Confindustria, Boccia: «Primo obiettivo la crescita con infrastrutture e lavoro»

Confindustria, Boccia: «Primo obiettivo la crescita con infrastrutture e lavoro»
di Umberto Mancini
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Sabato 31 Agosto 2019, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 08:23

Presidente Vincenzo Boccia, sta nascendo il nuovo governo. Di là dell'esito del tentativo del premier incaricato, quali sono secondo la Confindustria le priorità da affrontare?
«È anzitutto necessario che non vengano persi di vista alcuni aspetti fondamentali per le scelte ce verranno attuate, che non possono prescindere da una Germania in recessione e dall'economia globale che arretra. Circostanze che costringono il Paese a reagire con celerità puntando su crescita e lavoro come priorità della politica e del governo».
 
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C'è il rischio che - pur dopo l'errore sull'autonomia - un governo formato da M5S e Pd, minoritario nelle regioni del Nord, freni una parte importante del mondo produttivo?
«Da imprenditore del Sud, sono convinto che sarebbe un grave errore sottovalutare le ragioni del Nord. Noi abbiamo sempre considerato i provvedimenti del governo precedente come provvedimenti di un unico governo criticando le decisioni che non condividevamo, a partire dal decreto dignità. Il punto è far prevalere le ragioni dello sviluppo nell'interesse nazionale. Un governo, come qualunque organizzazione, si valuta dai risultati più che dagli obiettivi».

 Tutto il mondo imprenditoriale chiede chiarezza su Ilva, Alitalia, sgravi alle imprese, sviluppo, concessioni e altro ancora. Pensate di preparare un documento per indicare al nuovo governo cosa fare?
«Questo documento esiste già ed è quello che abbiamo fatto avere al governo precedente al termine delle cinque convocazioni pre-estive. Segnaliamo la convergenza emersa in quella fase sulla necessità di avviare massicci investimenti in infrastrutture tra l'altro indicative di una società aperta e inclusiva, che collega territori e include persone e di abbassare il cuneo fiscale a vantaggio del potere di acquisto dei lavoratori. A queste misure aggiungiamo un grande piano per l'inclusione dei giovani nel mondo del lavoro. Teniamo presente che per quanto riguarda le infrastrutture l'Italia potrebbe mettersi alla testa di un'interessante stagione riformista in Europa che punti su investimenti sovranazionali da finanziare anche attraverso Eurobond. Peraltro non va sottovalutata la questione temporale, che assume una sempre maggiore centralità».

E sul salario minimo?
«Anche sul salario minimo ci siamo già espressi: occorre una legge sulla rappresentanza per evitare il dumping contrattuale e collegare il salario minimo a elementi oggettivi e ai contratti collettivi di riferimento stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative».

 Capitolo manovra. Si parla già di smontare Quota 100 e di rimodulare il Reddito. Tutto ciò è nelle vostre attese?
«Esiste nel Paese un nodo risorse che si chiama debito pubblico. Occorre pertanto darsi delle priorità all'interno di un quadro organico di politica economica capace di individuare i grandi fini che si vogliono raggiungere nell'economia reale e costruire attraverso la crescita un Paese più equilibrato, in grado di superare i divari, capace di mantenere la sua posizione di seconda manifattura d'Europa. Aspettiamo le decisioni, poi valuteremo.

Quale identikit per il futuro ministro dell'Economia: un rassicura-mercati che stimoli a investire sul titolo Italia?
«Abbiamo indicato gli obiettivi che riteniamo urgente e utile perseguire, non sta a noi distribuire identikit o assegnare voti preventivi. In ogni caso, l'ideale sarebbe una figura promoter con profonda conoscenza delle dinamiche economiche ma anche dotata di senso politico».

 Spread in calo e Borsa in recupero, i mercati sembrano gradire un esecutivo non sovranista e filo europeo.
«Piace l'idea che si possa formare un esecutivo che abbia chiari gli obiettivi da raggiungere, che eviti conflitti al suo interno, che cominci ad affrontare i problemi del Paese con una visione di medio termine e senza dogmi. Alcuni temi come quelli della giustizia andrebbero affrontati dalla testa e non dalla coda: accorciando i tempi del processo e non allungando la prescrizione. Occorre affermare con forza la pregiudiziale europea evitando di usare l'Unione come alibi per non affrontare le questioni interne e rifiutando l'idea di chiedere flessibilità per spesa ordinaria. Occorre tenere presente che la questione economica è la chiave per risolvere la questione sociale».

Nelle ultime ore le posizioni di M5S e Pd sono sembrate irrigidirsi. Non teme che l'esecutivo nasca fragile viste le tante diversità di vedute tra i due?
«Mi rendo conto che non è facile coniugare crescita economica e interesse generale partendo dal presupposto che l'industria può e deve essere un partner determinante. Però questo deve essere lo scopo di una politica che funziona. Un tema fondamentale è far ripartire l'ascensore sociale attivando corsi di formazione dentro e fuori le fabbriche, potenziando gli Its e rilanciando gli strumenti di Industria 4.0».

Quali consigli darebbe al premier incaricato Conte?
«Ribadirei il messaggio partito dalla nostra ultima assemblea: tentare di superare tattiche e presentismo, non cavalcare le ansie, ma esprimere una visione di futuro del Paese recuperando il primato della politica attraverso una prospettiva di medio-lungo termine portatrice di sogno e speranza. È finita l'epoca dell'autosufficienza, da soli possiamo fare tanto ma da soli non ce la faremo. In questi giorni di confronto con il Medef, il movimento delle imprese francesi, è emersa con chiarezza un'altra partita: che non c'è più un collegamento lineare e diretto tra democrazia e crescita economica. Ci sono Paesi non democratici che crescono e Paesi democratici che non crescono. La crescita diventa così l'obiettivo primario verso il quale tendere per costruire società più ricche e più giuste».
 

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