Irpef più alta nel Lazio per i ceti medi. Pagherà di meno chi guadagna dai 35.000 ai 40.000 euro

Paga invece meno chi guadagna tra i 35mila e i 40mila euro all’anno

Irpef più alta nel Lazio per i ceti medi. Pagherà di meno chi guadagna dai 35.000 ai 40.000 euro
di Luca Cifoni
4 Minuti di Lettura
Lunedì 4 Aprile 2022, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 09:06

Addizionali Irpef più pesanti per i redditi medio-alti. Nel Lazio e in altre Regioni è questo l’esito dell’aggiustamento delle aliquote richiesto dalla riforma nazionale, entrata in vigore a gennaio. In alcuni casi il maggiore esborso è limitato, in altri è più visibile, ma accompagnato da una riduzione del prelievo per altre fasce di reddito. La revisione è stata imposta alle amministrazioni regionali dall’ultima legge di Bilancio, che ha ridotto da cinque a quattro le aliquote dell’imposta. Siccome le addizionali locali devono essere modellate sullo stesso schema definito a livello centrale, era stato fissato al 31 marzo il termine per l’adeguamento, con l’eccezione delle Regioni non toccate dalla novità in quanto applicano un’aliquota unica. Le novità si riferiscono all’anno di imposta 2022, ma scatteranno effettivamente dal prossimo perché il tributo regionale è applicato a saldo, con le trattenute su stipendi o pensioni o con le dichiarazioni dei redditi.

LA DETRAZIONE

Come si sono regolati presidenti e consigli regionali? Partiamo proprio dal Lazio.

Qui l’addizionale è storicamente elevata perché all’aliquota base fissata dalla legge (1,23 per cento) si aggiunge un ulteriore 0,5 destinato a compensare i disavanzi sanitari. L’aliquota più alta arrivava già al 3,33, il livello massimo consentito dalla normativa nazionale. Era però previsto che sui redditi fino a 35 mila euro l’anno fosse applicata solo la percentuale dell’1,73. Questa agevolazione è stata confermata anche per il 2022. Tutte le aliquote a eccezione della prima però sono state portate al “tetto” del 3,33. Questo comporta un aumento del prelievo che, per chi guadagna tra i 35 mila e i 40 mila euro l’anno, sarà più che compensato da una detrazione di 300 euro (simbolicamente legata all’aumento dei costi energetici). Di fatto tutto ciò si traduce in uno schema che vede inalterata l’addizionale fino a 35 mila euro di reddito mentre tra 35 mila e 40 mila ci sarà una riduzione leggermente decrescente, da 194 a 174 euro. Al di sopra di questa soglia scatta invece un incremento che parte dai 126 euro per arrivare un massimo di 206 per chi ha un reddito di 75 mila euro o superiore: quest’ultima fascia di contribuenti vede quindi annullati tre quarti del beneficio di 270 euro l’anno ottenuto dal riordino dell’Irpef nazionale.

Un’altra Regione in cui ci saranno cambiamenti significativi è la Campania, dove fino al 2021 era applicata l’aliquota unica del 2,03 per cento. Il Consiglio aveva già approvato alla fine dello scorso anno il passaggio alle cinque aliquote, poi riviste in corsa a quattro per rispettare la norma del governo intervenuta nel frattempo. Il nuovo schema comporta una riduzione dell’imposta fino a circa 28 mila euro di reddito l’anno (con un vantaggio massimo di circa 90 euro); mentre al di sopra di questo livello c’è un inasprimento crescente, dell’ordine delle centinaia di euro l’anno per i contribuenti relativamente più agiati. Sono state poi introdotte detrazioni legate ai figli a beneficio dei campani con redditi fino a 28 mila euro l’anno. Il modello è simile in Puglia, ma con variazioni molto meno significative sia in un senso che nell’altro: le riduzioni del prelievo sono davvero poco significative fino ad un livello di reddito di circa 60 mila euro l’anno, mentre per chi guadagna di più c’è un aumento graduale che vale una cinquantina di euro l’anno a quota 100 mila euro e poi cresce in modo molto graduale. In Piemonte e in Molise scatteranno al di sopra dei 50 mila euro l’anno modesti inasprimenti fino a una trentina di euro l’anno. 

Ci sono poi le amministrazioni che sono intervenute con il bisturi, dosando la revisione delle aliquote in modo da non ottenere differenze significative (se non di una manciata di euro): è il caso della Lombardia, dell’Emilia–Romagna, della Toscana, della Liguria, dell’Umbria e delle Marche (quest’ultima ha però introdotto un’agevolazione a favore dei disabili). Altre Regioni, tra cui Sicilia, Sardegna, Veneto e Abruzzo, hanno scelto di non cambiare il tributo che era già applicato in forma di aliquota unica, a livelli generalmente più bassi.

LA RIFORMA IN ARRIVO

I cambiamenti per il 2022 potrebbero essere solo l’anteprima di novità ben più significative. La legge delega di riforma del fisco in discussione in Parlamento prevede infatti il passaggio dall’attuale meccanismo delle addizionali a quello della sovraimposta. La differenza è che le prime sono calcolate sulla base imponibile dell’Irpef (ovvero i redditi), le seconde direttamente sul gettito del tributo erariale. Al di là delle sottigliezze tecniche, vuol dire che Regioni e Comuni avranno meno margini di manovra. Mentre le conseguenze pratiche per i contribuenti sono ancora tutte da verificare.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA