Al Nord c’è meno sole? Allora l’incentivo deve essere più alto. Segno che, quando si vuole, le differenze tra il Mezzogiorno e il Settentrione, possono essere colmate. Persino quelle climatiche. Benvenuti nel nuovo sistema di incentivi per le rinnovabili proposto dal ministero per l’Ambiente e che riguarda le Comunità energetiche e i sistemi di autoconsumo, uno dei programmi per spingere la diffusione delle energie rinnovabili e accelerare l’indipendenza dalle fonti fossili.
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Pannelli solari, al Nord c’è meno sole? Più soldi per installarli
Funziona così.
IL PASSAGGIO
Alle Comunità energetiche sarà riconosciuta una “tariffa premio” per 20 anni e che nella proposta dell’Ambiente dovrebbe essere di 100 euro al Megawattora per i sistemi di autoconsumo e di 110 euro al Megawattora per le Comunità energetiche. Ma qui arriva la sorpresa. «Per gli impianti fotovoltaici», spiega il documento del ministero, «la tariffa verrebbe corretta per tenere conto dei diversi livelli di insolazione».
Più si va verso Nord, più l’incentivo sale. Per Lazio, Marche, Abruzzo, Toscana e Umbria, ci sarebbe un “mini aumento” di 4 euro a Megawattora. Per Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Trentino Alto Adige, Valle D’Aosta e Emilia Romagna, l’extra sarebbe di 10 euro per Megawattora. «Siamo rimasti sorpresi da questa proposta del ministero, è una cosa strana», dice Ovidio Marzaioli, vice segretario generale del Movimento Consumatori, da tempo impegnato sulle Comunità energetiche. «L’irradiazione solare è solo uno dei parametri che si possono prendere in considerazione. Rilevanti sono anche il posizionamento, l’ombreggiamento, il possibile sviluppo.
In questo modo si rischia di penalizzare il Mezzogiorno, non si può decidere una penalizzazione o una premialità a seconda delle Regioni nelle quali sono posizionati gli impianti». Anche perché la proposta del ministero prevede di autorizzare un contingente massimo di 5 Gigawatt di potenza installata. Poi il decreto, e i suoi incentivi, non sarebbero più applicabili. E il punto è che oggi le Comunità energetiche in Italia sono situate soprattutto nelle regioni Settentrionali, ed in particolare in Veneto, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Legambiente ne ha mappate un centinaio tra quelle già operative, in fase di attivazione o in progetto. Ad oggi sono 45 quelle in fase ancora “embrionale”, 55 quelle che si trovano in uno stadio più maturo dell’iter di realizzazione, fra chi è legalmente costituito, chi ha già realizzato gli impianti e chi sta attraversando o ha già ultimato la procedura di registrazione presso il portale del Gse dedicato alle comunità energetiche. Legambiente ha chiesto a queste ultime, attraverso un sondaggio telefonico, a che punto fossero. Delle 44 realtà che hanno risposto sulle 55 totali, solo 16 hanno dichiarato di essere riuscite ad arrivare a completare l’iter di attivazione.
LE PROSPETTIVE
Ma le prospettive di sviluppo di questo settore sono ampie. Secondo un report di Enea, entro il 2050 saranno almeno 260 milioni gli europei che faranno parte di una comunità energetica. Ieri il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha anche spiegato che i fondi per le Comunità energetiche previsti dal Pnrr, potrebbero essere trasformati da prestito in sovvenzioni. «Sono in corso interlocuzioni e, ancorché non ci sia ancora la formalizzazione da parte dell’Unione europea», ha detto il ministro, ma, ha aggiunto, «credo di poter dire in questa sede parlamentare che c’è l’assenso a trasformare quello che è prestito in sovvenzione» per le
comunità energetiche nell’ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza. Aiuti che, però, rischiano di di avvantaggiare le regioni settentrionali.