perché queste difficoltà? 
«Qui siamo al punto centrale del problema: il Reddito di Cittadinanza ha giustamente offerto un paracadute a chi era inoccupabile ma ha fallito totalmente la sfida delle politiche attive del lavoro. I famosi navigator, da questo punto di vista, si sono rivelati il vuoto cosmico». 

Come si rimedia a questo problema? 
«È indispensabile che il governo favorisca una grande operazione di formazione, riconversione professionale e di incrocio tra domanda offerta. E nell’attesa che questo avvenga, noi ci siamo mossi da tempo».

A cosa si riferisce?
«Come Federmeccanica stiamo formando professionalità con la collaborazione dell’agenzia Umana creando le competenze che servono formando le persone inoccupate e disoccupate, ma da soli non possiamo risolvere il problema ovviamente. Serve una sempre maggiore collaborazione tra pubblico e privato, tra agenzie per il lavoro e agenzie per l’impiego».

Tornando al Reddito di cittadinanza, pensa che lo stop al sussidio per i lavoratori occupabili imprimerà una spinta all’occupazione nella seconda metà del 2023?
«Credo di sì ma spero che non dipenda da questo, sarebbe molto triste»

In che senso?
«Nel senso che voglio pensare che le persone abbiano il desiderio di realizzarsi attraverso il lavoro e che spingerle a impegnarsi solo sotto minaccia in quanto viene meno il sussidio sarebbe deprimente. Le politiche attive dovrebbero essere comunque collegate alle politiche industriali perché alle nuove competenze corrispondano nuovi lavori in nuove fabbriche»

I difensori del Reddito fanno osservare che in molti casi si rifiuta il posto perché i salari sono troppo bassi e che il sussidio avrebbe il merito di aver fatto emergere un problema. Cosa ne pensa? 
«Rispondo ricordando che il contratto dei metalmeccanici è tra i migliori dal punto di vista delle retribuzioni. Certo, sarebbe meglio poter fare di più ma questo dipende da vari fattori».

Quali sono nel settore metalmeccanico i comparti che si preparano ad assumere di più? 
«C’è un dato generale molto interessante: nel terzo trimestre le aziende che intendono assumere sono ancora più di quelle che prevedono una riduzione dell’occupazione. E per rispondere alla sua domanda, si registra grande effervescenza nell’automotive, per effetto della grande transizione verso i modelli elettrici».

A proposito di assunzioni e di salari, il governo ha confermato il taglio del cuneo fiscale, rafforzandolo per i redditi più bassi...
«Si deve fare di più. Serve un taglio sostanziale, i segnali non bastano più, occorrono misure che lascino il segno». 

Quale è il suo giudizio sulle prime mosse dell’esecutivo sul piano delle politiche industriali?
«Siamo solo alle prime battute, registriamo attenzione ma è presto per formulare un giudizio. Di certo noi abbiamo le idee chiare». 

Ovvero?
«Pensiamo che l’industria italiana possa crescere e reggere le sfide del futuro solo se le istituzioni politiche sapranno favorire le aggregazioni. Le grandi aziende, tradizionalmente, sono il motore di ricerca e innovazione. Inoltre dobbiamo aprirci di più al mercato asiatico». 

Il calo dei prezzi energetici sta aiutando il vostro settore?

«Sì, ma mi lasci dire che, su questo fronte, le speculazioni permangono: c’è chi ha aumentato fino a 5 volte i propri utili e questo non va bene».

© RIPRODUZIONE RISERVATA