Pil meglio delle attese: riparte l'occupazione, ma soffrono i giovani

Pil meglio delle attese riparte l'occupazione ma soffrono i giovani
di Luca Cifoni
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Mercoledì 2 Giugno 2021, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 10:27

Benino e comunque meglio delle attese l’economia, segnali contrastanti ma con qualche spunto positivo dal mercato del lavoro. I dati diffusi ieri dall’Istat fotografano una fase recente ma un po’ diversa da quella attuale: a marzo-aprile la pressione dell’epidemia era più forte e le attività economiche erano condizionate da vincoli più stringenti in tema di chiusure. I numeri più recenti sono quelli dell’occupazione che si riferiscono al mese di aprile: è proseguito il graduale incremento del numero degli occupati, cresciuti di 20 mila unità rispetto al mese di marzo. Un andamento che però risulta molto diversificato tra uomini e donne (per i primi c’è un calo di 35 mila, per le seconde un aumento di 55 mila) e caratterizzato sostanzialmente da un forte recupero dei contratti a termine ai danni di quelli a tempo indeterminato. Per i lavoratori autonomi prosegue invece la tendenza negativa, con un’ulteriore perdita di 30 mila unità. Contemporaneamente è aumentato il numero dei disoccupati, in corrispondenza di un calo di quello degli inattivi, ovvero sostanzialmente le persone che non cercano lavoro. Tutti fattori che sembrano descrivere una transizione ancora molto faticosa dopo l’emorragia di posti indotta dal Covid. Rimane comunque difficile la situazione dei giovani, insieme alle donne tradizionale punto di debolezza del mercato del lavoro italiano.

Le differenze

Se si guarda al livello di aprile rispetto a quello di tre mesi prima, l’incremento complessivo è di circa 120 mila unità.

Voltandosi ancora più indietro, c’è però il baratro scavato dalla prima ondata della pandemia: rispetto al mese di febbraio dello scorso anno - nonostante i recenti guadagni - il numero complessivo degli occupati resta inferiore di oltre 800 mila unità. Il tasso di occupazione complessivo resta al 56,9 per cento, ai minimi in Europa, mentre il tasso di disoccupazione risale di tre decimi dal mese di marzo portandosi al 10,7. Il valore di quest’ultimo indicatore è naturalmente molto più alto per la fascia di età 15-24 anni (33,7 per cento) ed anche per quella che va dai 25 ai 34 anni (15,8). Risulta invece più basso per le successive fasce di età ed in particolare per quella degli ultracinquantenni, nella quale la partecipazione al lavoro è minore per l’incidenza di coloro che sono già in pensione. Insomma, quella in corso è una fase di ripartenza del mercato del lavoro, ma ancora con molte caratteristiche di debolezza: crescono i contratti a tempo determinato, quindi ancora precari, perché le prospettive restano incerte. La presenza femminile aumenta perché una parte delle lavoratrici penalizzate dalla pandemia (per la caduta dell’occupazione ma anche per le esigenze domestiche del lockdown) torna a riaffacciarsi all’attività e questo contribuisce a far crescere il tasso di disoccupazione, perché le stesse persone in precedenza risultavano inattive.

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In movimento

E tuttavia, l’economia italiana è in movimento già dai primi mesi dell’anno. Ieri l’istituto di statistica ha sensibilmente rivisto il dato preliminare relativo al prodotto interno lordo del periodo gennaio-marzo. La stima provvisoria rilasciata a fine aprile parlava di una contrazione dello 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente e dell’1,4 rispetto ad un anno prima. Ora invece i dati consolidati indicano addirittura una lieve crescita congiunturale (+0,1%) e una caduta tendenziale più contenuta (-0,8%). Mentre i consumi fanno segnare ancora una tendenza negativa, la spinta arriva dagli investimenti fissi lordi cresciuti del 3,7 per cento. Il dinamismo delle imprese sul fronte degli investimenti era stato segnalato lunedì anche dal governatore della Banca d’Italia Visco nelle sue Considerazioni finali. Quanto ai macrosettori, è ancora stagnante quello dei servizi mentre evidenziano una buona crescita sia l’agricoltura che l’industria. L’Istat segnala che la variazione acquisita per quest’anno è pari al 2,6 per cento. Vuol dire che questo sarebbe il risultato finale se nei successivi tre trimestri l’incremento fosse pari a zero. Un’ipotesi chiaramente poco realistica visto che al contrario è attesa per il periodo tuttora in corso e per quelli successivi un’accelerazione dell’economia, spinta dal graduale rientro dei vincoli alle aperture delle attività e alla circolazione in generale. Per l’intero 2021 l’aumento medio del Pil dovrebbe essere superiore al 4 per cento: una valutazione condivisa dal governo e dalle principali organizzazioni italiane e internazionali, compresa la Banca d’Italia che fra una decina di giorni farà conoscere la propria stima puntuale. 

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