Petrolio, pressing Usa sulla Ue: «Fissiamo un tetto al prezzo». Nuove sanzioni anche sull'oro

Biden spinge per cambiare le sanzioni contro la Russia. Draghi cerca una sponda sul gas, Scholz frena: misure poco efficaci

Petrolio, pressing Usa sulla Ue: «Fissiamo un tetto al prezzo»
di Francesco Malfetano e Gabriele Rosana
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Domenica 26 Giugno 2022, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 17:42

«Il price cap è una misura che suggerisce chiunque». Mario Draghi non ci pensa proprio a mollare. Al netto del muro alzato a Bruxelles dall’Olanda, il premier oggi al G7 tornerà alla carica. E così durante il vertice di Elmau, tra le alpi bavaresi, porterà anche sul tavolo dei grandi della terra il tema del tetto al prezzo del gas importato via tubo dalla Russia. L’idea del premier è dimostrare, a dispetto delle reticenze tedesche e olandesi, che l’Unione Europea ha sufficiente «potere di mercato» perché la misura funzioni e, in prospettiva, possa anche ridurre l’inflazione. «Chi pensa, come l’Italia, che non possiamo restare in balia delle decisioni di Putin e che ci si debba dare una mossa, ha molte buone ragioni che peseranno sulla Commissione per fare una proposta» ha spiegato non a caso ieri il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. 


Il fronte guidato da Draghi e appoggiato da Emmanuel Macron con i paesi euro-mediterranei, oggi spera soprattutto di beneficiare del sostegno statunitense.

Joe Biden infatti, su consiglio della segretaria del Tesoro (e amica di Draghi) Janet Yellen, proporrà a Germania, Francia, Italia, Giappone, Canada e Regno Unito di imporre sì un price cap, ma sul petrolio. Una ricetta che permetterebbe di frenare l’aumento dei prezzi e impattare anche la capacità d’acquisto di India e Cina. Paesi che fino ad oggi hanno di fatto aggirato le sanzioni imposte alla Russia. Una strada che, in una sorta di effetto domino, secondo le valutazioni italiane potrebbe mostrare la bontà dello strumento price cap, aprendo un nuovo spiraglio dopo il rinvio al prossimo autunno sancito da Bruxelles per un limite relativo al gas. Al momento però, spiegano alla vigilia diverse fonti Ue, la strada appare poco praticabile. «Non c’è un grande interesse per riaprire il sesto pacchetto di sanzioni» raccontano. La proposta americana infatti, accompagna alla definizione di un tetto massimo del prezzo del petrolio lo stop alle misure imposte che oggi rendono impossibile assicurare le petroliere che trasportano greggio russo. «La domanda (di petrolio ndr) è globale» ha spiegato ieri il padrone di caso Olaf Scholz, «e a meno che non riusciamo a coinvolgere tutti, o quasi tutti, non sarà così efficace». Il rischio che il vertice si tramuti in un nulla di fatto è quindi concreto. «Non sposteremo le montagne» ha chiarito prosaicamente lo stesso Scholz ridimensionando gli obiettivi di chi vorrebbe un’accelerazione su tutti i fronti più caldi: non solo la gestione della crisi energetica o di quella alimentare, ma anche il sostegno all’Ucraina e la lotta ai cambiamenti climatici.

 

Il club

Al vertice, a cui lunedì si unirà in collegamento anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si parlerà anche di un piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina. L’idea, anticipano i tedeschi, è raccogliere la disponibilità di tutte le grandi democrazie a partecipare. Non solo. Sul fronte delle sanzioni gli Stati Uniti e l’Ue (su proposta danese) arriveranno al tavolo anche con l’idea di imporne sull’oro russo. Sin dall’inizio del conflitto, infatti, le misure imposte hanno riguardato solo i paesi del G7 e la Russia ha continuato a commerciare il metallo prezioso con Cina e Medio Oriente. Per questo ora si ragiona sull’esclusione della Russia dalle due principali piazze di scambio, Londra e New York. A Elmau poi si tornerà a parlare della necessità di sbloccare i porti ucraini e le 20 tonnellate di grano ostaggio delle mine per evitare che diventi irreversibile la crisi alimentare. Tant’è che la Germania ha deciso di invitare al tavolo anche Indonesia, India, Sud Africa e Senegal. Per ora però, al netto di un ventilato nuovo piano turco, fonti diplomatiche italiane spiegano come «non vi sia molto di concreto». Dubbi anche per quanto riguarda il cosiddetto “Club del clima”. E cioè il circolo di Paesi impegnati nella lotta al cambiamento climatico in cui Scholz, sin dall’inizio della sua presidenza, sta provando a trasformare il G7. In realtà però, se l’input iniziale è sempre quello di tutelare l’ambiente, stando ad una prima bozza visionata da Bloomberg, Berlino proporrà ai partner di «riconoscere che gli investimenti sostenuti pubblicamente nel settore del gas sono necessari come risposta temporanea all’attuale crisi energetica». Tradotto: insistere ancora con i combustibili fossili. Un’inversione di marcia che, per quanto comprensibile, si teme renderebbe più difficile poi convincere il resto del mondo a convergere verso fonti di energia più pulite. Non a caso ieri a Monaco sono andate in scena le proteste degli attivisti climatici.

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