Tre diverse condizioni concorrono al trend in diminuzione dei pagamenti delle pensioni all'estero. In primis, l'"esaurimento" o il forte ridimensionamento dei flussi migratori tradizionali verso alcuni Paesi (soprattutto del continente americano e in Australia), per cui moltissimi titolari delle prestazioni sono i superstiti dei protagonisti delle ondate migratorie dello scorso secolo. Al pari delle pensioni nazionali, si sono scontati gli interventi normativi che hanno inciso pesantemente sul numero delle nuove pensioni. Infine la pandemia si è resa responsabile di un importante incremento delle pensioni eliminate.
Complessivamente, questo aggregato rappresenta il 2,4% del totale delle pensioni erogate dall'Istituto e si distribuisce su circa 160 Paesi. La grande maggioranza viene erogata in Europa (oltre il 56% di quelle erogate fuori dai confini italiani), quindi in America settentrionale e in Oceania. Da un punto di vista tendenziale, a fronte di una sostanziale stabilità del numero dei pagamenti di pensioni in Europa, il dato interessante è la forte crescita delle pensioni pagate in America centrale, in Asia e in Africa (rispettivamente + 48%, + 33% e +26%), determinata soprattutto dal rientro di coloro che, dopo aver lavorato e/o aver conseguito diritto a pensione in Italia, decidono di tornare nel proprio Paese d'origine.
Al contrario, si segnala il forte decremento del numero dei pagamenti in America settentrionale, in America meridionale e in Oceania, Aree che storicamente sono state tra le destinazioni preferite dagli emigranti italiani nel secolo scorso e che adesso ospitano i pensionati più anziani il cui numero, negli anni, è destinato a ridursi.
Il 52,6% delle pensioni pagate all'estero è destinata alle donne. La maggiore presenza, in percentuale, di pensionate Inps, si riscontra nell'America meridionale, con quasi il 75%, seguita poi dall'Oceania e dall'America centrale con rispettivamente il 56,1% e il 55,4%. La percentuale più bassa e' invece in Africa, 48,9%.
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