L’Irpef, la principale imposta sulle persone fisiche, cambia. Profondamente. Non un semplice taglio delle aliquote, ma una vera e propria riforma alla quale si aggiunge anche un “primo modulo” dell’abolizione dell’Irap. Ma l’intesa raggiunta ieri dai partiti è stata immediatamente bocciata da Confindustria. Per gli industriali le ragioni delle imprese non sono state presa in nessuna considerazione, e la riforma, hanno fatto sapere, non ha visione del futuro. I tagli sarebbero «impercettibili». Da qui la richiesta di una convocazione da parte del governo. L’accordo politico raggiunto al tavolo tra i partiti di maggioranza e il governo convocato al ministero dell’Economia da Daniele Franco, per ora però regge.
LE LINEE
Le aliquote Irpef passano da cinque a quattro, poi tra un anno scenderanno a tre.
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I benefici, insomma, ci saranno per tutte le fasce di reddito. E questo anche perché saranno riviste le detrazioni sul lavoro dipendente e autonomo, e quelle sulle pensioni. Grazie alla rivisitazione delle detrazioni sarà riassorbito il bonus da 100 euro e saranno eliminati i “salti” nelle aliquote marginali. Quegli stessi salti che oggi rendono poco conveniente aumentare il proprio reddito per non cambiare scaglione. Cambia anche la no tax area, il reddito non sottoposto a prelievo. Ma solo per i pensionati e gli autonomi, per i quali salirà a 8.500 euro. Questa riforma dell’Irpef costa 7 miliardi. Ma, si diceva, è il primo passo. Ad aprile, con l’attuazione della delega fiscale, le aliquote saranno ridotte a tre: 23%, 33% e 43%.
Questo secondo pezzo di riforma costerà altri 4 miliardi. Da dove arriveranno? Il governo conta di recuperarli grazie alla lotta all’evasione fiscale aumentando l’adempimento spontaneo dei contribuenti. Ma anche dal buon andamento dei conti pubblici che, grazie alla crescita maggiore registrata quest’anno dal Pil, potrebbero dare margini per una spesa più elevata.
I PASSAGGI
La seconda misura, come detto, interessa l’Irap. Il primo step dell’abolizione dell’imposta sulle attività produttive, riguarderà le persone fisiche. Oltre 800 mila partite Iva non pagheranno più la tassa. Anche qui, ad aprile, ci sarà un secondo passaggio. L’imposta verrà cancellata anche alle società di persone, mentre per le società di capitali sarà inglobata nell’Ires, la tassa sugli utili. Per completare questo passaggio serviranno poco meno di 2 miliardi, che portano il totale delle risorse necessarie a completare la manovra a 6 miliardi. «L’accordo sulle tasse», dice Luigi Marattin, presidente della Commissione finanze della Camera, al tavolo della trattativa per Iv, «dimostra due cose. Una nel metodo e una nel merito. Nel metodo», prosegue, «abbiamo dimostrato che i partiti di maggioranza e il governo possono lavorare bene insieme senza prevaricazioni. Nel merito andiamo verso una riforma strutturale dell’Irpef e dell’Irap a sostegno in particolare del ceto medio e semplificando il sistema». Anche il vice ministro all’Economia, Laura Castelli, al tavolo per i Cinquestelle, parla di un «taglio strutturale».
Ma oltre a Confindustria anche i sindacati si mostrano scettici. Maurizio Landini, leader della Cgil, sferza il governo e dice: «Con noi l’accordo non è ancora trovato». Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, chiede di cambiare sistema e di agire sulle detrazioni.
L’emendamento del governo ancora non è scritto, ma già sono in molti a picconarlo.
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