Grano e carestia, il ricatto di Mosca: «Porti liberi con lo stop alle sanzioni»

Il governo teme nuove ondate migratorie. L’idea di “corridoi marittimi” nel Mar Nero

Grano, il ricatto di Mosca: «A rischio milioni di vite»
di Francesco Malfetano
4 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Maggio 2022, 00:44 - Ultimo aggiornamento: 08:58

Il grano ucraino, e quindi la vita di milioni di persone nel mondo, usato come arma di ricatto. È l’ultima frontiera della guerra ibrida condotta da Mosca nei confronti di Kiev e dell’intero Occidente. 
Non che non vi fosse il sospetto che Vladimir Putin bloccasse nei porti ucraini 90 milioni di tonnellate di grano - secondo l’ultimo rapporto della Verkhovna Rada, il Parlamento di Kiev - con il fine ottenere qualcosa dai suoi avversari, ma ieri il piano è stato palesato dal viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko. All’agenzia Interfax Rudenko ha infatti affermato che la prima causa della crisi alimentare sono «le sanzioni imposte alla Russia da Stati Uniti e Ue, che ostacolano la libertà di commercio, in particolare di prodotti alimentari, tra cui il grano. Quindi, se i nostri partner vogliono una soluzione, è necessario anche risolvere i problemi legati alla revoca delle restrizioni sanzionatorie imposte alle esportazioni russe». 

Guerra in Ucraina, le notizie di oggi. Biden: «L'allargamento Nato non è una minaccia». Bombe su Donetsk: uccisi 10 civili, due sono bimbi

La situazione

Via libera all’export in cambio del grano quindi. Un patto col diavolo a cui difficilmente si arriverà in questi termini, ma che può rappresentare lo step iniziale di una trattativa che si annuncia complicata. Intanto però l’emergenza, che per il momento riguarda “solo” l’incredibile aumento dei prezzi (circa il 70-80% in più nella filiera italiana), è quasi sul punto di esplodere. 
Lo ha chiarito il premier Mario Draghi intervenendo ieri prima al Senato e poi alla Camera: «La riduzione delle forniture dei cereali e l’aumento dei prezzi rischia di avere effetti disastrosi in particolare per alcuni Paesi in Africa e Medio Oriente e cresce il rischio di crisi umanitarie, sociali e politiche». 
Il tema è caldo e il premier, al pari del resto del G7 e dell’Onu, è alla ricerca di una soluzione. Draghi ne ha parlato anche con il presidente Usa Joe Biden chiedendo «sostegno per un’iniziativa condivisa tra tutte le parti che sblocchi immediatamente i milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti del sud dell’Ucraina». In altri termini Draghi, ha pressato perché Mosca e Kiev si parlino «per evitare una crisi umanitaria che farebbe morire milioni e milioni di persone nella parte più povera del mondo». 
Un negoziato che però, soprattutto alla luce delle dichiarazioni di Rudenko, appare decisamente in salita. «Occorre che le navi che portano questo grano siano lasciate passare e se i porti sono stati minati dall’esercito ucraino siano sminati a questo proposito» suggerisce il premier. 

Mariupol, evacuati gli Azov dall'acciaieria: tregua con Mosca. Soldati portati via con ambulanze e bus

Le soluzioni

Bocciata l’idea di Bruxelles di provare gli aerei cargo, restano in piedi due possibilità. La prima - spiegano fonti di governo - è «convincere Mosca ad accettare dei corridoi marittimi sicuri» nel Mar Nero. Dei passaggi che permettano di rifornire immediatamente i Paesi che ne hanno necessità evitando quindi «eventi collaterali come nuove ondate migratorie o nuove guerre in regioni già instabili». Gli occhi sono puntati soprattutto sull’Africa (compresa la porzione mediterranea, più vicina a noi) che, ormai da decenni dipendono proprio da Russia e Ucraina per i rifornimenti. I due Paesi infatti, insieme rappresentano il 45% della produzione totale. 
Chiaramente però, convincere il Cremlino ad autorizzare i corridoi nel Mar Nero non è affatto semplice. E quindi, spiegano invece dall’Onu, si lavora anche a possibili «canali via terra». Le soluzioni in questo caso sarebbero diverse: in treno (ma in molti punti i binari ucraini non sono compatibili con quelli europei) o anche in camion. I quantitativi in questo caso sarebbero però molto minori ma, aggiungono, «proviamo quantomeno ad affrontare la situazione». 
In ogni caso la questione, a dispetto di appena poche settimane fa, ha guadagnato nuova centralità.

A tal proposito il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, appena rientrato da New York dopo l’incontro con segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, spiega al Messaggero, che «oggi il tema della crisi alimentare è in cima all’agenda del governo che per questo, per l’8 giugno, sta organizzando a Roma, con la Fao, un evento per provare a delineare delle misure di intervento nell’area mediterranea». Si ragiona anche sul recapitare un invito a Mosca che, e lì è il nodo di tutto, bisognerà capire se è disposta o meno ad intavolare una trattativa. E, appunto, a quali condizioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA