PA, Istat: mancanza di formazione ICT ostacola la digitalizzazione

PA, Istat: mancanza di formazione ICT ostacola la digitalizzazione
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 13:00
(Teleborsa) - Il 67% delle istituzioni pubbliche individua nella mancanza di adeguata formazione in materia ICT il principale ostacolo al processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Lo dichiarano in misura prevalente le amministrazioni locali, in particolare il 76,6% dei Comuni (78,5% per i Comuni con meno di 5 mila abitanti) e il 71,4% delle Città metropolitane e, in misura minore, le Amministrazioni centrali (44,1%). È quanto emerge dal Censimento permanente delle Istituzioni Pubbliche dell'Istat, che indaga quale è stata la risposta delle istituzioni pubbliche all'emergenza sanitaria, con particolare attenzione all'organizzazione interna e del lavoro.

Dal report emerge che la carenza di staff qualificato in materia di ICT, indicata complessivamente dal 66,7% delle istituzioni rispondenti, è un ostacolo rilevante sia per le amministrazioni centrali (55,9%) sia per le amministrazioni locali (76,5%). La spesa elevata per l'ICT (63,8%), la mancanza di risorse finanziarie (63,3%), la mancanza di piani strutturati per investimenti in innovazione (59,7%) e la scarsa capacità di fare rete tra diverse istituzioni pubbliche per progetti di digitalizzazione (56,5%) sono ulteriori barriere alla digitalizzazione, che toccano in particolare le amministrazioni locali.

Il balzo della digitalizzazione

Nonostante gli ostacoli che limitano la digitalizzazione della PA, la pandemia ha impresso un'accelerazione in questo processo. Per poter cogliere prime indicazioni sull'evoluzione digitale delle PA, l'Istat ha effettuato un confronto dei dati raccolti sul panel delle istituzioni rispondenti alle edizioni della rilevazione 2021 e 2018. In tutti i segmenti tecnologici analizzati si registra un incremento di utilizzo da parte delle istituzioni pubbliche. L'utilizzo del web cresce di 11,2 punti percentuali, arrivando al 99,5%. La presenza sui social da parte delle PA avanza di 18,7 punti percentuali, raggiungendo il 61,4%. Notevole è anche la crescita del cloud (+13,4 p.p.) e delle applicazioni mobile (+10,4 p.p.).

Analizzando il comportamento delle diverse tipologie istituzionali, emerge una crescita marcata e diffusa dei servizi di cloud computing, strettamente connessa alle esigenze del lavoro da remoto. L'incremento nell'utilizzo dei social media è particolarmente accentuato nei Comuni con meno di 5 mila abitanti (dal 33,2% nel 2017 al 58,3% nel 2020). Lo stesso dato risulta significativo anche nei Comuni fino a 20 mila abitanti che raggiungono il 79,5% di attività social, registrando un incremento di 19,4 punti percentuali. Anche le Aziende ed enti del sistema sanitario nazionale mostrano un salto notevole nell'uso del cloud, delle applicazioni mobile e dei social. Le Università pubbliche, che già nel 2017 vantavano le migliori performance, imprimono un'ulteriore avanzamento nell'utilizzo di tutti i canali digitali.

Le interazioni tra colleghi

La modalità di lavoro adottata durante la fase di emergenza non ha avuto particolari ripercussioni sulla comunicazione tra colleghi. La frequenza delle interazioni all'interno del team di lavoro è rimasta invariata secondo quanto dichiarato dal 50% delle istituzioni pubbliche mentre è aumentata per il 30,5% di esse, con punte superiori al 61% nel caso delle Amministrazioni dello Stato e delle Università, cioè nelle pubbliche amministrazioni che più si sono contraddistinte per avere fornito al personale in servizio tutti gli strumenti e competenze digitali necessari per lavorare da remoto. Solo il 12,1% delle istituzioni lamenta una diminuzione delle interazioni all'interno del proprio team di lavoro fino ad arrivare a un massimo del 15% nel caso dei Comuni sopra i 5 mila abitanti.

L'impatto sulla produttività

Dal report emerge che lo smart working ha avuto l'impatto positivo maggiore sull'aspetto della soddisfazione e del benessere del lavoratore, grazie al miglioramento dell'equilibrio fra vita professionale e privata. Lo ha dichiarato oltre l'80% delle amministrazioni appartenenti a diverse tipologie istituzionali, centrali e locali, corrispondenti a quelle che si sono sapute organizzare meglio per fornire strumenti tecnologici e di conoscenza, mantenendo viva la comunicazione e la frequenza delle interazioni tra colleghi. Di contro, sono sotto la media (67,9%) i Comuni con meno di 5 mila abitanti (60,6%), gli Enti pubblici non economici (63,4%) e le Comunità montane e unioni di comuni (65,4%), che hanno dichiarano in misura maggiore rispetto al complesso delle istituzioni alcun nessun impatto dello smart working o un impatto negativo.

Poco meno della metà delle istituzioni pubbliche (44,8%) ha dichiarato un effetto positivo dallo smart working in termini di produttività dell'ente (in modo abbastanza uniforme tra forme giuridiche). Costituiscono un eccezione le Città metropolitane per le quali l'incidenza sale al 75% senza alcuna segnalazione di impatto negativo, dichiarato invece dal 7,8% del totale delle istituzioni pubbliche.
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