Il pagamento in rubli delle forniture di gas (per ora) può aspettare, ha fatto sapere ieri il Cremlino. Ma intanto, per prepararsi a una possibile imminente chiusura dei rubinetti da parte di Mosca, Germania e Austria hanno messo mano ai piani per il razionamento del metano. «Il processo richiede più tempo del previsto da un punto di vista tecnologico», ha spiegato ieri il portavoce della presidenza russa Dmitry Peskov, comunicando che l’obbligo di saldare le transazioni di gas nella valuta nazionale per «gli Stati ostili» deciso dalla Russia, Italia compresa, sarà ritardato rispetto al termine in scadenza oggi che Vladimir Putin aveva dato a governo e Banca centrale. Servirà ancora del lavoro, insomma, per rendere operativo il cambio in corsa voluto da Mosca ma bollato come violazione dei contratti e rifiutato a più riprese da Europa e G7.
Putin, però, vuole andare avanti per la sua strada e ieri è tornato a ribadire l’aut aut nelle telefonate avute con Mario Draghi e Olaf Scholz.
Ma prima di qualsiasi decisione si attendono le mosse di Gazprom, il gigante energetico russo principale fornitore del metano utilizzato in Italia. Si aspetta, insomma, di capire se la società russa invierà alle controparti italiane delle richieste di modifica dei contratti per introdurre una clausola di pagamento in rubli delle forniture. Per le imprese occidentali, Eni compresa, si tratterebbe di una violazione degli accordi contrattuali. A finire in stand-by, intanto, è pure la proposta, avanzata dallo speaker della Duma Vyacheslav Volodin, di far pagare in rubli altre materie prime strategiche in arrivo dalla Russia come petrolio, grano e fertilizzanti: «Il problema è quando c’è il denaro ma mancano i prodotti», la velata minaccia agli europei.
LA SCHIARITA
La schiarita temporanea che allontana i rischi di un immediato stop alle esportazioni di gas russo, tuttavia, non rasserena l’Europa: il governo tedesco ha attivato l’allerta preventivo del piano di emergenza in caso di gravi carenze nell’approvvigionamento energetico. Una scelta seguita a ruota, poche ore dopo, da Vienna e che ha anche fatto registrare un’impennata del prezzo del gas sui mercati fino a sfondare 120 euro al Megawattora. Per Berlino, che dipende per un terzo del suo fabbisogno dai flussi russi, si tratta della prima di tre fasi dello scenario emergenziale: un’unità di crisi monitorerà importazioni e livello degli stock, oggi pieni appena al 26,5% e, in caso di ulteriore riduzione nei volumi, l’esecutivo potrebbe anche decidere di attuare il razionamento e di “spegnere” alcuni comparti industriali, dando priorità al riscaldamento domestico.
LE REAZIONI
L’Olanda non si è ancora spinta a tanto, ma ha invitato famiglie e imprese a usare meno gas. E pure Bruxelles ha detto di essere pronta allo scenario razionamento: «Siamo preparati. Lavoreremo a stretto contatto con i Paesi membri perché tutti siano pronti a fronteggiare qualsiasi situazione», ha assicurato ieri il vicepresidente esecutivo della Commissione Frans Timmermans. E mentre continua il braccio di ferro sul gas, ieri i tecnici dell’Antitrust Ue hanno perquisito gli uffici tedeschi di Gazprom. Aumenta la pressione contro la Russia, insomma, e - di fronte al rinnovato ricatto di Mosca - a Bruxelles si torna a parlare di un nuovo pacchetto di sanzioni che stavolta, mettendo da parte le vecchie cautele, potrebbe colpire l’energia.
A rendersi protagonista di una fuga in avanti è stata ieri la Polonia, che ha deciso di mettere in atto un «radicale piano» di indipendenza energetica da Mosca e ha detto che «farà di tutto» per interrompere l’importazione di carbone entro maggio e quella di petrolio entro la fine dell’anno. A dare una mano al Cremlino nel suo tentativo di aggirare le misure imposte dall’Occidente potrebbe essere l’India, dove oggi arriva il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov per una serie di incontri. New Delhi è, insieme a Pechino, fra i principali indiziati di appoggio alla Russia: dipende da Mosca per le forniture di armi e di petrolio a basso prezzo e, pur appellandosi alla diplomazia, non ha finora adottato restrizioni o sostenuto le mozioni di condanna all’Onu. Le autorità indiane starebbero adesso valutando l’utilizzo, per i commerci bilaterali denominati in rubli e rupie, dell’Spfs, il sistema di messaggistica per i pagamenti internazionali sviluppato dalla Banca centrale russa e alternativo allo Swift.
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