Pensioni, si cambia. A cominciare dalla attesa rivalutazione dei trattamenti legati all’inflazione. Lo schema messo a punto dal governo mira a proteggere le fasce sociali medio basse garantendo la rivalutazione piena del 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo (2101,52 euro lordi al mese).
LA SCALA
La rivalutazione per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (2.101-2.627 euro lordi al mese) sale così dall’80 all’85 per cento. L’indicizzazione su riduce poi al 53% per le pensioni tra 5 a 6 volte il minimo; al 47% tra 6 e 8 volte il minimo, al 37% da 8 a 10 volte il minimo e al 32% negli assegni oltre 10 volte il minimo (oltre 5.250 euro). In pratica, vengono eliminate le tre fasce di reddito per la rivalutazione: 100 per cento per i trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo, 90 per cento per quelli fino a 5 volte il minimo e 75 per cento per quelli superiori a quest’ultima soglia. Occorre ricordare che la rivalutazione (sulla base di un indice inflattivo medio annuo fissato al 7,3 per cento dal ministero dell’Economia) è stata attribuita in misura pari al 100% a tutti i beneficiari il cui importo cumulato di pensione sia compreso, come ricordato, nel limite di quattro volte il trattamento minimo in pagamento nell’anno 2022. Per i pensionati il cui trattamento pensionistico cumulato è superiore a questo limite, la rivalutazione sarà attribuita sulla prima rata utile dopo l’approvazione della manovra. Il trattamento minimo rivalutato al 2023 è pari a 563,74 euro (da 525,38). La pensione sociale sale a 414,76 euro al mese (5.391,88 annui) e l’assegno sociale a 503,27 euro (6.542,51 annui). I limiti reddituali salgono a 5.391,88 personali per la pensione sociale (18.577,24 coniugale) e a 6.542,51 per l’assegno sociale (13.085,02 coniugale).
La misura della perequazione, definitiva per l’anno 2022 e previsionale per l’anno 2023, è stata applicata anche alle pensioni e agli assegni a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti mentre i limiti di reddito per il diritto alle pensioni in favore dei mutilati, invalidi civili totali, ciechi civili e sordomuti sono aumentati del 5,1%. Per dare un’idea degli incrementi in vista, per gli assegni del valore fino a 5 volte il minimo, vale a dire quelli che arrivano intorno ai 2.626 euro, il nuovo sistema a fasce prevede un tasso di rivalutazione dell’80%, con un aumento del 5,84%. Questo si traduce in un aumento di circa 153 euro. Le pensioni rivalutate saranno pagate il 3 gennaio. In Banca saranno pagate con le stesse modalità ad eccezione di aprile e luglio quando si pagheranno il 3 del mese. Un’altra novità importante in arrivo riguarda le pensioni minime. Il trattamento più basso, per il 2022, è pari 525,38 euro. Stando all’inflazione pari al 7,3% nel 2023 e in base alla rivalutazione integrale passerebbero a 563,73 euro mensili. Ma le legge di Bilancio aggiunge un 20% in più. A questa cifra viene applicato un rialzo extra dell’1,5% arrivando così a 571,61. Una cifra garantita a tutti i percettori di pensioni minime, a prescindere dall’età anagrafica. Esclusivamente per gli over 75, l’assegno arriva a 600 euro al mese (circa 39 euro in più rispetto al trattamento riconosciuto a tutti gli altri beneficiari). Il pacchetto previdenziale messo a punto dall’esecutivo Meloni si completa con Quota 103. Per il 2023 l’età di accesso per la pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni. La manovra di Bilancio si prepara a introdurre un nuovo canale di accesso anticipato (oltre i 42 anni e dieci mesi di contributi versati 41 e 10 per le donne) con un meccanismo (Quota 103, appunto) che consentirà il pensionamento con 62 anni di età e 41 di contributi. Secondo le previsioni, questo scivolo anticipato potrebbe coinvolgere circa 50 mila lavoratori.
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