Recovery Plan, Amendola: «Stop alle polemiche I soldi vanno investiti tutti entro il 2026»

Recovery Plan, Amendola: «Stop alle polemiche I soldi vanno investiti tutti entro il 2026»
di Marco Conti
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Martedì 22 Giugno 2021, 09:38 - Ultimo aggiornamento: 16:17

Onorevole Amendola, come sottosegretario agli Affari Europei sarà soddisfatto. Non è terminato il mese di giugno e arriva la prima tranche dei finanziamenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'Europa rispetta i patti e noi?
«Con l'ufficializzazione del via libera da parte della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si parte. Adesso serve però una svolta da parte nostra».


Ovvero?
«Uscire dalla declamazione, dal chiacchiericcio, dalle polemiche e lavorare per realizzare il Piano.

Il negoziato è andato bene, la presentazione è stata un successo, ora si parte, non ci sono più scuse o dibattiti da fare. Questo è il salto di qualità che serve all'Italia».


Su cosa occorre concentrarsi?
«Con il decreto semplificazioni diamo anche le procedure per il governo-esecutivo del Piano. Quello che serve è la velocità che ogni ministero, ogni amministrazione, centrale o locale, deve metterci nella realizzazione dei progetti. Non è più tempo di rilanci o declamazioni, si va alla fase esecutiva».


Altrimenti niente soldi
«L'arrivo della von der Leyen a Roma è un segnale positivo. L'arbitro oggi fischia l'inizio della partita, bisogna cominciare a giocare. Si devono rispettare i tempi e procedure su ogni opera da realizzare».


Dove siamo indietro? Sulle riforme che permetteranno l'attuazione dei progetti del Recovery o sulle opere?
«Tutto deve procedere parallelamente. Ovviamente le riforme devono passare per il Parlamento e tutte le proposte sono sui tavoli giusti. Per quanto riguarda le opere e i progetti concreti si devono seguire le procedure esecutive nei tempi. L'arrivo del 13% avvia la macchina ma noi già nei primi mesi del prossimo anno dovremmo passare il vaglio della Commissione sull'andamento della progettazione delle opere. L'impegnativa sarà nel 2022 e la spesa finale dovrà avvenire entro il 2026. Faccio presente che contemporaneamente partono anche i cento miliardi che dal bilancio europeo 2021-2027 arriveranno all'Italia. Anche per queste risorse i tempi devono essere veloci».


Vede i partiti ancora distratti?
«A differenza di un anno fa constato che tutti i partiti sono soddisfatti del Pnnr. Anche Giorgia Meloni ha fatto dichiarazioni di apertura al Next Generation Ue. L'auspicio è che le forze politiche ragionino con le filiere industriali, con gli attori sociali sui progetti invece di fare a gara sui social. Penso che questo, oggi, sia l'interesse nazionale. Se i partiti perdessero meno tempo su twitter e spiegassero al Paese ciò che succederà, sarebbe meglio per tutti».


Alcune riforme sono appena partite, come quella della pubblica amministrazione, altre, come la giustizia, è al palo. Colpa delle resistenze dei partiti?
«Il Parlamento è sovrano e se l'attenzione delle forze politiche si concentrerà su ciò che serve al Paese e che da anni si cerca di riformare, si potrà fare tutto velocemente e nei tempi. A volte la guerra di posizionamento impedisce di entrare nel vivo delle riforme. Giustizia e Pubblica Amministrazione non sono delle riforme imposte da Bruxelles ma sono delle riforme impellenti per il nostro Paese. Tutto dipende ora dalla volontà dei partiti di voler cambiare davvero il volto del Paese. E' per questo che è in gioco l'interesse nazionale e i partiti dovrebbero avvertire tale urgenza e non pensare solo a come presentarsi alle prossime elezioni».


Draghi ha incontrato la Cancelliera Merkel, nel fine settimana c'è il consiglio europeo, ma sul ricollocamento dei migranti la strada è ancora in salita
«L'Europa negli ultimi anni ha avuto due problemi per scarsa solidarietà. Uno era relativo alle politiche di austerity che abbiamo superato con il Recovery. Il secondo è sull'immigrazione che sarà all'ordine del giorno del prossimo consiglio».


Per ottenere cosa?
«La discussione sul tema non avveniva dal giugno del 2018. Su proposta italiana fatta a maggio si è rimesso all'ordine del giorno del Consiglio Ue. Parlare di immigrazione per due motivi: primo perchè la trattativa su come ridisegnare il trattato di Dublino va troppo a rilento. Inoltre vogliamo segnare una svolta sulle politiche di gestione dei flussi migratori che entrano a far parte della dimensione esterna dell'Unione. Ovvero ciò che accade nella rotta tra Libia e Italia non è un tema bilaterale, ma riguarda l'Unione che con le sue risorse, i suoi mezzi e i suoi accordi deve intervenire per gestire i flussi e le rotte di arrivo in Europa. Questo è quello che noi chiediamo. Su questo tema il governo si presenterà in Parlamento con una risoluzione unitaria già siglata da tutte le forze politiche di maggioranza che rappresenta una forte spinta al negoziato».

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