Latte, rincari insostenibili: aziende a rischio chiusura

In forte aumento il numero di allevatori che non riescono a recuperare i costi. L'ultimo colpo la guerra

Latte, rincari insostenibili: aziende a rischio chiusura
di Carlo Ottaviano
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Lunedì 11 Aprile 2022, 06:32 - Ultimo aggiornamento: 06:56

Non era mai successo: storicamente Francia e Germania hanno sempre venduto latte sfuso all'Italia. Da alcuni mesi le autobotti fanno invece il percorso inverso, partono cariche dall'Italia e tornano vuote. Già lo scorso anno l'import di latte dalla Francia era calato del 43,71% (da 62 a 35 milioni di euro) e del 42% (da 97 milioni di euro a 55) dalla Germania. Ma, attenzione, non è una buona notizia. Tutt'altro, perché il latte potrebbe addirittura mancare nelle case italiane. E' l'ennesimo segnale d'allarme di una situazione mondiale impazzita, con i prezzi ormai proibitivi per gli allevatori che non riescono neanche a recuperare i costi di produzione. In Francia e Germania avevano iniziato già lo scorso anno a chiudere centinaia di stalle ed ecco perché le aziende casearie acquistano da noi la materia prima. In Italia stiamo resistendo, trattandosi spesso di imprese familiari che stringono i denti per salvare l'antica attività. Per ora si limitano a vendere singoli capi così da ridurre i costi e mantenere almeno l'azienda.

L'indicatore

Chi può, fin quando riuscirà a resistere? La convenienza non c'è più. Già a dicembre, Ismea segnalava che l'indicatore Milk era nettamente sotto la soglia ritenuta critica e ancora non era esplosa l'impennata dei prezzi del granturco legata alla guerra in Ucraina (primo produttore mondiale). Il conto in tasca per ogni allevatore è presto fatto. Poco conta che nella settimana appena chiusa alcune voci siano leggermente ribassate (mais -2,6%, gasolio agricolo -1,4%). Il confronto dei costi degli input zootecnici a 12 mesi fatto venerdì dalla banca dati Cial-Teseo è impietoso: mais destinato agli animale +55%; frumento tenero +67%; semi di soia +3,6%; energia elettrica +212%; gasolio agricolo +72%; urea granulare (concime usato nelle foraggere) +167%.

Alla fine dei conti, produrre un litro di latte costa tra 50 e 55 centesimi al litro. L'ultima seduta alla Camera di commercio di Lodi (il riferimento per il settore) ha indicato invece una quotazione media di 500 euro/1000 kg, cioè 50 centesimi al litro. Troppo poco per remunerare gli allevatori che già negli anni avevano visto sfumare la redditività sul singolo litro. «Dai 12,36 centesimi di fine anni 90 ai 4,17 centesimi di inizio 2022», ha calcolato Franco Verrascina, presidente di Copagri.

Il tracollo

Di fronte al tracollo dei produttori agricoli, alcune aziende di trasformazione hanno messo la mano sul cuore (e sul portafoglio) riconoscendo un prezzo maggiore dei miseri 41 centesimi a litro che erano stati concordati appena a novembre al ministero dell'Agricoltura. Il gigante bolognese Granarolo, per esempio, ha riconosciuto un prezzo minimo di 48 centesimi. «Molte altre aziende - afferma il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti stanno seguendo questa strada per venire incontro agli allevatori, che rappresentano un comparto che vale oltre 16 miliardi di euro e occupa più di 100mila persone». Nell'altalena dei prezzi ci sono anche i problemi dei produttori di formaggi, stritolati da un lato dagli aumenti dei costi di produzione e dall'altro dalle grandi catene di distribuzione che tirano sui prezzi. Significativo quanto sta accadendo a una delle eccellenze del made in Italy, la mozzarella di bufala campana che nel 2021 ha superato la produzione anche pre pandemia (1 miliardo di bocconcini in tutto il mondo). Il latte di bufala costa già molto di più (1,80 euro al litro) di quello di vacca. «La filiera potrebbe ancora crescere denuncia il presidente del Consorzio di tutela Domenico Raimondo - ma invece vive un paradosso inquietante: le nostre aziende rischiano il collasso, se non si interviene subito per adeguare i listini dei prezzi». Da stime di Assolatte, già ora i sovraccosti 2022 a carico del settore caseario italiano saranno compresi tra 1,5 e 1,8 miliardi di euro: il 10-12% del fatturato complessivo del settore, valori di gran lunga superiori alle marginalità delle imprese.

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