Istat, il rapporto: «Con l'inflazione gli stipendi torneranno al 2009. Allarme giovani: oltre un milione in povertà assoluta»

Il quadro dell'Italia che emerge dall'ultimo rapporto annuale Istat, tra resilienza, vulnerabilità e disuguaglianze in crescita

Istat, il rapporto: «Con l'inflazione gli stipendi torneranno al 2009. Allarme giovani: oltre un milione in povertà assoluta»
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Venerdì 8 Luglio 2022, 12:21

Forti capacità di resilienza e le grandi vulnerabilità. È il quadro dell'Italia che emerge dall'ultimo rapporto annuale Istat presentato dal presidente Gian Carlo Blangiardo, che fa il punto della situazione del paese alle prese con l'inflazione dopo due anni di pandemia e lo shock della guerra.

«Dopo lo choc della pandemia, con una caduta del Pil senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale, la ripresa è stata rapida e robusta», dice Blangiardo presentando il rapporto alla Camera «con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia si sono creati nuovi e importanti ostacoli e sono emersi numerosi elementi di incertezza sia per le imprese, sia per quei cittadini che speravano in un rapido percorso verso un futuro migliore». 

Guerra e Covid, i rischi per la crescita del Pil  

Il Pil del paese all'inizio del 2022 ha registrato un segno positivo del 2,6%. Una crescita che, secondo le stime, dovrebbe continuare anche nel 2022 e nel 2023, anche se in misura inferiore a quella del 2021. «Nel complesso le prospettive per l'economia restano caratterizzate da incertezza e rischi al ribasso soprattutto legati all'evoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina e, nel periodo più recente, alla possibilità del riacutizzarsi dei contagi relativi alle nuove varianze del Covid 19», osserva la la direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell'informazione statistica dell' Istat, Linda Laura Sabbadini.

A gettare ombre sulla crescita economica sono soprattutto il Covid e gli effetti della guerra. Per quanto riguarda lo choc energetico, l'Istat sottolinea che un'eventuale riduzione del 10% delle forniture energetiche e agricole, porterebbe nel sistema produttivo una contrazione del valore aggiunto a prezzi correnti di circa 18 miliardi di euro, con una diminuzione pari al -1,2% .

L'inflazione aumenta le disuguaglianze 

La forte accelerazione dell'inflazione negli ultimi mesi rischia di aumentare le disuguaglianze, in quanto, osserva l'Istat: «La riduzione del potere d'acquisto è particolarmente marcata proprio tra le famiglie con forti vincoli di bilancio». Per questo gruppo di famiglie a marzo 2022 l'aumento dei prezzi (rispetto al proprio potere d'acquisto) è stato +9,4%, 2,6 punti percentuali più elevata dell'inflazione misurata nello stesso mese per la popolazione nel suo complesso.

«L'inflazione che colpisce le famiglie con forti vincoli di bilancio riguarda beni e servizi essenziali, il cui consumo difficilmente può essere ridotto.

Oltre agli alimentari vi figura la spesa per l'energia, che questo segmento di famiglie destina per il 63% all'acquisto di beni energetici a uso domestico (energia elettrica, gas per cucinare e riscaldamento). Al contrario, tra le famiglie più benestanti oltre la metà della spesa per energia (55%) va in carburanti e lubrificanti», spiega l'istituto di statistica. 

Ripresa dell'occupazione, ma il lavoro è più precario 

In un milione e 900 mila famiglie l'unico componente occupato è un lavoratore non-standard, cioè a tempo determinato, collaboratore o in part-time involontario. Questi occupati vulnerabili sono ormai quasi 5 milioni, il 21,7% del totale. E in 816 mila sono «doppiamente vulnerabili», perché risultano sia a tempo determinato o collaboratori, sia in part-time involontario. Sono lavoratori non standard il 39,7% degli occupati under 35, il 34,3% dei lavoratori stranieri e il 28,4% delle lavoratrici.

La quota di lavoratori non-standard raggiunge il 47,2% tra le donne sotto i 35 anni e il 41,8% tra le straniere. La più marcata concentrazione di lavoratori non-standard viene rilevata tra le professioni non qualificate (47,5%) e tra gli addetti al commercio e servizi (29,9 %) ma una quota «significativa» è anche nelle professioni scientifiche e intellettuali, in particolare tra i ricercatori universitari, gli insegnanti, i giornalisti e le professioni in ambito artistico.

Allarme giovani: sempre più disoccupati o precari 

«C'è stata una ripresa dell'occupazione, ma al prezzo di una peggiore qualità del lavoro in termini di instabilità ma non recuperando tutto ciò che si era perso già prima della stessa pandemia soprattutto sul fronte dei giovani. Tra 25 e 34 anni continuiamo a stare sei punti percentuali sotto i livelli del tasso di occupazione di prima della crisi del 2008-2009.

Sabbadini descrive una «ripresa concentrata sulla crescita del lavoro a tempo determinato e del part time involontario. Un recupero del numero di occupati fortemente concentrato nei lavori non standard».

Nel 2021, il lavoro standard, cioè di quello individuato nei dipendenti a tempo indeterminato e negli autonomi con dipendenti, entrambi con orario a tempo pieno, riguarda solo il 59,5% del totale degli occupati.

