Rapporto Censis: italiani spaventati e più "cattivi". Spariti 500mila posti di lavoro

Rapporto Censis: italiani spaventati e più "cattivi". Spariti 500mila posti di lavoro
di Valeria Arnaldi
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Venerdì 4 Dicembre 2020, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 11:11

«Una ruota quadrata che non gira». È l’immagine cupa di un sistema che «avanza a fatica» quella che emerge dal  54esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del nostro Paese. La pandemia ha fatto crescere la paura, diminuire la fiducia nel domani e ci ha reso più poveri. Forse pure emotivamente. Dati alla mano, a comporsi è il ritratto di un’Italia in difficoltà, certo, e spaventata,  ma anche più “cattiva”. Gli italiani hanno accettato di rinunciare a parte dei propri diritti civili - «meglio sudditi che morti», la filosofia evidenziata dal Rapporto - ma hanno chiesto pene decisamente più severe per i comportamenti scorretti.

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INASPRIMENTO DELLE PENE

Il 38,5% dei connazionali si è rivelato pronto, in nome di un maggiore benessere economico, ad accettare limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni. È stata una percentuale decisamente superiore però a chiedere di inasprire le pene.  Il 77,1% le ha chieste più severe per chi non indossa le mascherine di protezione, non rispetta il distanziamento o i divieti di assembramento. Per 76,9%, è giusto che quanti nell’emergenza hanno sbagliato, tra politici, dirigenti sanitari e via dicendo, paghi per quegli errori. Più della metà degli italiani - il 56,6% - chiede il carcere per i contagiati che non rispettano in modo rigoroso le regole della quarantena. Il 31,2% vuole addirittura che quanti hanno adottato comportamenti irresponsabili e per questo si sono ammalati, non vengano curati o comunque lo siano dopo gli altri.

L’“ordine” di cura diventa questione di dibattito. E di scontro, anche tra generazioni. Secondo il 49,3% dei giovani è giusto che gli anziani siano assistiti soltanto dopo di loro.

PENA DI MORTE

Il desiderio di misure rigorose muta lo sguardo sul mondo. E sull’Altro. Il 43,7% degli italiani è favorevole all’introduzione della pena di morte nel nostro ordinamento giuridico. E la percentuale sale addirittura al 44,7% tra i giovani.

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IL POSTO FISSO

È la paura a dettare le nuove regole sociali. L’epidemia intimorisce, ma lo fa anche, in generale, il domani. Cosa ci sarà “dopo” spaventa tanti. Il sentimento dominante, per il 73,4% degli italiani, è proprio la paura dell’ignoto. Economia e occupazione sono temi - e interrogativi - portanti. Anche qui, a dare la misura del momento sono i numeri. La società italiana, per l’85,8% , si è rivelata spaccata in due, tra “garantiti” - al primo posto, 3,2 milioni di dipendenti pubblici, poi 16 milioni di percettori di pensione - e “non garantiti”, tra chi ha il posto fisso e dunque la certezza del futuro e chi, invece, non ce l’ha. E attenzione, il capitolo dei non garantiti e dei vulnerabili è decisamente ampio e articolato. Lo spettro della disoccuparne aleggia sul settore privato. Il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese - il 28,6% nelle grandi aziende - vive con insicurezza il proprio lavoro. Tra i più “vulnerabili”, dipendenti del settore privato a tempo determinato e partite Iva. Pressoché scomparsi i lavoratori in nero, sono emerse invece nuove - inaspettate - figure “deboli”: commercianti, artigiani, professionisti rimasti senza incassi e fatturati. È appena il 23% dei lavoratori autonomi ad aver percepito i medesimi redditi del periodo pre-Covid. E quest’ultimo capitolo incide anche, in modo evidente, sulla percezione del domani. Solo il 13% ritiene che sia ancora un’opportunità avviare un’attività o uno studio professionale in Italia, Paese dell’autoimprenditorialità. Per quasi il 40% farlo oggi è un azzardo.

BONUS

L’ansia per il futuro muta pure lo sguardo sulla bonus economy - sono in media duemila a testa gli euro dati a un quarto della popolazione - valutata molto positivamente dall’83,9% dei giovani, ben più del 65,7% degli anziani, che la guardano con maggior timore come meccanismo che può generare dipendenza (25,1%) e rischia di mandare fuori controllo il debito pubblico (18,1%). Al di là di tutto, solo per il 17,6% dei titolari di impresa le misure di sostegno saranno sufficienti a contrastare le conseguenze economiche dell’emergenza.

