Nascite ancora in calo: crollo dei primogeniti, lieve recupero per gli altri

Nascite ancora in calo: crollo dei primogeniti, lieve recupero per gli altri
di Luca Cifoni
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Martedì 20 Dicembre 2022, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 11:58

Le politiche per la natalità hanno per forza di cose tempi lunghi. E così mentre negli emendamenti alla legge di Bilancio il governo prova a rafforzare le misure per le famiglie sul fronte dell'assegno unico e su quello dei congedi, l'Istat continua a misurare la riduzione del numero di bambini e bambine che vengono al mondo nel nostro Paese. Dopo il record negativo del 2021 (comunque rivisto a 400.249 nascite dopo la stima provvisoria che era addirittura di 399.431) il calo è proseguito anche quest'anno, con oltre 6 mila culle in meno nei primi nove mesi rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A fine 2022 quindi si scenderà ancora più sotto, verosimilmente poco al di sopra di quota 390 mila.


LA CADUTA
I dati definitivi relativi all'anno scorso evidenziano però due apparenti anomalie, che in realtà contribuiscono a chiarire meglio i contorni della caduta in corso. L'istituto di statistica nel suo Report su natalità e fecondità spiega che la contrazione in corso dal 2008 riguarda in maniera più forte i primogeniti rispetto ai figli successivi: i primi in 13 anni si sono ridotti del 34,5 per cento, mentre per gli altri il calo è stato del 26,8 per cento. La differenza, pur all'interno di un quadro complessivo disastroso, riflette secondo l'istituto presieduto da Gian Carlo Blangiardo «la difficoltà che hanno le coppie, soprattutto le più giovani, nel formare una nuova famiglia con figli. Si tratta di «una problematica diversa rispetto all'inizio del millennio quando la criticità riguardava soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio».


Ebbene nel 2021 questo andamento ha avuto una conferma ancora più vistosa: a fronte della riduzione totale di 4,643 nascite i primogeniti si sono ridotti di 5.657 unità, mentre i figli di ordine successivo, i secondi terzi quarti e così via, hanno visto al contrario un incremento di 1.014.


L'altro paradosso, che tale non è, riguarda invece il tasso di fecondità totale, che esprime il numero medio di figli per donna. Questo indicatore ha visto una lieve risalita a 1,25, dall'1,24 del 2020.

Perché un' inversione di tendenza se il numero assoluto dei nati è sceso? Perché si è ridotta in misura ancora maggiore la platea delle potenziali mamme, ovvero le donne in età feconda (convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni): dunque quelle che c'erano, in proporzione hanno partorito un pochino di più. Va ricordato che nel 2008, anno in cui le nascite erano state 576.659, il tasso di fecondità era stato di 1,44.


Per il resto i dati di dettaglio confermano tendenze ben note. L'età media delle donne al parto è arrivata a 32,4 anni, oltre 2 in più rispetto al 1995, mentre quella alla nascita del primo figlio è cresciuta nello stesso periodo di oltre tre portandosi a 31,6. Continua ad aumentare la quota di nati al di fuori del matrimonio, che ormai rappresentano il 39,9 per cento del totale, ovvero un'incidenza doppia rispetto a quella del 2008. I neonati con almeno un genitore straniero sono il 21,5 per cento, ma il loro peso numerico ultimamente si riduce. Stessa cosa avviene per i bimbi che hanno sia il papà che la mamma di cittadinanza non italiana. Dunque si affievolisce, pur restando rilevantissimo, l'apporto positivo della componente straniera, che dagli anni Duemila in poi ha in parte compensato il calo delle nascite da coppie italiane. Nel 2003 la fecondità delle straniere era a quota 2,47, l'anno scorso è scesa a 1,87, pur mantenendosi molto al di sopra di quelle delle italiane.


LE NOVITÀ
In questo contesto il governo ha inserito ieri due piccole novità nella legge di Bilancio. All'interno dell'assegno unico e universale la maggiorazione riconosciuta ai nuclei con quattro o più figli sale da 100 a 150 euro: le famiglie interessate sono circa 100 mila, con una maggiore spesa di circa 70 milioni l'anno. Mentre l'incremento dell'indennità di congedo parentale per un mese entro il sesto anno di vita (dal 30 all'80% della retribuzione) riguarderà non solo le madri ma, alternativamente, anche i padri.
 

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