Poveri triplicati 

Nel 2021, un milione 382 mila minori e un milione 86 mila giovani di 18-34 anni sono in povertà assoluta; lo sono inoltre 734 mila anziani, tra i quali l'incidenza si ferma però al 5,3%. «Nel Nord la crescita della povertà assoluta è stata molto accentuata nel 2020: l'incidenza tra gli individui è aumentata di 2,5 punti percentuali rispetto al 2019, raggiungendo il 9,3% (quattro volte il valore del 2005); nel Mezzogiorno, invece, un aumento marcato si osserva tra il 2011 e il 2013, quando si è passati dal 6,1 al 10,6%, e un ulteriore incremento si è registrato nel 2017. Nel 2021, il Nord mostra segnali di miglioramento, mentre nel Mezzogiorno si raggiunge il punto più alto della serie (12,1%)».

Tra le diverse tipologie di famiglie, l'incidenza è diminuita tra gli anziani soli, è rimasta sostanzialmente stabile tra le coppie di anziani, è fortemente cresciuta tra le coppie con figli, tra i monogenitori e tra le famiglie di altra tipologia.

Nel 2021, livelli particolarmente elevati sono stati raggiunti per le famiglie con tre o più figli minori, tra le quali è povera una famiglia su cinque (ciò si associa alla dinamica particolarmente negativa osservata tra i minori). Il dato sulle famiglie con stranieri, disponibile solo a partire dal 2014, segnala come queste ultime presentino livelli di povertà assoluta quasi cinque volte più elevati di quelli delle famiglie di soli italiani che dal 2016 oscillano intorno al 25%.  

 

Lavoro, l'ideale è lo smart working 2 o 3 giorni a settimana 

Lavorare due o tre giorni a settimana da casa rappresenta «il modello ibrido ideale» per gli interessati allo smart working, sia per chi ne ha già avuto esperienza sia per chi desidererebbe farla (69,5%); il 16,6% preferirebbe un utilizzo più sporadico mentre il 13,8% manifesta interesse per un modello più spinto (tutti i giorni o quasi).

Complessivamente, nonostante la crescita durante la pandemia, l'Italia mantiene un «divario importante» con il resto dell'Unione europea sul lavoro da remoto. La quota di occupati che affermano di aver svolto il proprio lavoro occasionalmente o abitualmente da casa è cresciuta dal 4,7% del 2019 al 13,6% del 2020 a fronte di una media europea del 20,6%. In particolare, in Italia, la quota di occupati che hanno lavorato da casa solo occasionalmente è rimasta molto bassa (da 1,1% a 1,4% nel 2020, mentre la media Ue è dell'8,6%). Nel 2021, la ripresa delle attività economiche ha portato tuttavia a un ridimensionamento del lavoro agile abituale e all'incremento di quello di natura meno frequente.  

Il ricorso al lavoro da casa ha comportato alcune difficoltà per più di un lavoratore su due (il 54,2%), secondo il rapporto annuale dell' Istat. In particolare, più di un lavoratore su quattro ha lamentato problemi di connessione a Internet nello smart working e difficoltà di concentrazione, il 23,2% carenze di dotazione tecnologica, il 21,3% scarsità di spazi adeguati in casa e il 23,4% problemi di sovrapposizione tra lavoro e attività personali/familiari.

Senza rinnovi, il valore degli stipendi tornerà al 2009  

«Nel 2021 la dinamica salariale si è mantenuta molto moderata, con aumenti delle retribuzioni contrattuali per dipendente dello 0,7% e dello 0,4 per quelle lorde di fatto per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno», spiega l'Istat. «Nonostante l'intensificarsi dell'attività negoziale, la dinamica retributiva contrattuale è rimasta molto contenuta anche nei primi mesi del 2022, ma è attesa accelerare sostanzialmente nella seconda parte dell'anno, alla luce dei rinnovi in corso e della previsione dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato al netto dei prodotti energetici importati, utilizzato come base per i rinnovi contrattuali, pari al 4,7% nel 2022».  

Secodo le stime dell'Istat l'inflaizone potrebbe arrivare a +6,4%. «Senza rinnovi o meccanismi di adeguamento ciò comporterebbe un'importante diminuzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali che, a fine 2022, tornerebbero sotto i valori del 2009». Già nel 2021 la risalita dei prezzi al consumo ha portato a una diminuzione delle retribuzioni reali superiore a un punto percentuale. 

Pubblica ammministrazione: dipendenti tra i più anziani d'Europa 

Il prolungato blocco delle assunzioni e le riforme pensionistiche hanno portato a una riduzione del pubblico impiego di 200 mila occupati negli ultimi venti anni e all'innalzamento dell'età media di poco meno di 6,5 anni fino a 49,9 anni nello stesso periodo, secondo i dati riportati dall' Istat nel Rapporto annuale. «Tra le economie europee per le quali sono disponibili dati comparativi, sia pure con le cautele di un simile confronto, i dipendenti pubblici in Italia sono i meno numerosi in rapporto alla popolazione (5,6 ogni 100 abitanti) e i più anziani», scrive l'istituto di statistica.

L'Istat sottolinea che la modernizzazione della pubblica amministrazione e la sua riforma è sostenuta da quasi 10 miliardi complessivamente stanziati dal Pnrr, su obiettivi come la digitalizzazione, l'incremento del capitale umano attraverso nuove assunzioni e la formazione, semplificazione dei processi amministrativi.  

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