Severino: «I giovani e la legalità per riedificare il Paese»

Severino: «I giovani e la legalità per riedificare il Paese»
di Roberta Amoruso
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Martedì 8 Giugno 2021, 07:28

Dove c'è legalità c'è merito, ma anche rispetto, solidarietà e molti altri ingredienti cruciali per riedificare un Paese colpito dalla pandemia e per insistere su quella strada imboccata quattro edizioni fa dal progetto Legalità e merito nelle scuole lanciato dall'università Luiss. Perché la contaminazione tra giovani, studenti universitari, liceali e detenuti degli Istituti Penali minorili porti a rafforzare quel legame tra legalità e merito capace di combattere tutte le mafie e dare il senso di un merito motore davvero del successo, oltre che ascensore sociale di chi vuole farcela anche in contesti difficili.

Il senso profondo del progetto arrivato alla chiusura della quarta edizione è stato rievocato ieri con una premiazione dei progetti finalisti concentrati tra la necessità di rinascita, non solo ambientale, a quella del riscatto sociale, e con il rinnovo del Protocollo d'Intesa tra le istituzioni promotrici. Quest'anno il progetto aveva il volto di oltre 20 istituti tra licei classici, scientifici ed artistici, tecnici professionali di tutta Italia, 3 Istituti Penali minorili (Catania, Firenze e Milano) a confronto sui temi della legalità con oltre 100 Luiss Ambassadors e dottorandi, assegnisti di ricerca, tutor, dei quattro Dipartimenti dell'ateneo. Un percorso di incontri virtuali, con un focus particolare sui nodi aperti dalla crisi in corso: dai rischi economici e sociali dell'illegalità in tempi di pandemia al potere della rete sulla disinformazione, dal lavoro nero alla cyber-criminalità.

Professoressa Paola Severino, vice presidente della Luiss e già ministro di Giustizia, lei ha ideato e fortemente voluto un progetto che crede nel ponte scuola-università e nella contaminazione dei valori. Il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, ha parlato di «dovere della solidarietà» e di «necessaria continuità tra scuola e università». Tutto ciò è oggi ancora più cruciale per la ripresa del Paese. Qual è il vero cuore del progetto? La collaborazione con le carceri minorili?

«Scuola e formazione costituiscono i pilastri imprescindibili per la ripartenza del nostro Paese.

Il piccolo-grande segreto di questo progetto sta nel fatto che esso nasce e si rinnova, di anno in anno, attraverso i nostri studenti universitari: giovani che insegnano ad altri giovani i valori della legalità e le speranze che nascono dal puntare sul merito come il mezzo più efficace per raggiungere il successo. Quest'anno, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, ben 133 dei nostri ragazzi, iscritti a giurisprudenza, a scienze politiche ed economia si sono offerti volontari per portare in 21 scuole italiane ed in 3 carceri minorili una serie di dialoghi con i ragazzi che ne sono frequentatori e ospiti».

Insomma, la forza del dialogo.

«Certo. Si tratta di una dialettica bellissima e spontanea che porta poi alla costruzione di programmi pieni di fantasia e di insegnamenti: il gioco dell'oca della legalità, il telegiornale alla rovescia, in cui si danno solo notizie belle sulla onestà della gente comune, un cortometraggio sul pentimento di un giovane ladro che restituisce il motorino al ragazzo cui lo aveva sottratto, tanto per fare alcuni esempi. E poi, oggi (ieri ndr), il grande giorno della premiazione dei progetti migliori, alla presenza del ministro dell'Istruzione e di tutti i firmatari del Protocollo sulla legalità: il ministro della Giustizia, il ministro dell'Università e della Ricerca, il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e il presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Infine, il sogno dei vincitori che si realizza, con borse di studio per frequentare la Luiss o per iscriversi alla Summer School, perché a chi merita va data sempre la possibilità di una formazione di qualità».

Cittadinanza attiva, lotta alla corruzione e alle mafie e cybersecurity, sono alcuni temi del progetto. Ma come si fa a incidere in contesti familiari difficili? Quanto funziona il contagio tra ragazzi?

«Sono proprio i contesti familiari e sociali difficili quelli con cui i nostri ragazzi si confrontano per portare la voce dell'onestà. Lo scorso anno abbiamo promosso una raccolta fondi per le famiglie più bisognose a causa della disoccupazione originata dalla pandemia, che sono state scelte dalle scuole coinvolte nel progetto legalità e merito per distribuire generi di prima necessità ed evitare che diventassero vittime di prestiti usurai o di erogazioni a fondo perduto da parte della criminalità organizzata per poi assoldarle in attività illecite. È anche con gesti concreti che i nostri giovani sono stati vicini ai loro meno fortunati studenti, per dimostrare solidarietà nei confronti di chi sceglie la via del rifiuto di comportamenti criminali. Quanto al carcere minorile, è stata per me illuminante la constatazione che la più bella definizione di legalità è stata data ai nostri giovani tutor da un altrettanto giovane detenuto».

Può essere più esplicita?

«Con voce ferma e senza esitazioni ci ha detto che la legalità consiste nel sentirsi in pace con se stessi e con il mondo. Grazie a lui abbiamo tutti compreso quanto si impara insegnando e quanto sia stata importante anche per i nostri studenti universitari questa esperienza».

L'allargamento delle disuguaglianze e l'isolamento educativo sono effetti collaterali della pandemia. E rischiano di rendere più difficili contesti sociali già molto esposti all'illegalità. Cosa si può fare di più per contrastare questo processo?

«Far sentire la presenza dello Stato e delle istituzioni non solo e non tanto nelle forme assistenzialistiche finora praticate, ma dando a ciascuno, anche ai più in difficoltà, la possibilità di istruirsi e guadagnare lavorando».

Sostegno, ma non sussidio. O meglio, non solo sussidio, come ha sottolineato lei stessa durante la cerimonia.

«È così. Nell'anno della pandemia siamo addirittura riusciti con alcuni dei nostri ragazzi coinvolti nel progetto a girare un docufilm sul carcere di Rebibbia nel corso del lockdown e delle rivolte originate da alcuni detenuti per il timore del contagio e per l'impossibilità di avere colloqui con i familiari. Ebbene, abbiamo potuto tutti constatare quanto gli incontri da remoto con i nostri studenti per la preparazione degli esami siano stati di sollievo per i detenuti, quanto il senso della legalità li abbia tenuti fuori dal gruppo dei rivoltosi e quanto l'essersi sentiti tutti, fuori o dentro dal carcere, privati della libertà personale, abbia reso molto più intenso il dialogo».

Professoressa, la sfiducia nella giustizia è un tema molto sentito tra i ragazzi. Quanto serve diffondere anche la cultura della fiducia nella legalità e nella giustizia? Certi correttivi normativi possono aiutare? 

«La prima forma di ingiustizia percepita dai ragazzi è basata sulla constatazione che non sempre la competizione premia i migliori. Apprestare dunque forme di selezione nelle quali emerga la capacità di problem solving, dalle quali escano vincitori  i più bravi e non i più raccomandati rappresenta una fondamentale spinta verso la giustizia».

Una bella sfida.

«La sconfitta di chi si sente più furbo da parte di chi è più preparato consolida il valore del merito. Le nuove forme di selezione per il reclutamento nella Pubblica amministrazione rappresentano certamente un esempio di come cambiamenti normativi, volti ad aumentare la trasparenza e la capacità selettiva delle procedure, possano restituire ai giovani il senso più profondo della legalità e del merito ed invogliarli a partecipare alla competizione».

 

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