Baretta: «Ora il Mes non fa più paura, ha prevalso una nuova idea di Europa»

«Ha prevalso nuova idea di Europa. E il fondo salva-Stati non fa più paura»
di Luca Cifoni
4 Minuti di Lettura
Martedì 21 Luglio 2020, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 08:21

Una buona mediazione che conferma l’efficacia del lavoro del governo italiano in queste settimane di trattativa. E che mette il nostro Paese in condizioni di poter sfruttare tranquillamente anche il Mes. Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, è più che soddisfatto del risultato che si profila a Bruxelles, pur consapevole che in questi casi «bisogna sempre vedere bene la carte».

LEGGI ANCHE Recovery Fund, maratona di 4 giorni e 3 notti: l'ultimo vertice così lungo nel 2000

Nel compromesso che si sta delineando la dotazione complessiva del fondo resta a 750 miliardi, ma la parte destinata ai contributi a fondo perduto si riduce, dai 500 iniziali.
«In tutti i negoziati la parte quantitativa può essere modificata, è oggetto di tira e molla. Ma di fatto l’impianto dal quale si era partiti è confermato e questo è molto importante anche sul piano simbolico. Resta una forte componente a fondo perduto come era stato voluto all’inizio dalla Commissione. È stata una trattativa difficile, ma questo ce lo potevamo aspettare: alla fine anche i Paesi frugali, con tutta l’opposizione che hanno fatto e le concessioni che hanno ottenuto, devono prendere atto che non c’è alternativa a un nuovo modello di Europa. Quindi ora occorre insistere per arrivare ad una struttura politica diversa, basata più sulla Commissione, sul livello comunitario, e meno sui veti degli Stati membri. È un processo ormai ineludibile».

Il governo italiano può cantare vittoria?
«Diciamo che è stata premiata la scelta fatta in questi mesi, quella di andare al tavolo con determinazione e senza margini di ambiguità, portando agli interlocutori la posizione che veniva annunciata pubblicamente. C’è stata anche una buona capacità di leadership nel fare squadra con altri Paesi come la Spagna e la Francia. Si è rivelato utile il lavoro paziente di Conte che ha fatto il giro delle capitali per spiegare la posizione italiana».

E questo successo, se di successo si tratta, sarà apprezzato in patria anche dall’opinione pubblica sempre più scettica sull’Europa?
«Io credo che con il coronavirus gli italiani si siano resi conto che il contributo dell’Europa è utile. E il risultato appena ottenuto lo conferma, gli stessi partiti di opposizione ne dovranno prendere atto. Anche il Mes a questo punto mi sembra venga percepito come un’opportunità di sfruttare».

Quindi ora il governo può scegliere di utilizzarlo?
«In questo contesto direi proprio di sì. Si è capito che si tratta di uno strumento dentro ad un pacchetto complessivo, con i contributi a fondo perduto, i finanziamenti del fondo Sure per il lavoro. Non è più l’Italia che deve chiedere aiuto a tutti gli altri».

E i Paesi come l’Olanda che chiedono riforme in cambio dei sostegni?
«Le riforme non vanno viste come un obbligo imposto dall’esterno ma come qualcosa che serve a noi, per modernizzare il Paese. E la modernizzazione dobbiamo rivendicarla».

Ora però bisogna decidere come spendere quei soldi.
«Le prime indicazioni di massima le abbiamo già scritte nel Programma nazionale di riforma, ora si tratta di trasformare le linee generali in progetti operativi che possano essere accolti dalla commissione europea. La direzione è quella, investire nella transizione ecologica e digitale, recuperare la capacità produttiva di un Paese che comunque anche se vive una recessione più profonda degli altri resta una grande economia, la seconda manifattura d’Europa».

L’autunno non si presenta facile.
«È vero, abbiamo di fronte due grandi incognite: quella sanitaria, con il rischio di una ripresa dell’epidemia che richiede costante attenzione, e quella occupazionale. Se riusciamo a superarle il Recovery Fund diventerà una grande occasione per gli anni successivi».

Comunque ora serve il nuovo scostamento di bilancio, anche per rifinanziare gli ammortizzatori sociali. Lo chiederete presto?
«Sì. Senza entrare nel dettaglio delle cifre, la cassa integrazione e il sostegno ai Comuni sono le due voci principali del provvedimento che arriverà una volta che le Camere avranno approvato lo scostamento».

I nuovi fondi per la Cig saranno selettivi?
«Non siamo ancora fuori dalla crisi ma non siamo nemmeno ad aprile. E quindi nell’aiuto alle imprese un po’ di selettività ci dovrà essere, per concentrarci su quelle più in difficoltà. Il rifinanziamento della Cig poi ci permetterà di evitare perdite di posti di lavoro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA