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Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica: «Mediobanca è strategica, serve un piano ambizioso»

Economia > News
Giovedì 8 Ottobre 2020 di Osvaldo De Paolini
  • 34
Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica: «Mediobanca è strategica, serve un piano ambizioso»

Presidente Leonardo Del Vecchio, da oggi lei è ufficialmente socio di Mediobanca con oltre il 10% del capitale. Si ritiene soddisfatto?
«Direi contento di questa operazione, come del resto positivo sono sempre stato sin dall'inizio dell'investimento in Mediobanca. E dico di stare sereni anche ai tanti che hanno agitato le acque in questi mesi. Delfin da oggi è il principale socio ed è decisa a rimanere tale per lungo tempo, pronta a supportare la crescita dell'istituto e a sostenere progetti che spero saranno ambiziosi».


Le hanno dato del francese, alla sua persona si sono interessati i servizi segreti e il Copasir, a Milano hanno aperto pure un fascicolo giudiziario. Per mesi, a più riprese, sulle pagine economiche dei quotidiani italiani non s'è parlato che di lei. Come ha vissuto tutto questo?
«Ho 85 anni e ne ho viste tante dal dopoguerra ad oggi, non mi perdo d'animo per così poco. Ho tirato dritto con i miei collaboratori, forte delle mie motivazioni e sicuro di coniugare in Mediobanca l'interesse del Paese e il mio personale, con un investimento a tutela e a sostegno della banca ma anche redditizio per Delfin, per il grande potenziale che l'istituto può esprimere. Tutto il resto sono chiacchiere e anche qualche rancore di chi avrebbe voluto fare questa stessa operazione ma non ne ha mai avuto il coraggio».


Ma perché investire proprio in Mediobanca, con tutte le sue sensibilità, e non in altre aziende meno complesse?
«In ogni paese ci sono snodi che per loro natura contribuiscono a garantire la stabilità del sistema economico e sostegno all'infrastruttura di imprese che ne fanno parte. Per questo sono convinto che pezzi strategici come Mediobanca e Generali debbano essere dotati di un azionariato stabile e attento alle esigenze del Paese. Abbiamo assistito a segnali che rischiavano di assottigliare queste caratteristiche - mi riferisco ad esempio allo scioglimento del patto di sindacato e al disinvestimento di soci importanti come Unicredit o Vincent Bollorè. Questo ha creato la necessità e l'opportunità di un mio personale contributo».


C'è chi vede in Generali il suo vero obiettivo. Come risponde?
«La più grande partecipazione di Mediobanca sono le Assicurazioni Generali. Una società a cui sono molto legato e che mi piacerebbe tornasse ad essere più centrale nello scacchiere mondiale. Ovviamente non è compito mio dire come, mi auguro che il management di Mediobanca e quello di Generali sappiano come fare».
Cosa pensa di fare adesso del suo pacchetto di azioni? Alla Bce si è dichiarato investitore finanziario.
«Delfin non è un fondo attivista: non abbiamo richieste o rivendicazioni; abbiamo solo aspettative positive sul futuro di Mediobanca, come è giusto per un investitore. Credo che già il mio investimento e il mio impegno stiano generando valore per la banca e gli altri azionisti. Valuteremo con attenzione l'operato del management e utilizzeremo il voto assembleare in modo sereno e costruttivo. Ho saputo da poco che ci sono tre liste, valuteremo i profili dei diversi candidati e prenderemo la decisione migliore nell'interesse della banca».


Fin dove intendete salire? Si parla del 13-14%...
«Possiamo salire fino al 19,9% e lo faremo nel momento opportuno, attenti che rimanga un buon investimento per noi e per l'istituto».


Come sono i rapporti con Alberto Nagel e il management di Mediobanca? Vi siete sentiti di recente?
«Ci sono state tante polemiche alimentate dalla stampa sul rapporto fra me e Nagel. Io ho sempre rispetto per i manager delle società in cui sono investito, e sono abituato a giudicare in base ai rendimenti che portano agli azionisti, non su simpatie o antipatie. Non sono stato interpellato per la composizione delle liste, ma mi è sembrato cortese chiamare Nagel personalmente per informarlo del via libera dalla Bce per salire oltre il 10 per cento».


