In percentuale – calcola l’Osservatorio prezzi del ministero delle Imprese e del Made in Italy - l’aumento medio del costo al dettaglio della pasta in Italia è stato del 17,5% in un anno (da marzo a marzo). Che, in euro, significa che un pacco da un chilo in alcune province è passato da 1,37 a 1,56, in altre da 1,21 a 1,50. Valori dei formati base che salgono a 2,50-3 euro al chilo per produzioni particolari. Secondo Assoutenti solo in 12 province il prezzo è inferiore ai 2 euro al chilo, mentre Codacons calcola che ogni famiglia spenderà in un anno almeno 25 euro in più.
LA DECISIONE
Il prezzo della pasta diventa così il primo banco di prova per la Commissione di allerta rapida sui prezzi, nata un mese fa con la conversione in legge del decreto Trasparenza.
Posizione ben diversa quella dell’industria. «I prezzi – spiega Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Unione Italia Food - dipendono da molti fattori. Il grano ha prezzi troppo fluttuanti e non è l’industria della pasta a determinare il prezzo, a farlo è il mercato globale con meccanismi e quotazioni internazionali. A ciò si aggiunga il costo della trasformazione in semola, quello energetico, del packaging, della logistica e dei vari passaggi della filiera».
«Inoltre – aggiunge - c’è da ricordare che la pasta oggi a scaffale è stata prodotta mesi fa con grano duro acquistato alle quotazioni del periodo ancora precedente e con i costi energetici del picco di crisi». In ogni caso - replica di Coldiretti - con questi prezzi gli agricoltori rischiano di non reggere più i costi di produzione, tanto da rischiare il fallimento. «L’anno scorso – è la denuncia di Ignazio Gibiino, produttore di Agrigento, la prima provincia italiana per produzione di grano duro - siamo partiti da 45 centesimi al chilo e a giugno siamo arrivati a 54 centesimi. Poi il prezzo è iniziato a scendere fino agli attuali 30 centesimi». «A settembre del 2021 – aggiunge – era stata insediata la commissione settimanale unica nazionale tra produttori e industriali. Ma a novembre del 2022, finito il periodo di sperimentazione, tutto è rimasto fermo e noi non sappiamo come fare a far quadrare i conti». Conti che non tornano neanche nelle famiglie e che spingono le associazioni dei consumatori Assoutenti e Codacons a vedere nella convocazione della Commissione una prima vittoria.
Più pessimista, invece, l’Unione nazionale consumatori che teme «viste le denunce ripetute fatte nei secoli», che «la moral suasion serva molto a poco» e ritiene come fino a quando la speculazione non sarà definita una pratica scorretta, si avranno sempre «armi spuntate contro i prezzi troppo alti».