Recovery fund, Borgomeo: «Servono incentivi mirati per le imprese, solo così potrà ripartire il Mezzogiorno»

Recovery fund, Borgomeo: «Servono incentivi mirati per le imprese, solo così potrà ripartire il Mezzogiorno»
di Francesco Bisozzi
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Giovedì 6 Agosto 2020, 10:05
Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud, va dritto al punto: «Non bisogna ripetere gli errori del passato, quando i soldi per risollevare il Sud c'erano ma poi sono stati mal spesi. Ora servono riforme strutturali per abbattere gli sprechi e interventi di lungo respiro».
La riduzione del divario tra il Nord e il Sud ha carattere prioritario anche per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in occasione della cerimonia per i 50 anni delle Regioni ha chiesto di aumentare gli sforzi per eliminare il gap anti-crescita. Lo vuole pure l'Unione europea, che all'Italia ha detto di destinare una grossa dose dei soldi del Recovery Fund al Mezzogiorno. 
La questione meridionale è tornata centrale. Merito del Covid?
«Il Covid-19 ha avuto un effetto devastante al Nord sotto il profilo sanitario e violentissimo al Sud dal punto di vista sociale, dove la pandemia ha aggravato il livello di povertà di migliaia di famiglie e accresciuto il tasso di disoccupazione. Così il gap tra Nord e Sud è tornato prepotentemente sotto i riflettori, ma mi auguro che le luci non si spengano di botto quando arriverà il vaccino».
Del divario tra Nord e Sud ha parlato anche il presidente della Repubblica alla cerimonia per i 50 anni delle Regioni. Il ruolo di queste ultime va rivisto?
«Le Regioni anziché svolgere un ruolo programmatico come doveva essere ne hanno assunto uno più gestionale, invece di decidere quali interventi mettere in campo per favorire lo sviluppo dei territori hanno preso in carico quelli programmati a livello centrale. Quindi direi di sì».
Anche l'Ue ha chiesto all'Italia di aiutare il Sud con i soldi del Recovery Fund. È ottimista?
«Il ministro Giuseppe Provenzano sta lavorando affinché una quota importante degli aiuti dell'Ue arrivi al Sud, perché l'intero Paese ha interesse che il Mezzogiorno riparta. Perciò penso sia giusto garantire una quota del 34% al Meridione. Poi però queste risorse andranno ripartite con equilibrio per alimentare da un lato le misure di sostegno al reddito e finanziare dall'altro le riforme strutturali, senza le quali il Sud non può ripartire. I soldi del Recovery Fund possono curare i mali di un sistema sanitario spesso protagonista in passato di sprechi o favorire la messa in campo di nuovi strumenti di politica attiva per il lavoro».
A proposito di misure di sostegno al reddito e politiche attive per il lavoro, il reddito di cittadinanza, molto diffuso al Sud, oggi ha ancora un senso?
«Il problema del reddito di cittadinanza è che gli sono state due anime e un solo corpo che però non basta a contenerle entrambe. Una misura anti-povertà non può fare anche da trampolino verso il mondo professionale. Per combattere la disoccupazione vanno sofisticati i meccanismi per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e potenziate le misure di microcredito rivolte a chi vuole avviare un'attività propria». 
Dove bisogna intervenire per far ripartire il Sud dopo la pandemia?
«Bisogna investire nel sociale, precondizione dello sviluppo economico, intervenire sulla scuola, mettere la mobilità al centro, fare leva sulle specificità dei vari territori e consentire alle imprese di crescere, anche attraverso una fiscalità di vantaggio, a patto però di essere selettivi. Gli incentivi devono essere mirati».
In passato altri fiumi di denaro si sono prosciugati senza sortire effetto. Cosa bisogna fare per non ripetere gli stessi errori? 
«Negli ultimi anni, a dire il vero, il flusso dei finanziamenti si era già molto affievolito, ma il problema rimane. Adesso riparte la programmazione dei fondi europei per il prossimo sessennio, ma ancora nessuno si è seduto a un tavolo per tentare di capire come mai negli ultimi sei anni non sono state utilizzate tutte le risorse a disposizione. In settant'anni di politiche straordinarie per il Sud troppo spesso si è cercato di risolvere la questione meridionale con interventi frettolosi, anziché puntare su una programmazione di lungo termine». 

 
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