Prezzi, Italia più cara in Europa: conto salato per energia, carburanti e alimentari. Rincaro record per il riso

A pesare soprattutto la dipendenza dal gas per la produzione elettrica

Italia più cara in Europa: conto salato per energia, carburanti e alimentari
di Luca Cifoni
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Sabato 14 Gennaio 2023, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 11:08

Uno scarto che si allarga e diventa preoccupante. Si parla dell'inflazione italiana rispetto a quella europea: come ribadito dall'Istat nella sua Nota mensile resa nota ieri «il differenziale con l'area euro si è ampliato ulteriormente, superando i 3 punti percentuali, per effetto della maggiore crescita in Italia dei listini dei beni energetici e degli alimentari». L'indice in questione è quello armonizzato europeo, l'Ipca, leggermente diverso da quello standard calcolato a livello nazionale dall'istituto di statistica (ad esempio tiene conto dei saldi). Ebbene, a dicembre nel nostro Paese l'Ipca ha avuto una variazione annuale del 12,3: dato che si confronta con il 9,2 medio di Eurolandia ma anche con il 6,7 della Francia e il 5,6 della Spagna. Mentre la Germania si colloca al 9,6%.

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L'AGGREGATO
L'energia è sicuramente l'aggregato più rilevante per spiegare questo divario.

Un divario che esiste sia in termini di livelli dei prezzi (anche quelli precedenti all'attuale fase di crisi) sia in termini di variazioni verso l'alto, che negli ultimi mesi sono state decisamente più brusche da noi. Complessivamente, i beni che fanno riferimento a questa macro-voce hanno fatto segnare in Italia una crescita del 65 per cento, contro il 25 circa dell'area dell'euro e il 15 della Francia. Sui singoli capitoli dell'indice generale i dati Eurostat arrivano al momento non a dicembre ma a novembre: in quel mese comunque le spese relative alla casa, che comprendono le utenze domestiche come elettricità e gas, evidenziavano un incremento del 56 per cento, ben più vistoso del circa 20 rilevato a livello continentale. La Spagna nello stesso periodo ha fatto segnare una variazione praticamente nulla. Scendendo ancora più nel dettaglio c'è la voce gas elettricità ed altri combustibili che vede un balzo del 130 per cento sempre su base annuale, mentre la media degli altri arriva a un pur significativo +50.


Meno appariscenti le differenze sugli alimentari, ma ci sono singoli beni che attirano l'attenzione. Ad esempio il riso che ha avuto in Italia un incremento intorno al 35 per cento, più pronunciato del +23 europeo.
Insomma il nostro Paese che per problemi strutturali e scelte non oculate del passato pagava già in precedenza l'energia a prezzi più alti (compresi i carburanti su cui però incide pesantemente la componente fiscale) si è visto penalizzato anche nella fase in cui le quotazioni sono schizzate verso l'alto. Gli svantaggi rispetto ad altri Stati europei sono noti. La Francia dispone dell'energia nucleare che pur con i recenti problemi di gestione relativi alle vecchie centrali le ha permesso di tenere sotto controllo la voce elettricità. La Spagna, che ha canali di approvvigionamento diversi, ha potuto applicare una sorta di tetto interno alle variazioni di prezzo. La Germania è insieme all'Italia il Paese più danneggiato dalla scelta di legarsi all'importazione di gas e in particolare di quello proveniente dalla Russia: tuttavia, anche grazie ai progressi nell'installazione di impianti da energia rinnovabile, utilizza in misura molto minore il gas per la produzione di energia elettrica.

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IL SEGNALE
E paradossalmente proprio il settore energia è alla base del dato - comunque non favorevole - diffuso ieri sempre dall'Istat e relativo alla produzione industriale. A novembre per il terzo mese consecutivo l'indice evidenzia un segno negativo, che si ferma a -0,3% rispetto ad ottobre e si allarga a -3,7% su base annuale. Un segnale tutt'altro che incoraggiante che rende più probabile una recessione a cavallo tra 2022 e 2023. Il dato è peggiore delle attese degli analisti ma secondo gli economisti di Intesa Sanpaolo va collegato soprattutto al comparto energetico, nel quale la produzione è diminuita del 4,5 per cento su base mensile e del 16,2 rispetto a dodici mesi prima. Gli sforzi per il risparmio energetico e le temperature miti, superiori alla media stagionale, sono con tutta probabilità alla base della riduzione della domanda.
La crescita media per il 2022 del prodotto interno lordo dovrebbe restare poco al di sotto del 4 per cento, ma la frenata in corso è già forte. Naturalmente l'andamento dell'economia è condizionato a sua volta dalla crisi energetica e dall'evoluzione della situazione internazionale, per cui restano ampi margini di incertezza.
 

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