Matteo Del Fante: «Polis sola via per la modernità così cancelleremo le distanze»

L’amministratore delegato del gruppo: «Siamo in grado di ridurre il digital divide»

Matteo Del Fante: «Polis sola via per la modernità così cancelleremo le distanze»
di Osvaldo De Paolini
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Martedì 31 Gennaio 2023, 00:19

Matteo Del Fante, annunciando Polis lei ha posto le basi per una vera rivoluzione nel Paese, visto che il progetto tocca il 90% dei Comuni italiani. Basterà a cambiare il rapporto tra cittadini e Pa?

«Una premessa. Il mondo si sta digitalizzando, c’è una rivoluzione in atto, ma è anche vero che non è per tutti: il digital divide è purtroppo una realtà ancora estesa. Ebbene, per ridurre questo gap si può ricorrere anche a servizi proposti da entità private, che possono avere successo oppure no. Ma se lo Stato deve raggiungere tutti, ed è lo scopo di Polis, l’ottica cambia radicalmente perché come Stato non ti puoi permettere di lasciare indietro nessuno. Quindi devi avere un soggetto che ti consenta di raggiungere fisicamente tutti. E questo soggetto non può che essere Poste Italiane, perché richiede una interazione fisica che altri non sono in grado di offrire. Noi abbiamo 6.000 persone che lavorano nei nostri call center, è fatale che si passi da noi se si vuole davvero modernizzare il Paese».

Lei crede davvero che ciò porterà a un cambio radicale nei rapporti cittadino-Pa?

«Sicuramente, oggi abbiamo fatto toccare con mano agli oltre 5.000 sindaci presenti e ai rappresentanti delle nostre istituzioni come funzionerà concretamente Polis. E i riscontri sono stati di grande approvazione. Credo proprio che riusciremo a cambierà molte cose».

Lei ha anche parlato di perfetto esempio di sinergia pubblico-privati. La combinazione però non sempre funziona.

«Funzionerà, perché Poste è a controllo pubblico ma anche privato, visto che è quotata in Borsa e ha nel capitale non pochi soci privati. Tanto è vero che pur assolvendo a una importante funzione pubblica, riesce a raggiungere obiettivi di conto economico soddisfacenti. Questa è la nostra cifra, che ci consente di dimostrare che i due obiettivi non sono in contraddizione: si può fare bene il servizio pubblico che ci assegna lo Stato e dare a un tempo soddisfazione ai soci privati».

Leggendo i bilanci di Poste, Polis sembra la naturale evoluzione del gruppo diventato sempre più un’azienda-piattaforma. Ma mettere a disposizione i vostri canali fisico-digitali per fornire il numero più elevato di servizi Pa comporta anche responsabilità...

«Poste ha costruito la sua storia su tre principali prodotti: il risparmio postale, che oggi cuba 340 miliardi di euro di risparmi di 27 milioni di italiani; quindi la consegna della corrispondenza; infine, i pagamenti.

Purtroppo il secondo e il terzo prodotto, specialmente il secondo, stanno vivendo un percorso di riduzione dei volumi un po’ in tutto il mondo per l’avanzare della tecnologia. Dunque, se non fossimo stati lungimiranti puntando sul nuovo, oggi avremmo seri problemi di mantenimento dell’occupazione. Invece, accompagnando le nuove attività con massicci corsi di formazione (6 milioni di ore l’anno, ndr), siamo riusciti a centrare il duplice obiettivo di offrire sempre nuovi servizi e di mantenere l’occupazione a livelli massimi. Basti dire che dal 2017 Poste ha assunto 26.000 persone dal mercato e oggi il 13 per cento dei nostri dipendenti ha meno di trent’anni».

Come azienda del sistema-Paese, penso al vostro ruolo nella campagna di vaccinazioni o nella diffusione dello Spid. Ma con Polis siamo di fronte a qualcosa di molto più grande. Quali sono le criticità burocratiche che potreste incontrare nel completamento del progetto?

«Non credo avremo criticità. La tabella di marcia sull’utilizzo dei fondi del Pnrr è molto precisa. Le risorse servono per mettere a disposizione un servizio che deve essere erogato. E al nostro interno siamo già pronti. Non sfugga che durante la pandemia abbiamo costruito una piattaforma vaccinale che è stata utilizzata da nove regioni e che ha interessato un terzo degli italiani. Poi contiamo sul supporto, che darei per scontato, delle amministrazioni sul territorio. Perché i primi beneficiari di questi nuovi servizi sono ovviamente i cittadini e coloro che li rappresentano, vale a dire i 7.000 sindaci di altrettanti comuni italiani».

Abbiamo parlato dell’anima sociale di Poste. Quanto è complicato conciliarla con quella di mercato e con gli obiettivi di business?

«È stata la grande sfida degli ultimi cinque anni riuscire a conciliare queste due situazioni. In passato, seppure in un percorso di diversificazione dei prodotti che l’azienda offriva ai propri clienti, Poste aveva progressivamente ridotto la sua presenza sul territorio chiudendo uffici postali e Postamat. La nostra scommessa di dire non chiudo più, anzi torno sul territorio con nuove presenze, soprattutto di Postamat, alla fine ha pagato. Quindi, col senno di poi possiamo dire che la sfida la stiamo vincendo anche se la partita non è finita»

Non deve però essere facile conciliare conto economico e servizio sociale.

«Non lo è, perché talvolta i conti o le valutazioni di brevissimo termine ti porterebbero a prendere decisioni che invece una valutazione più ampia di medio lungo periodo ti sconsiglierebbero. Quanto a Poste, dico un numero per tutti: abbiamo dato agli investitori una indicazione per il 2022 di un margine operativo di 2,3 miliardi. Cinque anni fa questa voce recava 1,1 miliardi, quindi abbiamo più che raddoppiato il margine prodotto dall’azienda».

Un trend decisamente apprezzabile, ma il 2023 si presenta con non poche nubi. Riuscirete a mantenere il ritmo di crescita?

«Dei quattro segmenti operativi, solo la corrispondenza e la consegna dei pacchi potrebbero avere un rallentamento, sebbene io resti moderatamente ottimista. Per quanto riguarda i servizi assicurativi e la divisione dei finanziari i ritorni sono in crescita significativa. A proposito di portafoglio mi fa piacere ricordare che il Gruppo Poste è il primo detentore di titoli di Stato italiani. Ma è Postepay che oggi dà i segnali più dinamici».

Come si inserisce nel vostro business l’acquisizione della Lis con i suoi 54mila punti vendita in tutto il Paese?

«Si inserisce nella nostra strategia di mantenere una presenza di prossimità con i nostri clienti, quindi con l’obiettivo di trasformare gradualmente Poste nella società-piattaforma che anzitutto va incontro alle esigenze dei clienti».

Un’offerta sempre più ampia, dalle assicurazioni ai pagamenti fino alla fibra. Poi l’ingresso nel mercato luce e gas e ora anche i servizi della Pa. Una distanza siderale vi separa dalla mission originale, quale sarà la prossima tappa?

«Dal punto di vista dei prodotti non ci sono altri progetti allo studio. Ora si tratta di fare sempre meglio quello che già facciamo. Questo vuol dire fondamentalmente una cosa: fare in modo che i nostri clienti siano sempre più contenti, e sul punto vogliamo essere veramente maniacali. Questo è il vero obiettivo del management di Poste Italiane e dei suoi 120mila dipendenti».

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