I ricercatori dell'Enea hanno sviluppato comunità di microbi benefici mettendo insieme microrganismi promotori della crescita delle piante (i cosiddetti Plant Growth Promoting Microorganisms - PGPM), selezionati a seguito di una sistematica rassegna di letteratura e della loro capacità di coesistere in vitro. Queste attività, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Microorganisms – MDPI2, si sono svolte nell'ambito del progetto SIMBA, finanziato dal programma Horizon 2020. La combinazione di consorzi microbici con composti naturali bioattivi e l'uso di idonei ammendanti – fa sapere l'Enea – consentiranno di incrementare la fertilità del suolo e migliorare resa e qualità delle colture.
"Questi consorzi microbici multifunzionali rappresentano un'alternativa sostenibile all'uso di pesticidi e fertilizzanti convenzionali, in quanto sono in grado di svolgere diverse funzioni, tra cui la fissazione dell'azoto e la solubilizzazione del fosforo nei terreni, favorendo lo sviluppo delle piante e rafforzando la resilienza del suolo agli stress – sottolinea Annamaria Bevivino responsabile del Laboratorio Enea di Sostenibilità, qualità e sicurezza dei sistemi agroalimentari –. Le sperimentazioni in serra e in pieno campo effettuate anche in carenza di acqua e con diversi livelli di concimazione, hanno dato risultati promettenti sulle colture di pomodoro, mais e grano, con produzioni equiparabili a quelle ottenute con i fertilizzanti di uso comune".
Le comunità di microbi – prosegue la nota – possono, inoltre, dare un aiuto concreto per le coltivazioni nelle aree semi-aride e aride del Mediterraneo (Italia, Giordania, Cipro, Grecia e Algeria) come ha dimostrato il progetto EranetMed Supreme, coordinato dall'Università di Cagliari, presso il sito di Al-Ghweir, in Giordania. In questo caso i ricercatori Enea hanno utilizzato ceppi provenienti dalla rizosfera di piante locali spontanee e la sperimentazione – effettuata sull'orzo, principale coltura del luogo – ha dimostrato che sotto stress idrico i batteri sono in grado di sostenerne vitalità e crescita, agendo come biofertilizzanti.
"Questo approccio, che stiamo utilizzando anche nell'ambito della sperimentazione in campo aperto tuttora in corso, incentrato sulla biodiversità del suolo locale, – afferma Chiara Alisi del Laboratorio Enea di Osservazioni e misure per l'ambiente e il clima – può essere sfruttato per una duplice finalità. Da un lato, per migliorare le produzioni agricole tradizionali, danneggiate dalle scarse funzioni biogeochimiche dei suoli e dall'impiego intensivo di fertilizzanti e risorse idriche, dall'altro per promuovere colture innovative ad alta qualità nutrizionale".
Infine, per "Riparare la Terra", – sottolinea l'Enea – piante e batteri possono essere ottimi alleati per decontaminare i suoli inquinati da attività estrattive. È l'obiettivo di alcuni progetti, tra cui "Umbrella" e "SMERI", condotti nel sito minerario di Ingurtosu (Sardegna), dove i ricercatori dell'Enea hanno testato l'efficacia di interventi di risanamento dei suoli tramite l'associazione di piante e microrganismi, il cosiddetto fito-risanamento assistito. Per evitare la dispersione dei metalli nelle aree circostanti la miniera e ripristinare la normale funzionalità dei suoli, i ricercatori Enea hanno trattato infatti alcuni terreni, utilizzati come depositi di scarti di miniera, associando alla pianta endemica "Euphorbia pithyusa L.", un consorzio batterico di ceppi autoctoni, selezionati tra i più resistenti ai metalli pesanti e promotori della crescita vegetale.
"Questo tipo di sperimentazione tuttora in corso ha dimostrato la sua efficacia sia in termini di miglioramento della biodiversità microbica e delle funzioni del suolo che dell'incremento della vegetazione spontanea – sottolinea Giada Migliore del Laboratorio Enea di Osservazioni e misure per l'ambiente e il clima –. Per questo auspichiamo un sempre maggiore ricorso allo sfruttamento dei processi indotti o prodotti dalle associazioni tra piante e microrganismi per la bonifica di terreni contaminati dalle attività industriali, che provocano drastici cambiamenti nel suolo, alterandone la composizione e la capacità di autoregolazione ed influendo negativamente sulla funzionalità dell'ecosistema e nei territori circostanti". Le attività condotte dall'Enea nei siti di Al-Ghweir e di Ingurtosu sono state presentate nell'ambito del Global Symposium on Soil Biodiversity della FAO che si conclude oggi a Roma.
Enea con laboratori, infrastrutture, competenze e professionalità pluriennali, – conclude la nota – partecipa inoltre al centro di ricerca nazionale sul suolo (Soil-HUB dell'Italian Soil Partnership) e supporta la partecipazione del nostro Paese alla Global Soil Partnership ed alla rete di eccellenza europea sulla ricerca sul suolo (European Joint Programme, EJP-SOIL), con l'obiettivo di preservare le funzioni ecosistemiche del suolo e mitigare l'impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi agricoli.
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