La classifica del Cpi (indice di percezione della corruzione in 180 Paesi) mette in luce però due questioni: è lontana la sufficienza pur avendo guadagnato 12 punti dal 2012 e rallenta la scalata alla classifica, dominata anche quest'anno da Danimarca e Nuova Zelanda. In Europa fanno bella figura anche Finlandia e Svezia, mentre Bulgaria, Romania e Ungheria occupano le ultime posizioni della classifica continentale.
A livello globale spiccano la caduta di Canada (-4 punti), Francia e Regno Unito (-3) e perdono due punti anche gli Usa (a 69 contro i 71 precedenti). "Siamo lieti di vedere un ulteriore miglioramento", osserva Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia "ma sinceramente speravamo in qualcosa di più. Il rallentamento è dovuto a diversi problemi che il nostro Paese si trascina da sempre senza riuscire a risolverli".
In particolare, pesa la criminalità organizzata, che preferisce spesso l'arma della corruzione e che oggi ha assunto forme nuove, sempre più difficili da identificare e contrastare. Altro tema rilevante è la regolamentazione delle lobby e dei conflitti di interesse: "due questioni fondamentali nella lotta alla corruzione", sulle quali osserva Transparency, "ancora il Parlamento tace. Solo tante promesse e audizioni che ancora non si sono trasformate in atti concreti".
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