Recovery, l'Unione europea in allarme sul piano italiano: «Bisogna accelerare»

Recovery, l'Unione europea in allarme sul piano italiano: «Ora bisogna accelerare»
di Antonio Pollio Salimbeni
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Domenica 17 Gennaio 2021, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 11:05

Accelerare è diventata la parola d’ordine in Europa. Dal via libera ad altri vaccini, quando possibile, alla campagna per usarli a ritmi forzati, al sostegno dei settori economici più colpiti dalla crisi, all’uso dei fondi europei che saranno raccolti prossimamente con la più grande operazione finanziaria targata UE, un prestito obbligazionario comune per 750 miliardi per sovvenzioni e prestiti anti crisi agli Stati. È una parola d’ordine che nel caso delle risorse di Next Generation EU (così è denominata l’operazione) suona più come un serrare le fila per esercitare pressione politica sui governi e rassicurare le opinioni pubbliche: tutti sanno che i primi fondi non potranno essere sborsati ai governi prima di giugno-luglio e, infatti, la stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen l’altro giorno ha indicato: «L’obiettivo è erogarli entro la fine della presidenza portoghese della Ue». Cioè fine giugno. Per l’Italia sono in ballo poco più di 27 miliardi: è la prima “tranche” pari al 13% dei 209 miliardi spettanti, il cosiddetto “pre finanziamento” che sarà dato una volta ottenuto il via libera al piano nazionale di ripresa e resilienza per investimenti e riforme. 

Pascal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo e ministro irlandese, ha spiegato che «è realmente importante che le risorse Ue comincino a sostenere l’economia entro quest’anno, dobbiamo vedere un impatto nel 2021».

Per questo si aspetta che i governi non usino solo le sovvenzioni ma anche i prestiti europei. Gli strumenti Ue a disposizione vanno usati: questo il messaggio. 

Sono diversi i motivi per cui si parla tanto di accelerazione: finora solo Italia e Cipro hanno ratificato l’aumento delle risorse proprie del bilancio dell’Unione che garantirà l’emissione obbligazionaria comune. L’impegno di tutti gli Stati è completare le ratifiche in fretta. Ad aprile la scadenza per consegnare a Bruxelles i piani di investimenti e riforme: scontato che prima arrivano meglio è. Il secondo motivo è legato al prolungarsi della crisi economica: si comincia a temere per la tenuta sociale in qualche Paese. Non se ne uscirà fino a quando non ci sarà l’immunizzazione di massa. La crisi di governo e politica in Italia si inserisce in tale contesto di incertezza estrema: da Bruxelles e da molte capitali si guarda agli sviluppi e agli avviluppi politici nazionali con crescente preoccupazione e allarme: si teme un lungo periodo di paralisi politica. Ma si teme anche una maggioranza di governo debole e frammentata che metterebbe a rischio l’operazione di Next Generation EU certamente in Italia ma con effetti “sistemici”: se l’Italia non crea nei prossimi mesi le basi per poter uscire dalla ventennale fase di crescita debole minerà la stabilità economica dell’intera area euro. È il lato B dell’interdipendenza tra le economie.

Non sono attese grandi decisioni dalla riunione dell’Eurogruppo domani per videoconferenza, tuttavia i ministri lanceranno alcuni messaggi. Il primo è che nel 2021 l’espansione fiscale resterà la bussola per tutti. Non daranno indicazioni per il 2022, ma si insiste molto sulla gradualità delle decisioni future. La prima lezione imparata dalla crisi finanziaria di dieci anni fa, ha recentemente indicato la capo economista dell’Ocse Laurence Boone «è assicurarsi che i governi non si irrigidiscano nell’anno o nei due anni successivi a quello in cui il Pil ha toccato il minimo». Ciò implica accettare che l’indebitamento pubblico aumenti fino a quando le economie non ritornano più vicino alla “normalità”. Dal documento che sarà sdoganato dai ministri finanziari emerge l’allarme per «l’aumento delle divergenze economiche nell’area euro che hanno un impatto su fiducia, investimenti e prospettive di crescita così come sulle disparità che preesistevano alla crisi ma che ora possono aggravarsi»: pesano dimensione dei settori più colpiti (turismo, viaggi, servizi di ricettività); le differenze di spazio di azione nei bilanci pubblici, che dipende dall’indebitamento pre Covid (sta peggio chi lo aveva già alto come l’Italia). Poi i rischi finanziari «in particolare per l’aumento del debito privato e pubblico» e anche per i bilanci delle banche a causa dell’aumento delle sofferenze.
 

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