Pane e pasta. «I cereali come il metano, serve un granaio comune Ue», l'allarme dei consorzi agricoli

Lo stop di Ungheria e Bulgaria alla vendita di granarie all'estero ha messo in ginocchio la filiera italiana della pasta

Pane e pasta. «I cereali come il metano, serve un granaio comune Ue», l'allarme dei consorzi agricoli
di Carlo Ottaviano
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Giovedì 10 Marzo 2022, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 11:48

C'è la guerra Russia-Ucraina, ma c'è anche la guerra seppure non cruenta - del grano. A dichiararla è stata di fatto l'Ungheria, seguita dalla Bulgaria. Le decisioni dei due Paesi di non vendere all'estero i loro cereali aggrava la già pesantissima situazione che sta mettendo in ginocchio i produttori di pasta, prodotti da forno, pasticceria e, per quanto riguarda il mais, gli allevamenti di bestiame.

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Il prezzo delle commodities agricole il grano tenero è schizzato in due settimane da 263 euro a 395 euro a tonnellate è anche frutto della speculazione di chi con la scusa di blindare le scorte da tempo di guerra, toglie dal mercato enormi quantitativi.

Come per l'energia, serve quindi una politica comune europea che affronti la crisi perché non è proprio vero che senza le forniture di Russia e Ucraina i paesi europei si ridurrebbero alla fame. «Se l'Europa si dimostrerà unita, senza inutili e dannosi slanci protezionistici dei singoli Paesi afferma Gianluca Lelli, amministratore di Consorzi Agrari d'Italia - gli approvvigionamenti di grano e mais non mancheranno».

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REGOLE VIOLATE
Il governo del premier ungherese Viktor Orbàn da una settimana viola di fatto le regole comunitarie sullo scambio di merci all'interno dell'Ue vietando e rallentando l'export di grano tenero e mais (nel 2021 l'Italia ha comprato da Budapest il 30% del grano tenero necessario e il 32% di mais usato). Inoltre, ha denunciato ieri (presentando la prossima edizione di Cibus) il presidente di Federalimentari Ivano Vacondio, «con il blocco dei porti del Mar Nero, l'unico trasporto possibile è quello via terra ma l'Ungheria sta rendendo impossibili gli approvvigionamenti anche dal punto di vista logistico».
«Il problema spiega Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani - non è quindi solo il costo che avrà il grano, ma è se ce ne sarà abbastanza per tutti oppure no». Anche la Bulgaria ha stabilito di aumentare gli stock pubblici di cereali per un ammontare di 1,5 milioni di tonnellate, con il risultato di ridurre i volumi delle vendite all'estero, facendo ulteriormente aumentare i prezzi.
TORNA IL PROTEZIONISMO
Secondo Consorzi Agrari d'Italia, l'Europa può tuttavia reggere, «a condizione afferma l'amministratore delegato Gianluca Lelli - di bloccare il protezionismo di alcun Paesi». La previsione si basa sulle ultime proiezioni dell'Usda, il Dipartimento per l'agricoltura degli Stati Uniti, secondo cui la Cina entro l'estate potrebbe possedere il 60% delle scorte mondiali di grano e il 70% di mais, «ma le quantità residue per il resto del mondo sarebbero comunque sufficienti per arrivare all'inizio del prossimo raccolto». Russia e Ucraina con il loro quantitativo stimato rappresentano l'11,5% di grano e il 2% di mais; gli Usa il 16% di grano e quasi il 43% di mais. Le scorte complessive dei Paesi dell'Unione Europea per l'estate potrebbero ammontare al 9% delle rimanenze sia di grano sia di mais, sufficienti al fabbisogno.

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A condizioni, naturalmente, che nessun Paese prenda decisioni autarchiche e speculative che potrebbero avere ricadute sorprendenti, stando all'allarme lanciato ieri da Davide Vernocchi di Alleanze Cooperative. «Siamo nel periodo ha detto in cui si programmano le produzioni di pomodoro da industria, settore in cui l'Italia è tra i maggiori produttori al mondo. Abbiamo appena saputo di coltivatori che hanno deciso di puntare su altri prodotti come mais, sorgo, girasole e soia per gli alti prezzi particolarmente interessanti».
LA GEOGRAFIA AGRICOLA
La guerra decisa da Putin potrebbe quindi perfino cambiare la geografia agricola europea, spingendo gli agricoltori verso produzioni divenute più remunerative. In ogni caso come chiesto da tutte le associazioni agricole è forse il momento per rivedere alcuni aspetti della nuova Pac (Politica agricola comunitaria), seppure approvata da pochi mesi. Lo stesso premier Mario Draghi, intervenendo ieri in Parlamento, ha parlato della necessità di rivedere il quadro regolatorio europeo allo scopo di aumentare le fonti di approvvigionamento di grano, mais ed altre materie prime.
 

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