Il prezzo del grano e dei cereali in genere continua a calare, ma non quello di pane, pasta e biscotti. Dopo l'impennata inizale e i timori legati all'invasione russia dell'Ucraina, il "granaio" d'Europa, sul mercato internazionale si è riassestato su prezzi più bassi sotto i 400 euro a tonnellata, riporta il Cai, l'associazione che riunisce i consorzi agrari italiani che fa riferimento alla Borsa Merci di Bologna.
Una notizia positiva che si aggiunge a quelle in arrivo dai campi: le semine sono a buon punto e si registrano anche maggiori superfici che sono state recuperate per queste colture, tendenza riscontrabile non solo nella Pianura Padana o nelle Puglie che era iniziata già negli scorsi e che è stata irrobustita dallo scoppio della guerra.
Sul mercato internazionale privato dei prodotti ucraini, che sono bloccati in realtà nei dopositi perché la Russia tiene in scacco strade e porti, sono arrivati in forze anche il grano e i cereali della Bulgaria e dell'Ungheria, il che ha contribuito ulteriormente a ridurre i prezzi all'ingrosso. Solo dalla Russia, nel 2021, l'Italia ha importato 255mila tonnellate di cereali per un valore di 80 milioni di dollari.
Perchè allora non calano anche i prezzi degli alimenti in cui i cereali sono al primo posto nell'elenco degli ingredienti? Cerali che sono determinanti anche per gli allevatori di bovini, suini e pollame.
L'analisi del Cai
Il grano tenero - si legge sul sito del Cai - cala di 10 euro rispetto alla scorsa settimana (-2,5%) attestandosi tra 390 e 399 euro a tonnellata con punte di 424 euro per i cereali più ricchi di proteine. Stesso calo anche per il mais (-2,5%), fondamentale per l’alimentazione animale, che tocca quota 375 euro a tonnellata.
A incidere sull'aumento del prezzo finale dei prodotti quali pasta, pane e biscotti contribuiscono tuttavia anche i rincari energetici che hanno colpito sia i produttori sia i trasportatori. Una circostanza che non sgombra del tutto, però, l'ipotesi della speculazione con un meccanismo già registrato in precedenti crisi internazionali non solo per i prodotti alimentari.
All'inizio, per colpa anche di fenomeni ingiustificati di accaparramento, si osserva una penuria di merce nei negozi. Poi, dopo un black out, i prodotti, con la domanda che sale, tornano. Si tratta di merce che era già stata prodotta prima della crisi e che quindi non dovrebbe avere subito aumenti di costi alla base. Il prezzo al dettaglio è però intanto aumentato (anche per la strategia della shrinkflation, ovvero meno quantità di prodotto nella stessa confezione) e non scende più, almeno per un lungo periodo.