Licenziamenti, ok agli individuali ma spunta la tassa per chi taglia

Licenziamenti, ok agli individuali ma spunta la tassa per chi taglia
di Giusy Franzese
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Martedì 20 Ottobre 2020, 21:47 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 20:03

Il blocco dei licenziamenti sarà prorogato, alle stesse condizioni attuali, sicuramente fino al 31 dicembre 2020, ma non è escluso che alla fine i sindacati possano “strappare” anche un altro mese, fino al 31 gennaio 2021. Poi inizierà l’uscita graduale da una misura per sua natura emergenziale. E i primi ad essere sbloccati potrebbero essere i licenziamenti individuali. Con una novità: il datore di lavoro che decide di licenziare per motivi economici dovrà pagare un contributo aggiuntivo, una sorta di tassa sul licenziamento stesso, che servirà per alimentare un fondo di politiche attive. È questa l’ipotesi alla quale sta lavorando il governo per trovare una via d’uscita il meno traumatica possibile allo stop ai licenziamenti in vigore ormai dal 23 febbraio scorso. Ipotesi che sarà illustrata oggi nei due incontri separati con i sindacati e con Confindustria.

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Il ragionamento seguito dal governo è il seguente: prima o poi il blocco dovrà finire e non è realistico pensare di attendere fin quando il sistema economico avrà ripreso a marciare a pieno ritmo.

Per evitare masse di persone licenziate dalla sera alla mattina, è preferibile - prima di togliere completamente il “tappo” - iniziare a fare dei buchi alla protezione, consentendo di fare dei tagli all’organico a chi è sicuro di non riuscire più a tornare ai livelli pre-Covid. Potrebbe essere il caso, ad esempio, di un piccolo imprenditore nel settore dei servizi che prima dell’emergenza aveva una decina di dipendenti: magari adesso sono diventati troppi; se ci sono prospettive di tornare al giro d’affari precedente alla crisi ha un senso continuare ad usufruire degli ammortizzatori sociali; in caso contrario è solo il prorogarsi di un’agonia. Il lavoratore licenziato non sarebbe comunque lasciato in mezzo ad una strada: scatterebbe la protezione della Naspi e un percorso di politiche attive. I licenziamenti sono una dinamica “normale” del mercato del lavoro: nel 2019 ogni trimestre ci sono stati tra i centomila e i 140.000 licenziamenti per motivi economici di persone con contratti a tempo indeterminato.

Resterebbero invece vietati - fin quando ci sarà la cassa Covid e per le aziende che ne usufruiscono, oppure utilizzano l’esonero contributivo - i licenziamenti collettivi, che riguardano le aziende con più di 15 dipendenti che intendono effettuare almeno cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni. 

Negli incontri di oggi il governo inizierà a discutere con le parti sociali anche della nuova cassa Covid, quella che partirà dal primo gennaio prossimo. Nella legge di bilancio il governo ha stanziato cinque miliardi su questa voce. Una cifra importante, ma non paragonabile ai 30 miliardi di euro stanziati da marzo fino ad ora. Sul tavolo c’è l’ipotesi di prevedere altre 12/18 settimane di cig Covid diversificando però il ticket a carico del datore di lavoro in base ai settori. Con il decreto agosto la cassa Covid è gratuita solo per chi ha avuto perdite di fatturato superiori al 20% nel primo semestre, per gli altri - a seconda della perdita - scatta un ticket che varia tra il 9 e il 18% della retribuzione globale del lavoratore parametrata alle ore di lavoro non prestate.
 

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