LIQUIDITÀ

Non stupisce che, nel pieno della pandemia,  nel secondo trimestre, il Pil sia franato del 18% in termini reali rispetto all’anno scorso. Sono calati i consumi delle famiglie (-19,2%), gli investimenti (-22,9%), l’export (-31,5%). La liquidità delle famiglie a giugno 2020 è aumentata del 3,9% rispetto a dicembre 2019. Crollate le risorse dedicate ad azioni, obbligazioni, fondi comuni. La corsa alla liquidità nasce da un timore diffuso e concreto. Il 75,4% giudica insufficienti o tardivi gli aiuti dello Stato. Dunque, si cerca “riparo” in un aumento di liquidi.

OCCUPAZIONE

Preoccupano i risparmi e lo fa anche il lavoro. I più colpiti sono giovani e donne: 457mila i posti di lavoro persi nel terzo trimestre rispetto allo scorso anno. Sono 654mila i lavoratori indipendenti o con contratto a tempo determinato rimasti senza impiego. Le donne sono le più svantaggiate. Il tasso di occupazione maschile, nel secondo trimestre, era del 66,6%, con un divario di oltre 18 punti a sfavore delle donne. Nella fascia 15-34 anni solo 32 donne su 100 sono occupate o in cerca di una occupazione, in quella 25-49 anni il tasso di occupazione è del 71,9% tra quelle senza figli e del 53,4% tra quelle con figli in età pre-scolare.

Colpite anche le libere professioni: poco meno di 4 milioni di lavoratori indipendenti ha avuto accesso all’indennità di 600 euro. E tre quarti di commercianti, artigiani, coltivatori diretti e figure impegnate nelle attività agricole ha avuto una compensazione della perdita di reddito nel corso dell’emergenza.

Nelle libere professioni e tra gli iscritti alla gestione separata Inps – circa 2,5 milioni in totale – un milione è stato beneficiario dell’indennità di 600 euro. Ossia, il 38% degli iscritti alle Casse e il 42% degli iscritti alla gestione separata Inps. Il 90,2% degli italiani ritiene che emergenza e lockdown abbiano danneggiato maggiormente i più vulnerabili e ampliato le disuguaglianze sociali. A percepire un reddito superiore ai 300mila euro l’anno è appena lo 0,1% dei dichiaranti. Ad avere più di un milione di dollari (circa 840mila euro) è il 3% degli italiani adulti, che possiede il 34% della ricchezza del Paese.

NATALE

Inevitabile che tali sentimenti influiscano sulla percezione delle feste. Il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Il 54,6% spenderà di meno per i regali, il 59,6% per il cenone dell’ultimo dell’anno. Per il 61,6% la festa di Capodanno sarà triste.

NUOVE ABITUDINI

Mutano intanto le abitudini. E le priorità. Dopo anni di tagli alla spesa pubblica, nuove risorse - e quindi opportunità - interessano il sistema sanitario. Problematica la questione scuola. Appena l’11,2% dei dirigenti scolastici intervistati dice di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Nel 18% degli istituti ad aprile mancava più del 10% degli studenti. Il 53,6% dei presidi sostiene che con la didattica a distanza non si riesce a coinvolgere pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali. Difficoltà anche per gli studenti non italiani, specie le prime generazioni, e per gli alunni con disabilità o con disturbi dell’apprendimento. È aumentato l’uso della Rete: quasi 43 milioni di persone maggiorenni sono rimaste in contatto con amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che utilizzano internet. Il digitale però, a lungo andare, ha stancato un quarto della popolazione, giovani inclusi. Cambia anche il modo di guardare alle vacanze, con il ritorno di seconde case e turismo di prossimità. Secondo una indagine del Censis, il 24% degli italiani ha almeno un’altra abitazione in un Comune diverso da quello di residenza. Le famiglie sono circa il 18%: il 34% dichiara di averne fatto un uso maggiore che nel passato.

E DOMANI?

Il sentimento generale è di sfiducia. Solo il 28% degli italiani nutre fiducia nelle istituzioni comunitarie. La media Ue è del 43%. Il 58% è insoddisfatto delle misure adottate a livello comunitario per contrastare la crisi del Covid-19. La media europea è del 44%.

Ed è addirittura il 44,8% degli italiani ad essere convinto che non andrà tutto bene, anzi, usciremo dalla pandemia peggiori di prima. Soltanto il 20,5% pensa che l’esperienza ci renderà migliori.

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