Condivide l'indirizzo strategico della banca?
«Abbiamo valutato e apprezzato il piano industriale presentato l'anno scorso; valuteremo il nuovo piano post Covid che è stato annunciato. Io non ho mai fretta, non anticipo giudizi e sto ai patti. Così ad esempio in Essilux dove, nonostante tutto, non ho mai fatto pesare le mie azioni per accelerare i cambiamenti. A maggio 2021 si presenterà una rosa di candidati per il nuovo consiglio di amministrazione che spero sia unica e condivisa da tutti. È evidente, però, che da quel momento Delfin eserciterà il ruolo che il suo peso le consente, come del resto previsto dagli accordi».


La sua famiglia è con lei. Rimarrà unità su queste posizioni?
«Delfin è una holding solida e manterrà il suo ruolo di azionista di lungo periodo. L'abbiamo dotata di una robusta governance affinché tutte le decisioni e gli investimenti siano sempre pienamente condivisi da tutti i soci».


C'è chi ha insistito sul ruolo di Francesco Milleri.
«Io sono il presidente di Delfin. La mia famiglia ne compone l'azionariato. Abbiamo tanti collaboratori e consulenti, ma Francesco ha sicuramente dato un contributo importante in questa come in molte altre operazioni. Ha saputo tradurre la mia visione in azioni, e poi in risultati, tenendo tutto assieme, anche in Essilux. Apprezzo in lui la chiarezza e la semplicità con cui riesce ad affrontare situazioni molto complicate e la capacità di restare focalizzato sull'obiettivo finale senza mai mollare».


Sua o di Milleri l'idea di Mediobanca?
«L'investimento è di Delfin, la decisione dell'intera famiglia, ma ci tengo a ringraziare pubblicamente Milleri, Romolo Bardin e tutti coloro che hanno reso possibile questa bella operazione».


Attualmente la impegna più Mediobanca o Essilux?
«Io rimango un imprenditore, e creare gli occhiali più belli al mondo è ciò che ancora oggi mi emoziona. Essilux rappresenta circa l'80% del patrimonio di Delfin. Mediobanca rientra nel 20% di investimenti finanziari che garantiscono solidità al nostro portafoglio e capacità di investimento. Luxottica, oggi Essilux, è il lavoro e il sogno di una vita, mi creda, molto più di un investimento».


Poi c'è la Fondazione Del Vecchio.
«Sì, ma vede, la Fondazione è tutt'altra cosa. Ho avuto una vita fortunata e ho il desiderio di restituire, soprattutto a questo Paese che amo. In passato ho provato anche a dare il mio contributo in partite complesse come Ilva o Ieo per provare a cambiare le cose a vantaggio di tutti, ma in Italia le buone intenzioni hanno le gambe corte, più delle bugie che si sono dette per impedire il cambiamento. In Ruanda, ad esempio, realizzeremo un progetto complesso e ambizioso in tempi impensabili per il nostro sistema».


Nessun collegamento quindi tra le sue esperienze nello Ieo e in Mediobanca?
«Lo scriva chiaramente: non ho investito in Mediobanca per dissapori sullo Ieo. Devo molto a quell'istituto, in particolare al Monzino. Era stato naturale pensare di avviare il percorso della mia Fondazione offrendo 500 milioni e più nel tempo per renderne ancora più grandi ed eccellenti le strutture milanesi. Ma le resistenze sono state più rumorose della riconoscenza, che comunque ho raccolto e mi ha molto gratificato. L'unico dispiacere è aver deluso i molti collaboratori delle due strutture che contavano su questo mio impegno personale per realizzare qualcosa di ancora più grande e internazionale».


Tornando a Essilux, andrete fino in fondo con l'olandese GrandVision?
«Le ragioni dell'operazione rimangono immutate. Se le autorità daranno il via libera all'operazione, rimarrà solo da capire se gli ultimi mesi di gestione gravata dal Covid hanno avuto ripercussioni sui valori in campo».


Andasse male, vi consolerete con gli occhiali intelligenti e con Facebook?
«L'annuncio di questi giorni è solo un esempio delle potenzialità di Essilux, ancora tutte da esprimere. Abbiamo idee, progetti e talenti su cui sono sicuro il gruppo poggerà la crescita e la sua leadership negli anni a venire».
 

Ultimo aggiornamento: 12:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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