Moda, ripresa disomogenea da pandemia. Reshoring difficile

Moda, ripresa disomogenea da pandemia. Reshoring difficile
3 Minuti di Lettura
Giovedì 20 Gennaio 2022, 13:30
(Teleborsa) - Il settore del fashion sta registrando una ripresa a due velocità dalla crisi pandemica - tessuti, abbigliamento in pelliccia e pelletteria e valigeria rimangono più indietro rispetto agli articoli di maglieria e alle calzature - e si trova ad affrontare difficoltà momentanee come le criticità nell'approvvigionamento e trend destinati a rimanere, come la maggiore attenzione alla sostenibilità e la digitalizzazione dei processi e dei rapporti con i consumatori. È quanto emerge dalla ricerca "Il Fashion tornerà di moda?" dell'Ufficio Studi di SACE che fotografa un settore in netto recupero, nonostante il duro contraccolpo causato dalla pandemia.

A livello globale, nel 2020 la moda ha generato un export di quasi 900 miliardi di euro, circa i due terzi dei quali di abbigliamento e calzature, il 23% di prodotti tessili e il restante 9% di pelli e prodotti in pelle. Il primo esportatore è di gran lunga la Cina con 316 miliardi di euro di export (circa il 35% del totale), mentre il Vecchio Continente segue con oltre 237 miliardi di euro. Le vendite oltreconfine turche ammontano a 25 miliardi di euro, mentre gli Stati Uniti hanno esportato poco meno di 24 miliardi di euro. L'Italia è il terzo esportatore mondiale (con una quota di mercato del 5,3% e seconda nel segmento delle pelli con una quota del 14%) e riporta un saldo commerciale positivo per tutti i comparti del settore (abbigliamento, tessile e pelli), "anche grazie all'elevata qualità dei nostri prodotti, che genera un alto valore di vendite estere", sottolinea SACE.

Nel 2020 l'Italia ha registrato un export di 46,7 miliardi di euro in articoli di moda. Rispetto al 2019 il valore venduto all'estero si è ridotto del 18,5%, ma il rilancio è già in atto: nei primi 10 mesi del 2021 le vendite legate all'export hanno registrato un +16,4% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente con un rimbalzo a doppia cifra comune a tutti i sotto comparti. Nonostante ciò, il divario con i livelli pre-crisi è ancora ampio (-6,6%) seppure con alcune differenze: tessuti, abbigliamento in pelliccia e pelletteria e valigeria rimangono soffrono di più in confronto agli articoli di maglieria e alle calzature, che beneficiano dell'impulso delle griffe internazionali del lusso. L'export di altri prodotti tessili, invece, è l'unico comparto ad aver già superato i livelli del 2019.

Il rapporto sottolinea come le criticità nelle catene di approvvigionamento conseguenti alla crisi abbiano innescato il dibattito sul reshoring come strategia percorribile anche dalle imprese della moda. "Sebbene sia ancora presto per un'analisi approfondita del fenomeno, alcune prime rilevazioni suggeriscono che non si sta assistendo a una vera e propria rilocazione manifatturiera; le imprese maggiormente internazionalizzate sembrano, infatti, aver reagito meglio alla pandemia". Inoltre, il reshoring implica elevati costi, sia di rilocazione della produzione sia di input produttivi, e deve essere quindi sottoposto a un'approfondita analisi di costi-opportunità.

Un'altra osservazione è che lo scoppio della pandemia ha fatto emergere, e in certi casi accelerato, alcuni temi che giocheranno un ruolo chiave nello sviluppo del settore. La sostenibilità "ha visto una vera e propria spinta diventando parte integrante di varie strategie di rilancio post-Covid, in risposta anche alle esigenze di consumatori sempre più consapevoli", viene osservato. Il processo di digitalizzazione, accelerato durante la fase acuta della pandemia, "proseguirà non solo nell'approccio al cliente finale, ma anche nelle altre fasi della filiera, grazie all'utilizzo di tecnologie sempre più avanzate".
© RIPRODUZIONE RISERVATA