Ilva, il governo studia la carta Invitalia per affiancare ArcelorMittal

Ilva, il governo studia la carta Invitalia per affiancare ArcelorMittal
di Giusy Franzese
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Lunedì 25 Novembre 2019, 08:16 - Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 09:42

Palazzo Chigi, con Mef e Mise, continuano senza sosta nella ricerca di soluzioni alla vertenza Ilva. I tecnici incaricati stanno continuando nelle simulazioni e nelle ipotesi soprattutto per quanto riguarda l'eventuale consistenza dell'intervento pubblico. In questo quadro prende sempre più corpo un ruolo di Invitalia, l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa controllata al 100% dal Mef. L'agenzia è già il soggetto attuatore dei Cis, i contratti istituzionali di sviluppo, ovvero lo strumento legislativo che serve a convogliare fondi europei e nazionali sui progetti strategici che interessano macroaree. Taranto ne ha uno dal 2015, con una dote di più di un miliardo di euro quasi intonsa (sono stati conclusi progetti per complessivamente meno di cento milioni di euro). Invitalia è pronta a scendere in campo con la sua task force di personale ultraqualificato (tecnici, architetti, ingegneri, ecc.) per dare una significativa accelerata alla progettazione e alla realizzazione delle opere. Cosa che darebbe una mano non irrilevante anche alla gestione di una parte degli esuberi risultanti dal nuovo piano industriale al quale sta lavorando ArcelorMittal.

MODELLO IRIBUS
Ma il ruolo di Invitalia potrebbe andare anche oltre, con l'entrata diretta nell'azionariato di Am Investco. A differenza di Cdp (cassa depositi e prestiti), Invitalia infatti non ha vincoli statutari che le impediscono di entrare nel capitale di società in difficoltà. Lo ha già fatto, ad esempio, per il salvataggio dell'Industria Italiana Autobus (Iia), la società che a suo tempo aveva acquisito l'ex Irisbus (Avellino) e l'ex BredaMenarinibus (Bologna). A gennaio scorso ha sottoscritto una parte consistente dell'aumento di capitale indispensabile per tirare fuori il gruppo dalle paludi economico-finanziarie in cui era caduto, diventando azionista con il 30%. Con la ricapitalizzazione, anche Leonardo (che già era nel capitale di Iia) ha aumentato la sua quota dall'11 al 20%. Uno schema che - fatte le dovute differenze di quote e impegno finanziario - potrebbe essere replicato con Am Investco, il gruppo di ArcelorMittal che ha sottoscritto gli accordi di affitto e poi acquisizione dell'ex Ilva.
Si tratta per ora di ipotesi esplorative. Nulla ancora è stato deciso. Anche perché tra l'altro in questo momento Invitalia è acefala: l'ad Domenico Arcuri è scaduto prima dell'estate, e da un paio di settimane l'agenzia è gestita dal collegio sindacale in attesa della nomina del nuovo ad. È dal 29 giugno scorso che il Mef sta cercando di sciogliere il nodo, l'urgenza per la vicenda Ilva potrebbe portare ad una decisione a breve.

Di certo il tempo che il premier ha strappato venerdì sera ai Mittal non è una variabile indipendente: il limite è dettato dalla tregua giudiziaria che i commissari straordinari di Ilva spa riusciranno a ottenere mercoledì 27 dal giudice del tribunale di Milano che deve decidere sul ricorso di urgenza contro il recesso. Il rinvio dell'udienza potrebbe essere fissato a 30/40 giorni. C'è un mese di tempo quindi per definire tutti i dettagli di una nuova intesa che convinca ArcelorMittal a desistere dal suo intento di abbandonare l'Italia.

Intanto a Taranto continua la protesta delle imprese dell'indotto. Nonostante le rassicurazioni fornite in più occasioni dall'azienda la settimana scorsa (le fatture scadute complessivamente ammontano a circa 60 milioni di euro per 150 aziende), solo pochissimi fornitori hanno iniziato a ricevere i bonifici. E la tensione è alle stelle. Oggi il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano, avranno un incontro con l'ad del gruppo, Lucia Morselli, per la verifica dei documenti alla base dei crediti, così da cercare di sbloccare il prima possibile i pagamenti.
 

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