Inflazione torna l'idea della scala mobile: ecco cos'era, perché faceva crescere i prezzi e come venne abolita

Con l'aumento dell'inflazione si torna a parlare di questo meccanismo di indicizzazione dei salari che in Italia è stato definitivamente abolito nel 1992

Inflazione torna l'idea della scala mobile: ecco cos'era, perché faceva crescere i prezzi e come venne abolita
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Mercoledì 1 Giugno 2022, 17:38

Prezzi in crescita e stipendi sempre uguali. L'allarme inflazione, con la guerra alle porte dell'Europa preoccupa molte famiglie. Per questo c'è chi torna a parlare di "scala mobile", il meccanismo che determinava l'adeguamento automatico dei salari dei dipendenti ai prezzi dei beni di consumo, proteggendo il potere d'acquisto dei lavoratori. Una tutela persa ormai 30 anni fa, quando il sistema è stato definitivamente abolito nel 1992 dal governo Amato. Ma come funzionava? E perchè è stata abolita? 

Cosa è la scala mobile

La scala mobile è un sistema di rivalutazione automatica delle retribuzioni dei lavoratori al costo della vita, che ha lo scopo di proteggere il potere d'acquisto dei salari. Ogni tre mesi gli stipendi venivano aumentati al crescere del prezzo di alcune merci attraverso una rivalutazione che si bassava sull'indice di prezzi al consumo

In Italia questo meccanismo venne introdotto nel 1945 a seguito di un accordo tra la CGIL e Confindustria e inizialmente prevedeva un adeguamento dei salari uguale per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla categoria ma diversificato per età e genere.

Successivamente il meccanismo fu potenziato negli anni '70 con ulteriori accordi tra sindacati e associazione degli industriali. 

L'abolizione e il voto degli italiani nel 1985 

Il sistema rimase in vigore fino al 1984 quando subì una modifica da parte del primo governo guidato da Craxi. Con il "Decreto di San Valentino" il 14 febbraio 1984 (convertito poi nella legge 219 del 12 giugno 1984) il meccanismo della scala mobile fu tagliato di 3 punti percentuali. Contro questo "taglio" si mobilitò il mondo operaio con scioperi in piazza e un referendum indotto dal Partito Comunista di cui era Segretario Enrico Berlinguer.

Il referendum abrogativo contro il "decreto di San Valentino" si tenne il 9 e il 10 giugno 1985 (un anno dopo la morte del leader comunista) ma gli italiani votarono per il no all'abrogazione: con un'affluenza alle urne del 77,9% degli aventi diritto, il risultato fu di 45,7% SÌ all'abrogazione della norma e 54,3% NO all'abrogazione della norma, dunque la scala mobile rimase decurtata di tre punti percentuali. 

Il 31 luglio 1992 questo sistema verrà definitivamente abolito dal Governo Amato. Da allora è la scala mobile è stata abolita per tutti i lavoratori (dirigenti esclusi). Dagli anni 2000 l'indennità di contingenza è confluita in un'unica voce retributiva inclusa nel minimo contrattuale per ogni livello di inquadramento dei ccnl e viene aggiornata con cadenza annuale.

Scala mobile, perchè faceva salire i prezzi 

Tra le maggiori critiche degli economisti mosse a questo meccanismo - che poi ne motivarono l'abbandono - c'è  il fatto che il calcolo dell'aumento dei salari avveniva considerando unicamente l'indice dei prezzi al consumo e non tenendo conto dell'aumento del Pil, cioè del valore aggiunto, dell'utile, per le aziende (in altre parole, non considerando l'aumento della produttività del lavoro).

Se i salari crescono ma la produttività delle aziende rimane invariata (in sostanza, se l'utile e il Pil non aumentano), si genera infatti un aumento della moneta circolante nel sistema che non corrisponde alla ricchezza realmente prodotta. E quindi i prezzi continuano a salire, così come i salari, in modo incontrollato. 

Una misura di uguaglianza 

Tuttavia, secondo molti la scala mobile era anche un meccanismo di uguaglianza sociale che consentiva una redistribuzione della ricchezza dalle imprese ai lavoratori, e più in generale sosteneva le fasce più deboli della società. 

Di fronte a uno scenario incerto in cui i prezzi continuano a salire, si torna a parlare di questo tipo di misure. Lo dimostra il fatto che negli ultimi 20 anni la forbice sociale in Italia (cioè la distanza tra ricchi e poveri) sia in continuo aumento: un recente rapporto Oxfam sulle disuguaglianze testimonia che la quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco è cresciuta del 7,6% mentre la quota della metà più povera degli italiani è lentamente e costantemente scesa, riducendosi complessivamente negli ultimi 20 anni del 36,6 per cento.

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