Alitalia, c’è la newco: ma sui nuovi vertici è lite Pd-Cinquestelle

Operazione Alitalia, oltre 100 aerei e 3 miliardi in dote: resta lo scoglio dei 2 mila esuberi
di Alberto Gentili e Umberto Mancini
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Mercoledì 17 Giugno 2020, 00:44 - Ultimo aggiornamento: 01:10

«Per Alitalia nascerà una newco, una nuova società che non sarà un carrozzone di Stato». Giuseppe Conte, a margine degli Stati generali dell’economia, annuncia la svolta per la compagnia di bandiera dopo mesi di rinvii. Ma da ciò che filtra, la partita è tutt’altro che chiusa: 5Stelle e Pd già bisticciano sulla governance, con i grillini che cercano di stoppare la nomina ad amministratore delegato di Fabio Lazzarini, portato dai dem.
Il punto sul dossier Alitalia, per la cui resurrezione e nazionalizzazione il governo ha stanziato 3 miliardi di euro, è stato fatto a metà pomeriggio nel Casino del Bel Respiro da Conte e i ministri competenti: Paola De Micheli (Trasporti), Roberto Gualtieri (Economia) Stefano Patuanelli (Sviluppo) Nellaa breve riunione la de Micheli ha presentato il suo piano di rilancio dove non è previsto un settore dedicato al low cost.

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Altri dettagli, a parte la lite sulla governance da cui Italia Viva è tenuta fuori («si azzuffano, sono affamati di nomine», dice un esponente renziano), per ora non ce ne sono. Ma Conte si vende già la svolta: «Abbiamo un progetto, nascerà una newco, una nuova società che non sarà un carrozzone di Stato, ma un nuovo soggetto che dovrà riuscire a interpretare quello che è lo spazio di mercato attualmente disponibile, sia in Italia che per quanto riguarda le tratte internazionali». «Io l’ho sempre detto», rivendica il premier in un’intervista a Fanpage, «dobbiamo cercare di presidiare questo spazio di mercato perché è importante avere un vettore, non tanto per una questione di bandiera, ma perché nella logica dell’interconnessione dei trasporti è fondamentale. La nostra visione di Paese si basa sull’integrazione dei sistemi di trasporto, nei collegamenti con i porti, passaggio fondamentale per rendere più efficiente l’utilizzo delle infrastrutture».

L’accelerazione su Alitalia, dopo mesi di rinvii, è la risposta di Conte alle sollecitazioni di Nicola Zingaretti. Nei giorni scorsi, chiedendo «concretezza» e una «svolta» nell’azione del governo, il segretario dem aveva messo a verbale: «La cosa che mi preoccupa di più è l’impasse e l’incapacità di risolvere crisi industriali come quelle dell’ex Ilva, Autostrade e Alitalia. Sembrano finite in una palude e non se ne vede la via di uscita». Ma ora, dopo l’annuncio sulla compagnia di bandiera, dal quartier generale dem del Nazareno fanno sapere che «i rapporti tra Conte e Zingaretti sono ottimi, i due si sentono molto spesso».

IL NODO AUTOSTRADE
Sarà anche per questo che Conte, sempre ieri, ha schiacciato il pedale dell’acceleratore anche sulla questione di Autostrade per l’Italia (Aspi). In un senso però gradito ai 5Stelle e inviso alla linea indicata dal Pd, contrario alla revoca della concessione: «Basta tentennamenti», ha affermato il premier, «ho già detto ai ministri competenti che bisogna chiudere il dossier il prima possibile, perché ce lo stiamo trascinando da un po’ di tempo ed è un’incertezza che deve avere termine». Nello specifico, aggiunge il no definitivo alla proposta fatta da Aspi, ovvero un piano di circa 2,9 miliardi di euro, tra sconti tariffari e “contributi” allo sviluppo di infrastrutture: «La proposta transattiva di Autostrade per l’Italia non è accettabile da parte del governo. A questo punto il dossier va chiuso».

LA FRENATA DEM
Una posizione che incontra la freddezza del Pd, dove si accenna a un’altra proposta ricevuta da Aspi. E dove si lavora - come dimostrano le parole della De Micheli: «Al tavolo presenterò le opzioni possibili» - ancora a un cambio azionario che porterebbe, con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti e del fondo F2i, la famiglia Benetton in minoranza: un modo per dare ai 5Stelle lo “scalpo” di chi ritengono responsabile del crollo del Ponte Morandi e per incassare la revisione della concessione con un taglio dei pedaggi tra i 5 e il 10%. La revoca, invece, potrebbe essere utilizzata da Conte per far poi ingoiare ai grillini il “sì” al Fondo salva Stati (Mes).
 

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